Milano, ecco i tuoi titoli di coda

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L’Olimpia Milano perde a Belgrado in quella che diventa un’amichevole con il Maccabi

Il destino di Milano, se non era già scritto da settimane, lo scrive l’Efes a partita in corso. L’Olimpia ingoia così, oltre alla successiva sconfitta contro il Maccabi, il boccone amaro di una delusione profonda, che consegue agli innumerevoli difetti della seconda stagione di Euroleague di fila senza playoff, né play-in.

Il Maccabi è stato il Caronte per i meneghini con il punteggio di 92-86.

Milano perde e chiude la sua EL - Eurodevotion

Grandi spazi

La squadra di casa subito riesce a servire Nebo e prendersi una determinata profondità offensiva, che si trasforma nel grande bottino offensivo della prima arrembante parte dl primo quarto. L’atmosfera non sembra essere delle più sfidanti, anche l’Olimpia, inseguendo, trova grandi spazi offensivi, ed è guidata da Shields e Napier nella rincorsa.

Il Maccabi è presto padrone della situazione e, dopo essere salito al vantaggio in doppia cifra, vede un’Olimpia che non sembra avere il giusto mordente per prendersi lo spartito della gara. Le notizie da Istanbul, già qui, sono molto chiare.

Il finale del primo quarto, però, vede un deciso abbassamento delle realizzazioni, un Maccabi più sporco con il secondo quintetto e un’inversione di tendenza. Gli ospiti non mancano di convinzione offensiva e riescono a tornare sotto nel punteggio.

La squadra di Kattash prova ad alternare le difese, cercando misure che inceppino le iniziative biancorosse, ma Milano trova spazi facilmente, giocando con la serenità di chi ha già perso quello che poteva perdere e non incontrando un’adeguata durezza negli uomini del Maccabi.

Gli israeliani mantengono il vantaggio, ricercando i punti deboli milanesi e colpendoli con le proprie bocche da fuoco perimetrali. L’Olimpia risponde con Maodo Lo in spolvero e il talento dei suoi uomini principali: si fa sempre più sotto nel punteggio, finché non impatta prima con Shields, poi con Mirotić.

Addirittura Milano supera. Ma il colpo di coda del Maccabi riporta la parità, che rende il secondo tempo un supplementare di 20′.

Inesorabilmente

L’Olimpia del primo tempo aveva recuperato agendo sorniona, senza fretta, né urgenza. E questo in qualche modo, anche nel suo riflesso positivo, mostra il significato della gara nel complesso: l’Olimpia non ha un vero destino da prendersi. E così ha il vantaggio dell’imperturbabilità e, raramente, perde il controllo.

Il terzo quarto è un batti e ribatti aperto tra le due squadre. Gli israeliani provano a schierare una 2-3 potenzialmente insidiosa (meno nella pratica), ma Milano non si fa insidiare e tiene testa. Questo finché il Maccabi costruisce un nuovo vantaggio, un break che fa la differenza come il primo. E rende il risultato della gara un destino inesorabile.

Un paio di canestri di Cohen, qualche giocata di Rivero aprono l’irricucibile strappo. Il Maccabi conquista la gara affondando contro i quintetti ormai sperimentali di Messina.

L’EA7 rallenta il suo attacco, gli israeliani volteggiano e capitalizzano l’insipienza meneghina. Sul finale, le scarpette rosse avrebbero anche i tiri aperti per riaprirla, ma li prende con scarsa urgenza e un nullo killer instinct. Gli ultimi secondi accompagnano, inesorabilmente, i biancorossi alla porta di questa Euroleague.

Ecco i titoli di coda

Strana partita, dall’atmosfera un po’ surreale sia per l’inesistenza di una posta in palio da un certo punto in poi, sia per l’assenza di pubblico. Una partita che ha visto, nonostante l’alto punteggio e la ridotta differenza di punti, due attacchi che hanno prodotto uno 23 assist a fronte di 17 perse e l’altro 14 assist a fronte di 17 perse: lascio immaginare chi legge a chi questi dati siano attribuibili rispettivamente.

Questo imbelle e ingrato sipario mette fine alla competizione europea delle scarpette rosse in un modo facilmente prevedibile mesi e mesi fa. Nessuna delle tante inspide reazioni stagionali era mai stata credibile. L’unica volta che chi scrive aveva veramente concesso il beneficio del dubbio era dopo il Partizan, ma anche in quel caso l’illusione è durata poco.

Il fatto che le possibilità di rimanere agganciati al treno play-in si siano protratte così a lungo approfondisce la colpa e il peccato di aver buttato tempo e, soprattutto, risorse succulente che in pochi possono vantare in Europa.

Chi scrive odia il manichesimo da caccia al fallimento che decine di volte si scatena in ambito sportivo e non solo. Certe categorie annullano la complessità e le sfumature e mi guardo bene dall’utilizzare.

Ma nello specifico caso dell’Olimpia di quest’anno – e non solo di quest’anno – sono proprio quelle complessità e quelle sfumature a dipingere un quadro che deve imporre riflessione e reazione nei dintorni della secondaria del Forum. Un quadro che è stato tratteggiato con responsabilità diffuse ma non omogenee. Un quadro che una società come quella di Milano, densa dal vertice alle fondamenta della sua composizione di figure che hanno fatto dell’eccellenza una religione, non può accettare con leggerezza.

Photo credit: Olimpia Milano Facebook

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