L’Eurolega della Virtus Bologna a mente fredda

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Ormai è trascorsa oltre una settimana dall’ultima partita in Eurolega della Virtus Bologna e, ora, ci è sembrato il momento di trarre qualche conclusione dalla stagione che ha visto le vu nere tornare in Eurolega.

A mente fredda; dopo averci riflettuto per qualche giorno e dopo aver ponderato il tutto con valutazioni di carattere generale che provano a tenere insieme tutto quello che è successo in un anno.

virtus oly

Mercato: dalle lacune estive al dubbio di febbraio

Il mercato estivo è stato singolare: fino a oltre la metà di luglio, infatti, la Segafredo non aveva annunciato nessun giocatore e, tra l’altro, c’era ancora pendente il rinnovo di Toko Shengelia (ufficioso, ma non ufficiale). A cosa era dovuto quel lungo silenzio? Le impressioni del primo momento e quelle raccolte nell’arco dell’anno ci hanno detto che probabilmente le vu nere in quel periodo hanno trattato profili molto ambiziosi a cui sono andati anche molto vicini, ma che poi, per un motivo o per un altro, non si sono concretizzati.

Poi è bene ricordare una cosa: il mercato di Eurolega in buona parte si fa in primavera, se non già da febbraio. La Vitus ha ottenuto la sua promozione a maggio, per cui era già ampiamente indietro rispetto alle future contendenti. Muoversi in ritardo in un mercato difficile come quello di Eurolega vuol dire perdere diverse prime scelte e spesso doversi adattare alle circostanze.

Da questa considerazione derivano gran parte delle mosse estive virtussine: se Mickey era un obiettivo dichiarato e raggiunto, probabilmente (ed è bene sottolineare l’eventualità) Bako, Ojeleye e Lundberg non lo erano. Il secondo è stato sicuramente una scommessa vinta; gli altri due meno. O meglio: Bako ha dimostrato di essere il giocatore che si pensava che fosse, ovvero uno può essere un secondo o terzo centro di una rotazione di Eurolega ma non uno che fa reparto. La vera delusione risponde probabilmente al nome di Lundberg: su di lui erano riposte tante aspettative, quelle dell’uomo che sa essere risolutore e creatore. L’ex CSKA non è mai stato queste cose durante la stagione ed ha anzi evidenziato limiti dal punto di vista caratteriale e della leadership.

Diciamo che complessivamente due lacune sono emerse dal mercato estivo bolognese: la mancanza di una guardia realizzatrice che potesse risolvere le cose in situazione di giochi rotti – insomma, una fonte di punti pressoché costante e affidabile – e un centro che potesse garantire solidità e una buona dose di rimbalzi. Perché, obiettivamente, il reparto formato da Jaiteh e Bako non si è rivelato all’altezza di una squadra che puntava a corteggiare la post-season.

C’è qualcos’altro da dire sul discorso mercato? Qualcosa sì. La Virtus a inizio febbraio era sulla soglia del 50% di vittorie e sconfitte e quindi era in linea di galleggiamento con l’ottavo posto. Gli infortuni in quel periodo avrebbero richiesto un intervento sul mercato per rimpolpare il ruolo di 2/3 con un giocatore atletico e fisico. Noi rimaniamo dell’idea che un innesto in quella porzione di stagione si sarebbe potuto fare: non farlo, insieme ad altri numerosi fattori, non ha permesso ai bianconeri di essere competitivi fino alla fine per quel fatidico ottavo posto.

virtus baskonia lundberg

L’andamento della stagione: un’ottima parte centrale, un finale in calando

Un sali e scendi continuo, ups and down, un flirt costante con la fatidica soglia del 50% di vittorie e sconfitte, infine l’accettazione dell’ineludibilità degli infortuni e la resa anticipata. A voler riassumere fino all’osso la stagione europea della Virtus Bologna si potrebbero usare queste parole.

Coach Sergio Scariolo nell’ultima conferenza stampa di Eurolega, dopo la vittoria contro Milano, ha definito coloritamente e simpaticamente “da polli” l’inizio della sua squadra nella competizione. Un’espressione che pensiamo sia rivolta soprattutto alle sconfitte contro Zalgiris, Asvel e Panathinaikos: tre KO che sono stati rimpianto amaro dei bianconeri per tutta la stagione e che, in diversi frangenti, hanno fatto pensare al fatidico condizionale “ma se avessimo vinto quelle tre partite… “

Al 17 novembre, in ogni caso, il bilancio era di 4-4, in linea con la famosa soglia di galleggiamento. Poi quei 4 KO consecutivi col primo dolorosissimo di Oaka che hanno reso tutto molto complicato; in un’edizione così equilibrata della competizione perderne quattro di fila significava poi fare un filotto positivo che rimettesse le cose a posto. E infatti poco dopo arriva un brillante 4-1 vincendo contro squadre come Maccabi, Fener e Barça: una sequela di vittorie che ha ridato grande speranza all’ambiente in un gennaio in cui ogni gara diventava decisiva.

Da lì al 24 febbraio ancora 4 vittorie e 4 sconfitte, non senza qualche rimpianto per la casa casalinga con l’Olympiacos o quella esterna di Monaco di Baviera. In ogni caso, la realtà diceva che a fine febbraio la Virtus era ancora attaccata al treno playoff, sempre in costante e litigioso flirt con quella soglia del 50%.

Come abbiamo scritto sopra, a causa del numero consistente di infortuni, questo probabilmente era il momento di intervenire sul mercato con l’aggiunta di un profilo atletico e fisico (con anche un po’ di tiro dall’arco) nella posizione di 3. La mancanza di questo intervento non è certo il motivo della successiva fetta di stagione, ma forse a qualcosa sarebbe servito.

Da lì solo due vittorie nelle ultime nove partite con la resa definitiva in seguito alla sconfitta di Monaco, prima che di quella col Real Madrid in casa. Le ultime partite sono state di resa davanti all’impossibilità di contenere la gravità degli infortuni: degli infortuni che, lo ricordiamo, oltre a limitare la squadra nell’immediatezza delle singole partite l’hanno limitata anche nella crescita collettiva partita dopo partita. E allora, banalmente, molte squadre sono arrivate per il rush finale pronte come volevano essere nel momento decisivo e la Virtus è arrivata più indietro, impossibilitata da un viavai permanente dall’infermeria.

Poi, che alcune delle ultime uscite non ci siano piaciute dal punto di vista attitudinale e mentale lo abbiamo scritto, però, ad oggi, a mente fredda, la sensazione è che si sia capito di non potercela fare a raggiungere i playoffs e allora è ovvio che, se da una parte c’è accettazione della resa e dall’altra ci sono squadre che lottano e giocano a mille, allora quegli ampi disavanzi nei punteggi vengono da sé.

alba virtus teodosic

I giocatori, la qualità del gioco e un bilancio finale

Uno dei grandi obiettivi, più volte dichiarato, di coach Scariolo era quello di alzare il livello della propria squadra, ovvero di portare tanti giocatori che non erano ad un livello di Eurolega esattamente a quel livello.

Questo processo forse è passato inosservato e, probabilmente, i suoi effetti sono stati anche minori di quanto avrebbero potuto essere a causa della caterva di infortuni che hanno rallentato questo percorso. Ovviamente sappiamo bene che con i se e con i ma non si fanno mai i conti, ma ci chiediamo che giocatore sarebbe oggi Cordinier se la dea bendata lo avesse minimamente lasciato in pace nell’arco di questa stagione. La prestazione a Madrid di inizio stagione aveva dato avvisaglie straordinarie; peccato non averle potute inseguire.

Ma lo stesso discorso potrebbe valere per un Pajola eccezionale, ma che qualche infortunio in meno avrebbe potuto portare a un livello ancora più alto – posto che era comunque uno dei nomi forti per il premio di difensore dell’anno se non avesse saltato tutto l’ultimo mese di partite. E lo stesso potrebbe valere anche per Semi Ojeleye i cui lampi qualitativi abbiamo ammirato più di una volta e i cui infortuni hanno limitato lo spiccare non di poco.

Lo stesso, però, non vale per altri giocatori che, d’altro canto, hanno evidenziato i loro limiti: Bako ha fatto vedere di poter essere il secondo/terzo centro di una squadra di Eurolega, ma i passi avanti fatti da inizio anno non sono poi così evidenti oltre le ben note qualità come rollante. Una bocciatura evidente è arrivata per Mam Jaiteh: uno che ha potuto beneficiare di più continuità fisica durante l’anno, ma che ha anche disatteso le aspettative. Fisicamente ma anche tecnicamente avrebbe tutto ciò che serve per fare la differenza anche in un palcoscenico come l’Eurolega: il gap, forse incolmabile, da colmare è a livello mentale e caratteriale.

Sulla qualità del gioco che dire? La Virtus era stata pensata e costruita per essere una squadra prima di tutto difensiva; una squadra con lineamenti di solidità, durezza e compattezza. Non certo una squadra capace di fare grandi parziali, ma una di quelle che risponde al rango di “lottatrice”. Per gran parte di stagione la squadra di Scariolo è stata proprio questo con momenti di altissima qualità difensiva. Offensivamente, invece, le vu nere hanno faticato di più: hanno alternato momenti di alta pallacanestro offensiva ad altri di grande appannamento realizzativo.

E anche questa volta una parte importante ce l’hanno gli infortuni. Il che non vuole essere una scusa: semplicemente ci sono squadre più attrezzate ed altre meno per sopperire agli infortuni. Ed era ovvio che se alla Virtus fossero mancati determinati elementi molte cose sarebbero venute meno e non avrebbero funzionato così come le si era pensate. Semplice realismo; nulla di più. Perciò anche quei miglioramenti in fase offensiva sono tardati arrivare e non hanno mai veramente raggiunto una continuità di rendimento.

Ecco, per fare un bilancio finale, sono proprio queste le paroline magiche: continuità di rendimento. E’ veramente quello che è mancato alla stagione europea bianconera: per demeriti propri e non. Una continuità che, per esempio, si è vista molto bene tra i mesi di dicembre, gennaio e febbraio che, infatti, avevano portato la Virtus ad essere una candidata forte per i playoffs in quei mesi (record di 8-5 in quelle tre mensilità). Poi appunto quella continuità è venuta drasticamente a meno come l’indisponibilità dei giocatori e da lì è arrivato un marzo assai grigio.

Qual è quindi obiettivamente il bilancio finale? La realtà è che l’ultimo mese ha trasformato una stagione in linea con le aspettative e con le possibilità della squadra in una stagione in una stagione leggermente al di sotto di quelle possibilità. Sicuramente, a mente lucida, è acclarato come il roster non fosse interamente pronto per i playoffs.

Ma questo è nell’economia delle cose: è normale che una società che torna sul massimo palcoscenico europeo dopo vent’anni ha bisogno di ricalibrarsi e di riambientarsi al contesto. In questo senso, questa stagione è servita proprio per ritrovare confidenza con le partite delle grandi occasioni, con il massimo livello europeo e tutto quello che comporta giocare in Eurolega.

Quindi stagione di transizione? Se si vuole, si può anche chiamare così. Non c’è niente di male. L’impressione, negli ambienti virtussini, è che, proprio dopo questo anno di ambientamento, per la prossima stagione si proverà a fare qualcosa di grande.

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frcata7

Laureato in Lettere moderne e laureando in Italianistica presso l'Università di Bologna. Nel giugno 2023 ha pubblicato il suo primo libro di poesie, "La cenere e l'oceano" (Edizioni Effetto). Letteratura, cinema e pallacanestro sono le sue grandi passioni che cerca costantemente di coniugare.
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