Olimpia, non è tanto la sconfitta quanto la struttura

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Olimpia Milano sconfitta dalla Virtus in semifinale di Supercoppa. E’ settembre, tutto può accadere, ma resta il tema di un “backcourt” che lascia perplessi.

La sconfitta dell’Olimpia Milano in semifinale di Supercoppa 2023 ha immediatamente riaperto la questione riguardante il reparto guardie milanese, che già diversi dubbi aveva lasciato durante la costruzione estiva.

La Supercoppa è quella competizione che, sostanzialmente chiudendo la “preseason”, viene regolarmente considerata poco importante quando una squadra favorita la vince, mentre diventa fondamentale quando la stessa la perde. Regolarmente è accaduto così per Milano.

Innanzitutto va detto che Bologna ha meritato ampiamente, che non è la squadretta descritta da molti dopo le vicissitudini estive culminate nell’esonero di Scariolo, pur tuttavia non appartenendo all’elite europea al momento. Milano era favorita e lo sarà per tutta la stagione in Italia, ci mancherebbe anche pensare il contrario vista la struttura e gli sforzi finanziari messi in atto ormai da anni, quindi è quasi automatico che ogni sua caduta faccia rumore.

In Supercoppa si può perdere e lo si può fare contro chiunque, basti pensare ad un Partizan recentemente sconfitto dal Derby SC, ancor più se la rivale è di valore come la Virtus. Su questo non ci sono dubbi, tuttavia è la forma della sconfitta che deve portare a qualche riflessione quasi doverosa. Senza il minimo, ridicolo bisogno di mettere in atto processi che al 25 settembre non hanno senso.

E’ inutile girarci attorno: il “backcourt” di Milano non convince oggi come non lo fa da fine mercato a livello di struttura e la scelta di Kevin Pangos come condottiero è un piano B, o forse C, non certo l’idea primaria di una dirigenza che voleva ben altro nel ruolo. Darius Thompson, Kostas Sloukas e lo stesso Shabazz Napier non sono certo nomi segreti che le strade del mercato hanno portato altrove. Ecco, che non si parli di impossibilità finanziaria a raggiungere certi obiettivi: se puoi permetterti Mirotic oltre a tutto quello che hai già a roster, risulta difficile credere che non ci fossero risorse per arrivare a qualcuno ra i migliori nel ruolo.

Nella pallacanestro moderna la presenza di una PG che sappia creare per sé e per i compagni, che sappia mettersi in proprio nei momenti di difficoltà, che sappia caricarsi sulle spalle offensivamente la squadra quando le cose non vanno, è imprescindibile.

Piacciano o non piacciano questo tipo di giocatori, oggi è così. E ci vogliono almeno due giocatori di valore assoluto ed almeno uno se non due cambi di alto livello se punti all’eccellenza di Eurolega.

Alle ultime Final 4 il titolo è andato al Real di Llull, Chacho, Causeur e Williams-Goss, squadra ora clamorosamente migliorata con l’innesto del Facu e l’uscita dell’americano. In finale c’era un Olympiacos guidato da Sloukas e Walkup, con Canaan e McKissic terzo e quarto violino, oltre ad un Larentsakis divenuto ormai arma importantissima. Il Monaco semifinalista schierava Mike James, Jordan Loyd ed Elie Okobo, mentre lo stesso Barça poteva contare su Laprovittola, Satoransky e Jokubaitis, in assenza di Higgins. E non scherzavano le altre protagoniste dei Playoff, a partire dal Maccabi di Brown e Baldwin.

«Abbiamo un sogno nel cuore che si chiama Eurolega» ha affermato il Presidente Dell’Orco durante la consegna dell’Ambrogino d’Oro proprio lo scorso venerdì.

Ebbene, vale ricordare i pacchetti di guardie delle squadre campioni dal 2017 ad oggi, oltre al suddetto Real 2023. E si potrebbe andare anche più indietro.

Il Fener 2017 schierava Sloukas, Bobby Dixon e la vera PG occulta (poco), ovvero Bogdan Bogdanovic, oltre a Mahmutoglu.

Il Real 2018 contava su Doncic, Campazzo, Llull e Causeur.

Clamoroso anche il quartetto del CSKA campione a Vitoria nel 2019: DeColo, Chacho, Hackett ed Higgins.

Nel 2021 iniziò il biennio Efes firmato Larkin e Micic, affiancati da Beaubois anche nella vittoria del 2022 e già dominanti nel 2020 chiuso anticipatamente per la pandemia.

Se poi vogliamo guardare a Milano, nel caso delle Final 4 raggiunte nel 2021, in campo c’erano Chacho, Delaney e Punter a creare e guadagnare quei vantaggi. E la stessa Milano ha svoltato una stagione europea disastrosa sino ad allora nel momento in cui ha firmato Shabazz Napier lo scorso anno, non possiamo dimenticarlo.

Oggi l’Olimpia affronta la stagione europea con Kevin Pangos, Maodo Lo e Diego Flaccadori nel ruolo. Le altre sono soluzioni assolutamente emergenziali o secondarie.

Tornando a Pangos, piano B o C che sia, come dimostrano le finali scudetto vissute dalla tribuna, è certamente un buonissimo giocatore, come ha dimostrato principalmente tra Zalgiris e Zenit, bucando invece le stagioni a Barcellona ed a Milano, sebbene con l’attenuante di importanti infortuni. E’ la PG che può portarti alle Final 4? Lo è stato con lo Zalgiris, in coppia con un Micic non ancora stella, lo è quasi stato a San Pietroburgo, uscendo solo in 5 gare contro un ben più attrezzato Barça, non lo è parso nelle altre occasioni. Questo lo dicono i risultati, non le opinioni.

Cosa e chi c’è dietro di lui? Maodo Lo, 7 stagioni e 199 gare di Eurolega mai fuori dalla Germania, sempre in squadre non certo protagoniste assolute come Bamberg, Bayern ed Alba. Poi Diego Flaccadori, 2 stagioni e 44 gare con 6’55” di media in maglia Bayern. Giordano Bortolani, esordiente assoluto, e non certo atteso a ruoli da protagonista, almeno non subito, seppur molto volonterosamente applicato.

Come si diceva le altre soluzioni, che si chiamino Baron, Hall o altro, sono secondarie, non di ruolo e spesso dannose al rendimento degli stessi, che si trovano fuori dalla loro “comfort zone” tecnica, rischiando prestazioni assai deludenti. Vedi ad esempio proprio Devon Hall, ottimo all’esordio e poi scomparso quando fuori ruolo.

Quando si parla di “palla portata su” dai vari Hines o Melli, piuttosto che dallo stesso Shields, altro patrimonio che non va oscurato fuori ruolo, c’è ben poco da esaltarsi e molto da interrogarsi. C‘è una bella differenza tra portare palla ed attaccare. Una volta poteva accadere, c’erano 30 secondi, oggi, per come si gioca coi 24 secondi, parlare di Tizio o Caio che possono fare il play senza averne i requisiti è francamente desueto e senza fondamento tecnico.

In quei casi in cui il pallone attraversa la metà campo nelle mani dei lunghi o di giocatori che non hanno nelle loro corde un principio di attacco rapido da “handler” partendo quasi sempre dal “pick and roll”, come accaduto nel weekend bresciano, succede che si gettino al vento 8-9 secondi prima che si cominci ad attaccare e si rende ogni possesso offensivo limitato a 14-15 secondi con tutto ciò che ne segue. Se poi accade che un difensore eccelso come Hackett (ma lo faranno in molti), tolga ulteriori soluzioni immediate alle ricezioni di Pangos, ecco che l’attacco ristagna e ci si salva solo con le individualità di Shields o Mirotic, cosa che non può bastare, come ha correttamente detto Ettore Messina in conferenza stampa sabato sera.

Crediamo che prima di noi questa situazione sia ben chiara allo staff ed alla dirigenza milanese, ragion per cui pensiamo ad un ricorso al mercato in tempi rapidi, per uno, se non due profili che possano interpretare il ruolo imprescindibile nel basket moderno.

Tempi rapidi? Sì, ancor più quest’anno poichè il numero di squadre potenzialmente competitive per la “postseason” non è mai stato così alto ed un eventuale ritardo in classifica potrebbe risultare molto più difficile da recuperare rispetto al passato.

E con ancor maggior necessità di fronte ad un roster che è semplicemente spettacolare negli altri ruoli e che sarebbe veramente un delitto sprecare. Milano con un “backcourt” di alto livello è senza il minimo dubbio da Final 4, che vuol dire lottare per il titolo, Milano senza affronterà difficoltà di notevolissimo livello, un po’ come accaduto lo scorso anno sino all’arrivo di Napier.

Alternative possibili al mercato? L’unica, nel caso, si chiama Ettore Messina. Come? Sì, il Coach. Se dovesse essere capace di costruire un sistema vincente in un contesto diametralmente opposto rispetto a quanto accade in giro per l’Eurolega ed a quanto è stato di successo in questa competizione, non ci resterebbe che alzarci in piedi per celebrare un’impresa clamorosa. I grandi Coach servono anche a questo, sebbene ci paia oggettivamente molto difficile.

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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2 thoughts on “Olimpia, non è tanto la sconfitta quanto la struttura

  1. Analisi a dir poco esaustiva e precisa, complimenti per il blog.
    Mi chiamo Fabio, sono un tifoso di Milano e ancora prima un Tifoso di pallacanestro.
    Mi piacerebbe condivodere con Lei una riflessione che mi porto dietro dalla scorsa stagione, cioè che il problema di Milano è risolvibile in “una frazione di secondo”.
    Cerco di spiegarmi meglio.
    La pallacanestro, soprattutto quella europea, è volta allo sfruttare i vantaggi derivanti da determinate situazioni difensive, poi ovviamente c’è anche il mero talento degli interpreti in scena e non solo, ma diciamo che sono abbastanza convinto che il 70 se non addirittura l’80% delle partite sono decise da queste letture.
    Di conseguenza il problema di Milano (e di Pangos) a mio parere è nel “mezzo secondo” dopo il Blocco del lungo sul pick & roll, mi piace definire quel momento rubando un termine del Football americano, la Tasca; è in quell’istante, quando il playmaker si ritrova il suo diretto difensore ad inseguire e il difensore del bloccante in contenimento su une’ventuale prenetazione, che la squadra meneghina non riesce a creare il vantaggio che serve al sistema di Messina per sfruttare al meglio il talento dei suoi interpreti, forzando rotazioni difensive avversarie e andando a cercare i mismatch.
    Ovviamente il Chacho ne è uno dei massimi esponenti ancora oggi e ha lasciato quel solco molto difficile da appianare tra le file dell’Olimpia.
    Sono piuttosto convinto che da questo “mezzo secondo” derivino tutta una serie di condizioni che non possono che giovare alla squadra, ritmo, imprevedibilità, alchimia.
    Quel tipo di passaggio è forse il più difficile da effettuare per un playmaker, non è solo questione di tecnica ma di fiducia, cosa che purtroppo al momento non vedo in Pangos.
    Le domende dunque tornando al suo articolo sono: Chi potrebbe sostituire Pangos? Oppure, come fare per ridare fiducia ad un giocatore che sostanzialmente vive di difficoltà da un anno?
    A mio avviso il numero 5 dell’Olimpia può far bene ma come detto non possiamo aspettare troppo perchè ciò avvenga, non con un EL così agguerrita come quest’anno.
    Lei che ne pensa?

    1. Ciao Fabio,
      analisi molto interessante la tua. Aggiungo questo: Pangos è un ottimo giocatore, su questo non ho dubbi, ma non so, non avendo orno su quello, se è integrale 100%. Nel periodo di inattività mi parlavano di un giocatore che faticava a caricare in allenamento individuale. Ripeto, non lo so. A livello tecnico è un grande passatore per il rollante (e qui si può ragionare sul tuo discorso) e lo è meno per il post (e qui Mirotic può non essere contentissimo). Poi, come ho detto, di guardie super ne servono 2 se non 3 o 4, se punti in alto. Grazie del seguito

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