Olimpia: interrogarsi è giusto, processare oggi è folle

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Olimpia scossa dopo il verdetto di Supercoppa che ha confermato la superiorità delle V nere in campo nazionale.

5-0, o 5-1 se si considera anche la Finale di Supercoppa 2020, poco cambia: la Virtus si è dimostrata superiore all’Olimpia per quanto riguarda il panorama italiano.

Vogliamo allargarlo alle competizioni europee? Una Final 4 di altissimo livello con una tripla che se avesse scosso la retina avrebbe voluto dire Finale di Eurolega per i biancorossi, uno scivolone casalingo, dopo un cammino esaltante, ad un passo dal traguardo per i bianconeri. Nei rispettivi livelli continentali, stagioni che vanno ricordate. Non ci iscriveremo mai al partito di cosa conta più e cosa conta meno tra campionato e coppe varie, ci piace di più innamorarci delle prestazioni, ed allora quelle di Milano e Bologna in Europa, lo scorso anno, ci hanno fatto innamorare spesso.

Bologna va e solleva un trofeo che regala consapevolezza più di ogni altra cosa. La transizione da Djordjevic a Scariolo pare già a buon punto, per essere a settembre. Onore e merito ad un’ottima V, con la stessa misura espressa proprio da Don Sergio quando parla di tappa lungo il cammino.

E Milano? Disastro, inaccettabile, crollo… Se ne sono lette di ogni dopo la gara di ieri e francamente ci pare che molto, troppo, manchi di equilibrio nel giudizio.

E’ tutto vero, un trofeo è andato, con l’aggravante che a sollevarlo sia stata la rivale oggi più “sentita” (quello che Jasi ha detto della Supercopa vinta dal Madrid…), inoltre in campo senza Mannion e Udoh, ma sempre della seconda metà di settembre si tratta. Inconcepibile cercare toni fallimentari in quanto accaduto.

La squadra di Messina ha giocato bene? No, neanche con Brindisi. Dà l’idea di aver meccanismi sufficientemente oliati? Nemmeno. Ha presentato individualità di rilievo? Anche qui scatta il no secco, se non per brevissimi momenti abbastanza ininfluenti. Di qui a dare giudizi definitivi dopo meno di 30 giorni dall’inizio della preparazione, però, di acqua ce ne passa. La stessa grande quantità di acqua che passerà sotto i ponti dell’ennesima stagione lunghissima.

Se servisse qualche esempio a supporto di questa tesi prudenziale si potrebbe ricordare l’Efes di inizio 2020/21, piuttosto che la prima gara giocata dal Cska nella stessa stagione al Palau, per arrivare anche ai primi mesi, più di tre, dell’ultimo Fenerbahçe di Obradovic, che poi però sollevò l’unico trofeo stagionale assegnato in Turchia . Lo stesso Fener campione nel 2017, piuttosto che il Real del 2018 possono servire in quest’ottica.

L’equilibrio di giudizio, a nostro parere, deve andare di pari passo con il realismo: i tanti cambiamenti estivi, figli di scelte precise piuttosto che di dinamiche di mercato che colpiscono tutti, anche chi pare avere disponibilità finanziarie pressoché illimitate, richiedono tempo. E se di scelte parliamo, correttamente, serve andare subito al concetto di preparazione ritardata di cui tanto si è parlato, a partire da quel «siamo un po’ indietro» che Coach Messina ha pronunciato alla vigilia dell’appuntamento della Unipol Arena.

I tempi sono scelta parzialmente, perché l’accordo tra Euroleague ed ELPA (associazione giocatori di EL) ha stabilito tempistiche di riposo minime per gli atleti, quindi iniziare troppo presto non era possibile. Il Baskonia è stato il primo club a partire, il 17/8, seguito a ruota il giorno seguente da Barça e Zalgiris. Dopo altri ritrovi fino al weekend, Milano ha iniziato il 23/8, lunedì, prima che toccasse alle ultime, ovvero Bayern, Pana, Maccabi, Real ed Unics in ordine sparso.

Diversa, e qui si può parlare di scelta molto presumibilmente, la questione delle amichevoli di preparazione. Soli “scrimmage” dal valore agonistico ed ambientale limitato con Cantù prima ed Efes (due volte) poi, fino al torneo di Parigi, la cui prima gara è stata giocata contro una squadra non irresistibile come il Paris Basketball: solo la seconda sfida nella capitale francese ha permesso agli uomini di Messina di trovarsi di fronte una rivale del palcoscenico di Eurolega, l’Asvel.

Tanti, hanno preferito giocare tornei e gare decisamente più impegnative, altri, come ad esempio il Real che ha vinto la sua Supercopa, si sono limitati a tre gare contro Murcia (due volte) e Malaga, un po’ sulla falsariga del programma milanese. Scelte che non si possono discutere oggi, poichè hanno un’ottica temporale molto più ampia. Giuste? Ce lo dirà la stagione, che non finisce, bene o male che sia, al 21 settembre.

Ma proprio quell’equilibrio può e deve portare anche ad alcune valutazioni squisitamente tecniche riguardo il gruppo di Messina. Difficilissimo, sebbene tema sempre assai caldo, definire i rapporti di forza tra i giocatori italiani di Bologna e Milano, sempre che poi sia possibile in un contesto di squadra.

Più semplice far notare un’anomalia abbastanza evidente ed anche ricorrente già lo scorso anno. L’impressione che, volenti o nolenti, il buon vecchio “centrone” sia una mancanza importante nell’assetto biancorosso. Se Jaiteh, buon giocatore ma ad oggi né Milutinov né Tavares, fa il bello ed il cattivo tempo, interrogarsi è lecito e doveroso. Ancor più in una serata in cui il dominio a rimbalzo è totale (40-28). E’ questione di pallacanestro, di quel gioco che si sviluppa sul palla dentro-palla fuori da sempre. Che sia un post o che siano tagli, il campo va usato tutto e bene, cosa che la Virtus ha fatto, Milano no.

Ecco, se Kaleb Tarczewski non può essere utile nemmeno in un’occasione del genere, facciamo fatica a pensarlo possibile protagonista contro i suddetti Milutinov e Tavares piuttosto che i vari Poirier, Dunston, Davies e così via. Questione di visto LBA da non spendere ancora? Non possiamo certo rispondere noi, ma nel caso fosse parte della decisione allora si potrebbe parlare di marginalità totale dal progetto per l’atleta. Dubbio che è venuto a tutti non solo in estate, ma già nei sei mesi decisivi dello scorso anno, quando il polacco ha visto il campo assai di rado in occasioni vere. Peraltro facendo ben poco per meritarsi delle possibilità maggiori.

Restando sul tema dei singoli, Malcolm Delaney e Gigi Datome sono finiti immediatamente sul banco degli imputati. Ok, prestazioni molto negative, ma gioverebbe ricordare che arrivano da infortuni che ne hanno limitato molto il rendimento e che hanno richiesto una preparazione particolare per ritrovare la forma che ancora non arriva. A volte accade che vi siano atleti, pochi, che giocano sul dolore senza renderlo pubblico, soffrendo e lottando: prima di ricoprirli di critiche forse andrebbe considerato anche questo.

Dei nuovi non ci pare il caso di parlare oggi: due gare sono poco, il nulla per poter esprimere un giudizio sereno e vagamente completo.

Milano si interroga, quindi, ed è giusto che lo faccia. Ma soprattutto, ciò che dovrà dimostrare di saper fare al meglio è gestire la delusione e saper rinunciare ad uno sforzo estremo in alcune gare che si possono lasciar per strada senza che ciò rappresenti lo svilimento di un lavoro che vale. Naturalmente ciò non riguarda minimamente la finale di Supercoppa, che è un appuntamento importante e da vincere, settembre o non settembre, quanto invece tocca la gestione mentale del momento negativo, ovvero il saper andare oltre la delusione ed il sapersi mettere alle spalle uno o più referti gialli, in qualsiasi momento arrivino.

Il club c’è ed una guida come Ettore Messina né è espressione forte: che non si possa gestire questa situazione è impensabile. Lo stimolo di una grande Virtus, che dimostra come oggi l’Olimpia non sia più sola come “player” italiano sul mercato continentale di livello, dovrebbe essere fondamentale.

(Photo: olimpiamilano.com – virtus.it)

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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