Euroleague Players 2002/03: Manu Ginobili vola in NBA e gli equilibri europei cambiano

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LA NAZIONALE E L’EUROLEGA

1 medaglia d’oro alle olimpiadi di Atene, 1 medaglia di bronzo alle olimpiadi di Pechino, 1 argento ai mondiali e infine 2 ori, 1 argento e 1 bronzo alle Fiba Americas Champions. Il fatturato in maglia “albiceleste” è grandioso come tutta la carriera agonistica di Manu.

E’ protagonista assoluto della celeberrima “generacion dorada” formata con Pepe Sanchez, Fabricio Oberto, Luis Scola, Andres Nocioni, Hugo Sconochini, Alejandro Montecchia, Carlos Delfino e Pablo Prigioni tra i più noti, che dal 2001 al 2016 ha reso immortale la selezione di basket sotto la guida di Ruben Magnano, Sergio Hernandez e Julio Lamas, prima del ritorno dello stesso Hernandez, ancora oggi al timone.

L’inizio di quell’epoca indimenticabile si può stabilire nel mondiale Under 22 del ’97: Manu era già lì, in quella maledetta sconfitta con l’Australia in semifinale (tripla all’ultimo secondo).

Dopo il sudamericano ed il FIBA de Americas del 2001, la consacrazione arriva con l’argento ai Mondiali di Indianapolis del 2002. Il 4 settembre di quell’anno la “selecion” supera 87-80 gli USA, prima squadra a batter gli americani totalmente NBA. Manu è grandissimo protagonista, ma un infortunio gli nega la finale contro la Yugoslavia. Anche per quello fu solo argento. Non basterà l’ammissione del grave errore dell’arbitro Nikos Pitsilkas diversi anni dopo.

Atene 2004 è l’apoteosi. In preparazione arriva un altro “sudamericano”, poi nel paese olimpico per eccellenza, un altro trionfo sugli USA di Iverson, Lebron, D-Wade, Carmelo e Tim Duncan, prima di superare l’Italia in finale. Manu? “Torneino” da 19,3 di media col 57% dal campo ed oltre il 40% dall’arco. 4,0 rimbalzi, 3,3 assist ed 1,4 recuperi completano un tabellino clamoroso. E come sempre, grazie a lui, vince la squadra, non ci si ferma ai riconoscimenti individuali.

Ha raccontato di lui Flavio Tranquillo: «Onestamente è uno dei pochi che ha un piacere profondo di giocare a pallacanestro e di fare la vita del giocatore di pallacanestro».

«Il che non significa che fosse ossessionato dal basket: in molti hanno correttamente ricordato come abbia una curiosità su qualsiasi altro argomento davvero ragguardevole. Però per lui giocare e vivere la pallacanestro in un certo modo era fondamentale. E aver trovato, un po’ per caso, quel tipo di contesto a San Antonio, gli ha fatto pensare: ‘Io resto qui volentieri’».

«Mike D’Antoni una volta mi ha detto: lui non è uno dei dieci, venti o forse neanche trenta più forti in NBA, ma è uno dei dieci più decisivi in NBA, che è tutta un’altra cosa. Perché se ne facciamo una questione di quanti tiri, quanti punti e quanti assist ha fatto, non siamo a determinati livelli. Per fortuna però la pallacanestro, come tutte le cose, va un po’ oltre la superficie».

A Pechino 2008 sarà bronzo, poi ci sarà anche il #1 nel ranking internazionale. Quarto posto a Londra, mentre a Rio si cadrà nei quarti sotto i colpi degli USA. Tutto finito? Parrebbe così, ma il mondiale 2019 dirà di una nazionale che non vuole smettere di restare in alto. Finale persa 95-75 con la Spagna, dopo le grandi imprese nei quarti ed in semifinale rispettivamente contro Serbia e Francia.

Manu ha preso le “sneakers” al chiodo ed assiste da bordo campo con l’amico Kobe, avversario di sempre col quale c’è un rapporto di rispetto reciproco totale.

In Eurolega resta memorabile la prova in gara 4 di finale 2001: 27 con 6/7 da due e 4/8 da tre. I compagni “albiceleste” Scola ed Oberto, in maglia Tau, devono inchinarsi 60-80 alla Fernando Buesa. Pochi giorni dopo arriverà il trionfo in gara 5.

Ovviamente quei 27 sono il massimo stagionale, perchè Manu da sempre leva il suo livello di gioco col progredire dell’importanza della posta in palio.

A parte i 31 contro il London Towers in stagione regolare, anche l’anno seguente il massimo arriverà nell’occasione più importante, ovvero la finale col Pana, quando tutto pareva apparecchiato per il “repeat” bianconero ma semplicemente Obradovic, Bodiroga e Kutluay non furono d’accordo.

La Virtus della stagione seguente, senza di lui, non fu più la stessa.

Tre anni fa l’occasione di chiedere qualcosa su Manu ad Ettore Messina, in una nostra intervista esclusiva, non ce la lasciammo scappare. La risposta? «Non si prendono troppo sul serio».

Semplicemente Manu, 4 lettere che hanno riscritto la storia del gioco. Lui non si piglierà troppo sul serio, ma questo è serissimo.

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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