Frecciarossa Supercoppa: Onuaku e Daum, Olimpia-Virtus e il valore del prodotto

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Sassari si prende la finale con un’imperiosa stoppata di Onuaku, la Virtus si impone al supplementare. Emozioni, riflessioni e aneddoti del primo atto della Supercoppa da Brescia

Il PalaLeonessa è struttura compatta e molto accogliente, l’atmosfera a poco dalla prima palla a due è densa di curiosità, pigra attesa, un alternato vociare ed un affastellarsi di mille volti. E’ il ritorno di una stagione, la ripresa delle ostilità in un contesto di relativa rilassatezza. Così comincia la mia avventura, con i classici ingredienti tipici della Supercoppa.

Quello che manca, come sottolineato da molti, è il pubblico. Fino a poco dalla prima sirena e per tutta la prima gara, le gradinate sono scarsamente dense… Qualche volenteroso anima e dà voce a degli spalti per larga parte deserti, che si andranno popolando un poco di più con l’avvicinarsi alla gara più attesa.

Un elemento che toglie in partenza qualcosa alla manifestazione, che risulta ancora una volta in un prodotto troppo poco attraente. Poco valorizzata in tante piccole grandi cose, dalla scelta della città senza squadra ospitante, alla data infrasettimanale, alle tante iniziative parallele che potevano essere pensate, fino ad una conferenza stampa in cui agli allenatori non viene posta alcuna domanda… Il vizio è sistematico e coinvolge più ambienti, la passione per la pallacanestro e l’ottimizzazione di un prodotto passano da tanti piccoli ingredienti, anche oltre il rettangolo di gioco.

E’ poi una Supercoppa cui mancano tanti, troppi, protagonisti. JP Macura, Hackett e Datome, Pangos e Teodosic, Jaiteh e Shields… Questo e le scorie della preparazione contribuiscono ad un livello di basket non eccelso.

Entrambe le semifinali regalano, in modalità diverse, 30′ non granché interessanti, per poi concludersi in epiloghi di gara pazzeschi, dall’esito davvero rocambolesco. Il basket non manca mai di regalare emozioni, anche quando non te l’aspetti, anche quando la raffinatezza dell’esecuzione latita e lascia spazio al più ruvido agonismo.

Ci sono due giocatori su tutti che mi hanno rubato l’occhio in Sassari-Tortona, la cui analisi trovate in un articolo dedicato. Mike Daum, in primi, conferma che, quando sul pezzo, sa essere davvero strepitoso. Utilizzato anche da tre nel quintetto alto Ramondino con una mossa che m’intriga molto, ricorda però anche quanto possa essere altalenante, gioca un avvio di gara dirompente (11 punti nei primi 10′), per poi spegnersi nel corso della gara. Un atleta davvero particolare.

Il secondo è Chinanu Onuaku, imperfetto per gran parte della contesa, era riuscito comunque ad impressionare per la vocalità coi compagni, ma, soprattutto, per la facilità esigua con cui ha inchiodato potentemente due alzate di Robinson sul pick and roll. Una debordanza fisica che doppia quella degli avversari di ieri e, probabilmente, di quasi tutto il campionato. Poco esplorato in post, salvo nel finale dove è proprio quella situazione tattica a risollevare i sardi, una riscossa che il gigante del Maryland sigillerà con una stoppata imperiale per chiudere la partita.

Veniamo quindi alla punta nevralgica della giornata, che si realizza nell’ennesimo capitolo di Olimpia-Virtus. Riprendendo in forma dubitativa la problematicità di un celebre quesito leninista, “che dire?”

Molto abbiamo già detto nella nostra analisi post-partita, molto altro, ne siamo certi, ci sarà da dire per quanto riguarda il derby infinito delle due regine della pallacanestro italica.

L’edizione di Supercoppa della rivalità tra lombardi ed emiliani presenta due squadre non al meglio dal punto di vista fisico e tecnico, che si spartiscono le metà di gara di egemonia (la prima l’Olimpia, la seconda la Virtus), con momenti di encefalogramma offensivo piatto ricorrenti.

Gli attacchi sono stati in gravissima difficoltà. Il primo quarto vede Bologna sbloccarsi solo dopo 3′, Milano addirittura dopo 5′ e a fine terzo quarto le squadre non sono ancora riuscite a valicare quota 40.

Ciò che emerge dai dati è drammaticamente evidente. Esempi? Un assist-to-turnover ratio di 0,7 per entrambi i team – 14 assist e addirittura 19 palle perse è dato in compartecipazione – che indica scarsa capacità di gestione palla in rapporto ad un coinvolgimento di squadra molto relativo, quelle percentuali da fuori che, come giustamente ha chiosato Messina in conferenza, “a questo livello non ti puoi permettere” e che si rivelano in realtà condivise (23%).

La creazione di vantaggi funziona molto male per spezzoni importanti di gara da ambo le parti e le cause possono essere diverse. Idee di gioco non fantasiose, più probabilmente non ancora assimilate da squadre che hanno interpreti chiave nuovi, e sicuramente anche le gambe pesanti e l’assenza dei playmakerissimi Teodosic e Pangos.

Le coppie di combo – per quanto con questa superficiale definizione stia forzatamente accomunando quattro giocatori diversissimi – Pajola-Lundberg e Hall-Baron schierate dai due coach non riescono in molti casi ad essere il giusto innesco di una manovra fluida e corale, così come gli “scombinatori” dalla panchina, rispettivamente Mitrou-Long e Mannion, portano confusione e scarsa lucidità, più che l’apporto elettrico di una scossa salvifica che sarebbe stata necessario.

Gli attacchi devono probabilmente ancora esplorare tutte le proprie armi e possibilità, questo è certo. Ieri l’Olimpia ha trovato nel suo momento migliore molta transizione (22-12 i punti in contropiede per i biancorossi), la Virtus invece è salita di colpi quando si è avvicinata al ferro e così ha fatto scivolare il proprio gioco molto più in quella direzione (solo 13 tentativi dall’arco), realizzando ben 32 punti in area (8-8 era il computo a metà gara, sarà 32-20 alla sirena finale) e trionfando a rimbalzo.

Bologna è infatti divenuta più concreta alla lunga, riuscendo a moltiplicare i successi in 1vs1 con un ottimo Cordinier, pungente in penetrazione nei momenti decisivi, mentre l’Olimpia è parsa in confusione e sfiduciata in quella fase. Emblematici due air ball di Mitrou-Long e Melli, oppure una sequela di errori tra palle perse e tiri rifiutati su possessi dall’alto peso specifico. Milano ha in quel momento cercato un appiglio offensivo, con Hall fuori per falli, in un Baron con la mira davvero spuntata (2/11), tentando improvvidamente di servirlo ripetutamente in uscita dai blocchi in una serata non sua.

Supercoppa Virtus - Eurodevotion

I migliori delle rispettive rappresentative sono emersi con grande chiarezza. Hall ha rappresentato l’unica boccata d’aria per l’EA7, la forza erculea di Ojeleye è stata marcia in più incredibile per la Virtus.

La guardia di Virginia Beach saluta la Supercoppa giocando una gara ottima, in avvio stupenda. La sua presenza si è rivelata proprio di ossigeno per le scarpette rosse, una bocca da fuoco che hanno dato aria sugli scarichi alla manovra dell’Olimpia.

Mi ha impressionato ancora una volta per come gestisce i cambi in difesa sui lunghi, ha saputo dare risposte a giochi rotti, risultando ancor di più pericoloso quando Melli o Hines hanno portato su palla per togliergli pressione. Un atleta sontuoso, sempre più maturo, che appare pronto per l’anno della consacrazione.

Il neo arrivato del Kansas fa intravvedere tantissimi ingredienti interessanti, lasciando persino spazio a rilevanti margini potenziali. L’Eracle virtussino impone la sua squassante forza fisica, rischiando una bimane impressionante, e, soprattutto, nonostante non sia un realizzatore, segna in modo cospicuo e in maniere anche molto diverse: colpisce da tre, in post, in fade away sulla sirena, a rimbalzo in attacco.

Diana ha parlato di come, sebbene non abbia ancora potuto essere schierato da 3, abbia aiutato molto a pareggiare la fisicità di Milano, invertendo la tendenza di tre mesi fa. Nulla da aggiungere, un giocatore davvero chiave.

In termini di fisicità e di rapporti di forza tra le due rivali, abbiamo visto più volte un esperimento stuzzicante nel duello tra Messina e Scariolo, cioè la sfida tra torri gemelle Mickey-Bako e Davies-Hines. Dal mio punto di vista non se ne sono tratte per ora grandi indicazioni, accantonati ben presto, ma è un elemento da tenere sotto attentissima osservazione per il futuro.

Speculare come la scelta sul doppio centro è stato anche il rendimento di una coppia di delusioni Thomas/Lundberg, due elementi che hanno girato al largo della gara per quasi la totalità dei minuti, – il danese ha messo però una bomba spaccapartita nell’OT – nonostante le attese di giocatori di comprovata esperienza europea, chiamati a non far sentire le assenze nei rispettivi reparti.

Thomas è un giocatore utilissimo, ma che ieri non è riuscito per nulla ad imporre la sua fisicità da tre e le sue virtù perimetrali da quattro, Lundberg invece deve poter essere una freccia ben più importante nel backcourt bolognese, con una verve ed un’iniziativa tutte diverse.

Infine, per chiudere l’analisi bipartita della seconda semifinale di Supercoppa, mi piacerebbe concentrarmi sull’apporto di due atleti che sono le due scommesse, seppur di tipo diverso, dei rispettivi front-office.

Naz Mitrou-Long era chiamato a portare sulle sue spalle il peso della regia offensiva, ma ha risposto con una prova di grandissima difficoltà. Incerto e poco padrone del ruolo, ha portato molta confusione ed ha perso nel corso dei minuti tutta la sua fiducia offensiva. 0/9 dal campo, armi spuntate e incertezza che è salita ancor di più dopo due buone letture sul pick and roll, eseguite però male e gettate al vento in palle perse.

A tutti questi segnali negativi, se ne percepiscono però dal suo linguaggio del corpo altrettanti molto incoraggianti. Ci sono stati tanti siparietti molto intensi che ho colto da bordocampo. Naz parla con i compagni, ci tiene molto a tutto quello che fa e si prende molto sul serio.

Ci tiene a chiarirsi in un bello scambio con Biligha su un malinteso precedente, urla di frustrazione e se la prende con sè stesso dopo un paio di errori, rimane a ripetere il tiretto dalla media che aveva sbagliato su finire del primo tempo dopo la sirena… C’è davvero qualcosa di speciale in questo ragazzo.

Infine, è Ismael Bako l’epitome della prestazione virtussina di ieri sera. In difficoltà all’inizio, pareva troppo acerbo e inesperto quando veniva fagocitato, come Camara, da quel vecchio volpone di Hines, ma ha saputo crescere nella partita per poi risultare uno dei più importanti riferimenti dell’attacco bianconero. Il belga ha caratteristiche peculiari che ne fanno presagire un gran potenziale, se è anche capace di una buona mentalità e resilienza, il futuro è più che mai roseo.

Cosa trarre, quindi, dal primo Milano-Virtus? Per cominciare la mia impressione – che quello è e tale deve rimanere – è che, pur dando alla gara tutto il contesto del caso, quello di Supercoppa, Messina in conferenza stampa fosse parecchio dispiaciuto per il ko, come se non si fosse aspettato di vedere la squadra così poco incisiva al punto cardine della pre-season. Anche in quel caso, con tutto il margine d’errore dell’esegesi, non sarebbe niente di drammatico, s’intende.

Le squadre infatti, al di là del risultato, rimangono entrambe molto indietro, senza grandissimi distinzione di forma, fisica e tecnica. Per godere di grandi sfide, di cui abbiamo più che mai bisogno, c’è tutto il tempo.

Quello che già è a livelli alti è la passione dei tifosi, che non può che vivere con ardore anche il meno fascinoso (si spera!) dei duelli che vedremo questa stagione. Tralasciando gli episodi di fine gara, che hanno riacceso il fuoco eracliteo del polemos, è stato bello vedere un esempio di rivalità ben gestita al palazzetto, con le rappresentative delle rispettive squadre che hanno animato la cornice un po’ spopolata del PalaLeonessa e che si sono anche vicendevolmente applaudite a fine gara.

La rivalità tra le due grandi del basket italiano è solo all’inizio, l’antipasto non è stato dei più succulenti, ma ha comunque favorito qualche spunto di ragionamento. Rimane l’antipasto, però, e questo insaporisce ancora di più le attese portate successive.

Per ora però, i riflettori tornano su Brescia. E’ tempo della finale della Frecciarossa Supercoppa!

Photo credit: Olimpia Milano, Dinamo Sassari, Legabasket

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