Grazie Gigi ! Lettera aperta ad un campione di un’altra categoria

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Gigi Datome concluderà una straordinaria carriera coi Mondiali di agosto. E’ estremamente difficile scindere il grande valore del giocatore da quello della persona, è semplicemente un privilegio aver seguito il gioco nei suoi anni.

Grazie Gigi!

Mi viene così, naturale e fatico a dire altro. Mica facile lasciare senza parole un vecchio logorroico, tanto che ho dovuto lasciar passare un po’ di giorni prima di riuscire a scrivere qualcosa sul tuo ritiro.

Perché se è vero che un po’ lo avevo capito, lo è altrettanto che si è trattato di una situazione straordinaria di fronte alla quale non si può essere preparati completamente.

Sia chiaro, come diresti tu cercando di non dare troppa importanza alla cosa, è solo una notizia di basket, però credo di esprimere ciò che provano tanti nel dire che la prossima stagione, senza trovarti ai nastri di partenza, avrà un grande vuoto.

Ho avuto il privilegio di sentirti tante volte in questi anni sin dai tempi gloriosi del Fenerbahçe, sia per conversazioni “ufficiali”, chiamiamole interviste, sia per chiacchierate informali in cui si è parlato di tante cose, anche oltre la pallacanestro.

Ricordo perfettamente il primo contatto, tu eri ad Istanbul e per me era l’occasione unica di intervistare un campione.

Si parlava della genesi del trionfo in Eurolega nel 2017 e quindi di Berlino 2016, di quella delusione tremenda, ed il discorso arrivò ad un passo da quel maledetto errore sul taglio backdoor. Glielo chiedo? Non glielo chiedo? Non c’è stato bisogno, lo hai citato tu. Sono rimasto talmente sorpreso che non ho avuto il coraggio di scriverlo. Quanti altri sportivi avrebbero ammesso così un errore e la sofferenza che gli aveva provocato?

Ricordo altrettanto bene quando poi azzardai un paragone tra te ed un giovanissimo Jayson Tatum, quel sapersi girare anche sulla spalla sinistra per il jumper che è patrimonio di pochissimi. «Oh, la responsabilità di paragonarmi a Tatum te la prendi tu…». Uno qualunque avrebbe gonfiato il petto, uno super mi ha mandato bonariamente a quel paese.

Ricordo ancor meglio quel raduno della nazionale, a Milano, con tanta gente ad attendervi. Centinaia di richieste e di selfie, un discreto assedio. Un bimbo con disabilità fatica ad avvicinarsi e tu abbandoni tutti gli altri per stare con lui, autografargli la maglia, discorrere con chi lo accompagnava.

Non dimentico certo Vitoria 2019, l’anno in cui quel Fener dominò la stagione dando lezioni a qualsiasi avversario prima che gli infortuni diventassero protagonisti togliendovi ogni mezzo possibile per poter esser competitivi. Il tuo tentativo estremo di poterci essere, col polpaccio che alla fine ebbe la meglio. Tu e Nik e quel «la cosa che più fa girare le balle è che sembriamo gente che è qui impreparata, quando ci siamo fatti un mazzo tanto per sette mesi per arrivare sino a qui». Orgoglio.

Non sto nemmeno a citare le mille imprese tecniche sul parquet, limitandomi ad una che non dimenticherò mai, il canestro vincente (era il 28 dicembre 2018) dello “switching hands” contro il Real, la giocata più bella del millennio di Eurolega insieme alla stoppata di Randolph su Joel Dorsey ed alla “petaktari” di Printezis. A me, e non solo, ha ricordato soltanto MJ nelle finali coi Lakers del ’91 e so che anche qui mi manderai a quel paese…

Hai chiuso in Italia e lo hai fatto alla grandissima, con due scudetti in cui sei stato più che fondamentale per Milano, confermando quella classe che veramente pochi possono esprimere sul parquet. E quest’anno, dopo una stagione inizialmente maledetta, hai saputo emergere da una difficoltà che avrebbe ammazzato chiunque altro.

Ecco, mi piace soffermarmi su questo, ovvero il valore del giocatore.

Mille riconoscimenti, strameritati, per il tuo spessore a livello umano, cosa che non può che lasciare un’impronta indelebile soprattutto nel mondo di oggi, tuttavia mi verrebbe da dire che troppo spesso tutto ciò ha quasi messo in secondo piano un dettaglio che… non tralescerei : che giocatore straordinario di pallacanestro sei sempre stato!

Perchè quello che hai fatto sul parquet ad ogni latitudine è sempre stato di qualità assoluta. Comprensione perfetta del gioco, una tecnica ben oltre la media, la capacità di essere uomo-squadra in qualsiasi situazione, anche le più difficili, anche quelle in cui magari sembrava che non fosse riconosciuto al 100% il tuo valore. «Lavoriamo e guardiamo avanti»: parole che non hai mai smesso di pronunciare.

Ci sono mille cose che si potrebbero aggiungere, tutte tappe memorabili di una carriera che memorabile è stata e che, va detto, ha di fronte un’ultima tappa di grande importanza come il Mondiale asiatico.

Zeljko Obradovic, sì, quello del celeberrimo timeout di Mosca, mi ha detto testualmente: «Gigi è un uomo ed un giocatore straordinario. Io sono orgoglioso di allenare una persona come lui per quello che dà e per come lavora per ottenerlo». Non mi pare che Zele usi questi termini per tanti.

Ecco, quella persona, quell’atleta unico smetterà di allacciarsi sneakers a ,età settembre, poi inizierà un’altra vita. Mi piacerebbe, ci piacerebbe, che la pallacanestro italiana guadagnasse un profilo dirigenziale di alto livello per il suo rilancio, sarebbe fondamentale.

A proposito, ho detto dirigente ma sai bene che potresti diventare un grande Coach. Un giorno te l’ho accennato e non dimentico la tua risposta: «Non so se sarei in grado dire ai miei giocatori quello che hanno detto a me tutti gli allenatori che ho avuto…» (in realtà i termini erano un po’ più coloriti ed incisivi). Intanto pensaci…

Una volta di più, semplicemente… Grazie Gigi!

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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