Il Simposio di Atene, l’Olympiacos trova ancora l’Amore

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Il derby eterno è una partita dura e premia l’Olympiacos

La terra al sapore di storia, il palazzetto dall’odore di sangue. Atene e il Pireo sono la casa di dodici opliti e di migliaia di cuori. Dentro quelle mura, la storia recita Olympiacos per la diciottesima volta su venticinque in EL. I biancorossi vincono per 71-65.

Eurodevotion è stata ad Atene per raccontare questa grande sfida, mai così importante negli ultimi anni.

Come nel Simposio di Platone i personaggi dell’opera cercano insieme la definizione di Amore, anche noi la cercavamo. E l’abbiamo trovata ad Atene, quella di amore per il gioco.

La tigna biancoverde e l’attesa della scintilla

La prima parte di gara è aspra, le difese sono ruvide prevalgono sugli attacchi, il campo sembra strettissimo. Il punteggio arriva nei primi 6′ solo a un magro 9-7.

Lo spartito non cambia fino al parziale di 8-0 del Pana, che cavalca le sue bocche da fuoco. Nunn, Grant e Mitoglou condiscono l’attacco biancoverde di Tzatziki e mettono le ali ai biancoverdi, che così concludono il primo quarto in netto vantaggio.

L’Oly cerca di riprendersi, con grandissime difficoltà offensive. Poco ritmo, poco movimento, i tiri dall’arco scelti dalla difesa avversaria, che scheggiano ripetutamente il ferro.

Ma c’è una sensazione che si insinua tra di noi: serve solo qualcosa per sparigliare le carte. L’arena è benzina che attende un fiammifero, ogni tiro impropriamente sganciato dai biancorossi è un sospiro trattenuto dalla folla. E la scintilla arriva.

Si chiama Moses Wright. Quando l’americano si involta in contropiede e schiaccia il boato dell’Oly viene dal centro della terra. La struttura circolare del Peace and Friendship Stadium è avvolgente, una tenaglia per i nemici, un abbraccio per gli amici.

La gente comincia a cantare “Olympiacos, Olympiacos” in un botta e riposta infernale. Tra le due ali dello stadio, il canto risuona e la tifoseria si risponde. Dopo l’ultimo e più poderoso coro, l’attimo di silenzio misura la paura degli avversari.

Il match è brutto, sporco e cattivo, ma Wright è il tassello mancante del momento casalingo. L’apporto del centro dalla panchina dà profondità è varietà di spartito all’attacco Oly, che ci si aggrappa con tutto sè stesso e prova a chiamare a sé la gara.

Wright è in fondo Agatone, il giovane rampollo amato da Socrate, l’organizzatore del Simposio. Con quel suo andare per il campo dinoccolato, quasi efebico, si prende la scena e ribalta la gara.

Il Pana sembra incepparsi contro una difesa che è sempre più agguerrita. E contro una squadra che si affaccia alla metà campo con il palleggio tambureggiante a ritmo della martellante percussione dei tifosi.

Dopo un errore di Sloukas in penetrazione la schiacciata di Fall deturpa il ferro del Pana e aizza ancora la folla biancorossa. Il secondo quarto si conclude per 26-16 a favore dell’Oly e consegna la gara alla parità.

La bellezza di Nunn, il cinismo dell’Oly

Il Pana comincia il quarto silenziato, la catena di trasmissione piccoli-lunghi è sempre più ingolfata. La gara torna a essere bloccata in generale, ma il dinamismo senza palla di Alec Peters consente la costruzione di un vantaggio domestico. Una sua tripla propizia il +7.

L’Olympiacos è ormai posseduto, il pallone biancorosso danza da un lato all’altro del campo come ai tempi migliori. Papanikolaou impregna la retina con il +10 e la curva inonda lo spazio antistante con ogni oggetto possibile.

I biancorossi strabordano e il Pana sembra non sapere più come reagire, incassa e basta. I ragazzi di Ataman, balbettanti, segnano un totale di 21 punti nei quarti centrali.

La persa di Sloukas, che si palleggia sui piedi a fine secondo quarto e viene inondato di ingiurie dai suoi vecchi tifosi, è simbolo di una fase della gara. Come si racconta nel Simposio, Amore è figlio di Penia, povertà, quindi mancanza. E i greens dalla mancanza totale di orizzonti tentano di tornare in partita.

La tripla eterea di Kendrick Nunn, che viaggia con le ali di Cupido, e punge con un 3+1 riesce a mettere a tacere per la prima volta dopo minuti e minuti l’inquieto trambusto ateniese. Le nostre orecchie si godono quei pochissimi, inafferrabili, secondi.

Il Pana va alla deriva nel pitturato, ma raccoglie ancora con il talento dei propri esterni. Nunn è esorbitante nel suo talento disumano, è Alcibiade che irrompe al banchetto del Simposio e lo travolge.

Il Pana si rianima, ma non rivive. La derapata dell’erculeo McKissic, che devasta il ferro in contropiede, ribalta ancora il palazzetto di casa: è un leit motiv ineluttabile, l’Oly fugge sempre in contropiede quando il Pana si fa pressante. La squadra di Bartzokas cerca di scrollarsi di dosso le insicurezze del finale di gara dell’Olympiacos.

L’amore cos’è

Sloukas resuscita dagli inferi, cerca di spiegarla con tutta la crudeltà dell’Amore infedele. Prima segna con il fallo, poi serve magistralmente una tripla aperta a Mitoglou, che trema e sgancia un tonante air ball. Nunn continua a dipingere pallacanestro.

Ma dall’altra parte Moses Wright è un riferimento ormai consolidato. Un giocatore fondamentale, capace di riprendere la partita nelle sue mani ancora una volta.

La differenza sta tutta lì, nella opposta efficacia delle due squadre nel costruire un attacco equilibrato. Specialmente due squadre che di norma sono squadre tutt’altro che dipendenti dal tiro da fuori.

Il Pana soffre tirando un esiguo 37% da due, ma soprattutto trova un contributo dai lunghi limitato ai soli Lessort e Mitoglou. I due combinano insieme per 22 punti, ma con 6/12 al tiro da due punti. Abbiamo parlato di questo tema a fine partita con coach Ataman.

L’Olympiacos invece ha prodotto il 55% da due, traendo dai suoi lunghi 39 punti combinati. In questi punti c’è l’impeccabile 9/9 di Moses Wright, il 2/2 di Moustapha Fall, il 3/4 di Alec Peters e lo scalchignato 1/5 di Petrusev.

La differenza è ancora più evidente nel finale, che è un epilogo ormai annunciato. All’ingresso dell’ultimo minuto, Nunn prova senza successo l’ultimo dei suoi galleggiamenti. E la festa è pronta a scoppiare.

E quindi ecco la risposta. Ecco che cos’è l’amore.

L’amore per il gioco è il nostro compagno di tavolo che, dopo aver urlato, imprecato ed esultato per tutta la gara, si gira verso di noi e ci fa un ghigno complice. “First time?”. Annuiamo, mancano pochi secondi allo scadere della sirena. Esplode la baraonda dei tifosi, uno spettacolo che chi scrive ha goduto per la prima volta.

L’Amore si dipinge negli occhi del nostro compagno di postazione, e nei nostri di conseguenza. La profondità di un popolo, quello dell’Olympiacos, che a due passi dal palazzetto popola un altro stadio enorme, in cui praticano in biancorosso pure il Taekwondo e la Boxe.

Olympiacos wins the derby - Eurodevotion

L’amore è nelle mosse del virgulto Wright che per la prima volta domina il Partenone degli eventi cestistici, l’amore è nella sofferenza di fronte alla mancanza di Nunn e dei protagonisti del Panathinaikos. È nelle braccia alzate degli ultras e dei bambini, dei proprietari e degli affezionati, dei veterani e dei più giovani. Degli scalmanati e dei più quieti. L’Amore è la gioia pura, è il brivido di chi vi assiste.

Così, nonostante la qualità della pallacanestro non sia stata massima, come ammesso da entrambi gli allenatori, l’Amore non è solo la bellezza.

Photo credit: Olympiacos BC

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