LBA, Umberto Gandini: C’è voglia di ricominciare, ma solo se ci saranno le giuste condizioni. F8? Una possibile soluzione

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In attesa di capire se e quando la pallacanestro giocata tornerà a far parte della nostre giornate, ieri pomeriggio attraverso una video-conferenza, il Presidente della LBA Umberto Gandini ha dialogato con i colleghi della carta stampata e della TV, in merito all’attuale situazione e ai possibili scenari se si dovesse riprendere a giocare.

Solitamente usiamo cinque punti, ma per l’occasione abbiamo fatto un’eccezione e i punti sono 9.

Benvenuto Presidente

«E’ molto stimolante essere entrato in un ruolo di vertice del basket italiano. Non ho potuto scegliere il momento, e mi sono ritrovato con le società ad affrontare un momento imprevedibile. Questo non mi ha ancora permesso di fare i primi dovuti passi, conoscere bene la struttura e visitare tutti i club che fanno parte della LBA, per conoscere le proprietà e giocatori di tutte le squadre». Queste le prime parole del nuovo Presidente della Lega Basket. 

Gli obiettivi

«Lavoriamo affinché si possa un giorno riprendere a giocare questa stagione. Non c’è nessun tentativo di anticipare la situazione o le decisioni del Governo. Dall’inizio, grazie ad una decisione lungimirante condivisa con il presidente della FIP Gianni Petrucci, abbiamo deciso di sospendere il campionato nel momento in cui stava scoppiando la pandemia. Non abbiamo avuto notizia di tesserati o altro che siano stati contagiati. La priorità è mettere in sicurezza il movimento, e incominciare a pensare quando ci saranno le condizioni. La nostra idea è quella di terminare la stagione entro il 30 giugno, per diversi motivi. Noi abbiamo un ruolo istituzionale che ci impone di pensare di poter riprendere ma al tempo stesso siamo attenti e sensibili a quanto sta succedendo in Italia e nel mondo e non vogliamo costituire un problema. Si tratta di un tema che dovremmo affrontare con le autorità sanitarie e governative più avanti ma pensiamo anche che lo sport possa funzionare da antidoto e dare uno svago a chi non può muoversi per le limitazioni necessarie. Abbiamo 10 milioni di interessati e 3 milioni di fans di cui tener conto per il futuro: posso solo augurarmi che come ci stiamo abituando vivere in quarantena, ci riabitueremo presto a ricondividere la nostra vita con gli altri e il basket, come altri sport, tornerà ad essere un luogo di aggregazione. Ovviamente nulla sarà come prima e ci saranno delle cose che cambieranno. Molti di noi saranno migliori e questo cambiamento potrà portare dei cambiamenti positivi e cercare di far crescere ancora di più il mondo della pallacanestro italiana. Abbiamo creato varie commissioni, una lavora sul calendario tenendo conto di variabili. Una non c’è più, il Preolimpico. Un’altra sono le Coppe, ma ci aspettiamo che una competizione sovranazionale abbia più difficoltà a ripartire di una a livello domestico. Il 16 maggio è data basata sul tipo di competizione che vogliamo fare. Serve un periodo minimo affinchè le squadre possano tornare ad allenarsi e lavorare insieme. Se noi, per il 16 maggio non avremo la possibilità di tornare ad allenarci in tutta sicurezza, allora sarebbe difficile ripartire con una competizione che abbia un senso. Abbiamo disegnato un percorso possibile, con tutte le opzioni in gioco. È chiaro che se si ripartisse presto potremmo rispettare il calendario. Più avanti andiamo, dovendo dare precedenza alla chiusura della stagione regolare, dovremo comprimere la fase playoff. Cambiare le DOA, in merito al format del campionato e allo scambio tra A1 e A2, non è ancora all’ordine del giorno. Abbiamo idee, canali aperti con LNP e FIP, vogliamo assolutamente evitare i tribunali e i ricorsi, ci auguriamo che le decisioni siano prese insieme con condivisione. Noi abbiamo delle ragioni per le quali pensiamo che la stagione debba finire il 30 giugno piuttosto che andare a interferire con il 2020-21. Ci saranno le Olimpiadi dove spero che saremo coinvolti direttamente. Ci saranno gli Europei del 2021 in Italia. Quindi non vedo perché comprimere il 2020-21, che deve essere in realtà la stagione della rinascita, per salvare una stagione 2019-20 ormai monca. Se dobbiamo fare una scelta su chi salvare tra le due stagioni, scelgo il 2020-21. Preferisco quindi finire il 30 giugno e avere il tempo per pianificare il 2020-21. Abbiamo fissato queste date in base a varie considerazioni: anzitutto esiste una scadenza naturale dei contratti al 30 giugno anche se si possono prolungare i limiti e potremmo farlo anche noi nel caso lo facesse anche il calcio. Sono tutte considerazioni da tenere presente per evitare poi di avere ripercussioni sulla nuova stagione dove invece vogliamo lavorare con grande anticipo: sarà la stagione in cui si celebrano i 50 anni di vita della Lega Basket e vogliamo prepararci al meglio, partendo anche dal precampionato con un circuito più centralizzato e creando un percorso di avvicinamento. Tutto questo sarà possibile solo finendo la stagione entro il 30 giugno. L’obiettivo primario resta comunque completare la regular season». Insomma, si rema tutti dalla stessa parte, ma chissà quando effettivamente riusciremmo a rivedere un po’ di basket giocato

Porte aperte o porte chiuse

«Noi lavoriamo in un ambiente che ha notevoli ricavi da botteghino e sponsorizzazioni, visto che non ci sono ricavi dai diritti televisivi. E’ un tema molto importante di cui abbiamo parlato a lungo. Ci sono due fronti in Lega: una parte che dice che non possiamo permetterci di giocare a porte chiuse, perchè sarebbe un’ulteriore sconfitta; dall’altra c’è chi dice che, con le sicurezze del caso, se l’obiettivo è portare a termine la stagione dobbiamo farlo anche a porte chiuse. Al momento una decisione non è stata presa e non può essere presa a cuor leggero. La cosa più saggia sarà valutare i pro e i contro e adeguarsi. Poi c’è un fattore legato al clima, ai nostri palasport e alle condizioni ambientali in cui si gioca: scendere in campo a luglio, che sia a porte chiuse o aperte, creerebbe certo problemi agli atleti e anche agli appassionati, in caso di loro presenza negli impianti». Un dilemma non poco indifferente, visto che gli incassi sono preziosi per le diverse squadre.

La fuga dei giocatori stranieri

«Le società hanno fatto delle scelte, i giocatori hanno fatto delle scelte. Nel caso dei giocatori, evidentemente si sono create delle situazioni per cui i contratti avranno una risoluzione con strumenti per farlo. Dall’altra ci sono società che hanno scelto di risolvere i contratti o dare libertà di movimento, anche a causa di indicazioni dei singoli paesi. I roster oggi non sono quelli del 7 marzo, e non lo saranno neanche nell’eventuale ripartenza. Noi stiamo valutando diverse ipotesi. È ovvio che, chi si è preso il rischio d’impresa di risolvere i contratti, se ne assume anche le conseguenze. Difficilmente potremmo pensare di concedere sostituzioni davanti a scelte in tal senso. Poi c’è chi è partito con il permesso della società, e avrà problemi a rientrare. Questa è una variabile su cui riflettono anche la Turkish Airlines EuroLeague e 7Days EuroCup, dove francamente trovo un po’ più utopistico del nostro il pensiero di riprendere. Noi cercheremo di proporre, dopo aver scelto date e formati, una modifica delle DOA per dare la maggiore equità nella formazione dei roster. Anche tesseramenti in più».

Nel caso di una possibile sospensione del campionato

«Non abbiamo ancora deciso cosa sarà di questa stagione. Ognuno ha un’opinione, anche perchè abbiamo diversi numeri di partite per ogni squadra. L’unica convinzione è che se dobbiamo ragionare su un punto di vista sportivo, il momento zero resta il girone d’andata. Cosa farne, non lo sappiamo ancora, ma non possiamo pensare di ragionare su una classifica con gare giocate differenti. C’è chi ne ha 24, e chi 19 come ad esempio la Openjobmetis Varese. Non abbiamo una dimensione come quella del calcio, ma c’è un dialogo costante con la FIP e il presidente Gianni Petrucci. A livello economico abbiamo già una prima stima di danni da definire compiutamente anche grazie all’advisor che ci affianca per certificare le potenziali perdite e definire un momento zero in cui queste perdite diventeranno reali in base anche alla ripresa o meno. Esistono varie ipotesi a partire da quella peggiore per cui dovremo affrontare il massimo dei costi con il minimo dei ricavi: ci auguriamo che la cifra di 40 milioni di danni al momento ipotizzata sia il massimo a cui dover far fronte con la speranza e la capacità di riuscire a scendere sotto questa stima. Insieme a tutte le componenti siamo parte di un sistema dove dipendiamo gli uni dagli altri: abbiamo iniziato vari dialoghi, in primis i club con i tesserati poi la Lega con le associazioni di categoria e abbiamo iniziato a ragionare sul fatto che non è certo giusto che i danni conseguenti a questo stop gravino solo sulle società. Abbiamo trovato tutti i protagonisti disponibili, consapevoli che non ci possono essere vincitori e vinti e sono sicuro che prevarrà il dialogo.
In base anche ai risultati di questi incontri studieremo poi quali interventi chiedere al Governo tramite la Federazione. Stiamo ragionando su agevolazioni e sgravi fiscali che potrebbero anche coinvolgere una riforma della legge 91: sarebbe bello approfittare di questo momento per metter ordine nel sistema e far ripartire presto la macchina degli investimenti. Un altri aspetto su cui vorremmo intervenire è la Legge Melandri che si applica a noi e al calcio: lavoreremo perché eventuali adeguamenti vengano estesi ad entrambi gli sport: per questo abbiamo già inviato al ministro Spadafora una lettera in merito al necessario ripristino del sistema di mutualità. Crediamo in definitiva che esistono certo altre priorità nel paese rispetto allo sport ma noi abbiamo una funzione che dovrà essere tenuta in considerazione. In fondo anche noi siamo delle aziende che impegnano risorse, che assumono personale per cui pensiamo che si possano studiare tante norme che ci possano agevolare nel medio lungo periodo per assorbire i danni economici che subiremo in questa stagione
».

Le F8 come possibile soluzione

«Sì, una ripetizione del format delle Final Eight può essere un’idea, così come ridurre le serie di playoff. Il format comunque deve avere un suffragio universale. Per ora cerchiamo di andare avanti proseguendo la stagione regolare, che potrebbe significare anche andare avanti con la stagione regolare ma senza playoff se non ci fosse il tempo materiale per farlo». Al momento sembra essere la soluzione più concreta, vista la complessa situazione.

Il ruolo dei giocatori

«Ovviamente sono i protagonisti e quindi sono molto importanti per tutto il movimento. Infatti, noi abbiamo un continuo dialogo con la GIBA e anche loro hanno il desiderio di tornare a giocare. Non so che tipo di rapporto ci sia tra i club ed ogni singolo tesserato e quali siano le informazioni tra di loro. Inoltre, non posso commentare le posizioni di ogni singolo giocatore. Non obblighiamo nessuno se non ci sono determinate garanzie».

Il problema dei contratti 

«Il discorso non è che tutti i club siano per non rispettare i compensi dei giocatori. Siamo un sistema che dialoga, all’interno e con la GIBA e gli stessi agenti. Non è razionale che i danni di questo stop gravino solo sulle società, e tutti i protagonisti sono consapevoli del fatto che non ci saranno vincitori e vinti. Su queste premesse cominceremo a lavorare. Dialogo, condivisione, auspichiamo che non ci siano problematiche particolari che ci costringeranno a intervenire. Saranno alla fine le singole società, e i loro tesserati, ad applicare quello che noi suggeriremo».

Lo scopriremo solo vivendo…..

«Questo periodo ci deve anche servire per studiare modifiche che possano migliorare il prodotto, attraverso l’aiuto dei club e dei loro giocatori che vogliamo far diventare i veri influencer del nostro mondo, capace di trasmettere messaggi e valori, attirando maggior attenzione al basket. Certamente dobbiamo stabilizzare i nostri ricavi e la cosa più semplice sarebbe avere più risorse dai diritti tv: per farlo però dobbiamo avere un miglior prodotto sul campo per cui dobbiamo lavorare assieme per spiegare sempre meglio alla aziende le caratteristiche e i valori del pubblico che ci segue. Io sono ottimista, il movimento è in crescita e noi lavoriamo per portare sempre più gente nei palasport e ad affollare i campetti, qando sarà possibile: dobbiamo farlo costruendo un prodotto più attraente, più moderno e più vicino al nostro pubblico, composto soprattutto da giovani a cui piace aver un’interazione la più possibile attiva che ci impegneremo a soddisfare nel migliore dei modi». Conclude Umberto Gandini 

 

 

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