Obradovic : Melli e Datome due personaggi straordinari. Mi auguro di poterli allenare a lungo.

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E’ talmente grande in panchina che pochi ricordano che, da giocatore, ha vinto un argento Olimpico nel 1988 nonché un oro mondiale nel 1990, oltre a diversi successi col suo Partizan. Europei e Mondiali che seppe poi conquistare anche da condottiero sul pino, nel 1997 e nel 1998, dopo l’argento di Atlanta alle Olimpiadi del 1996.

Dire Obradovic  è dire Eurolega, ma la cosa più straordinaria è che vuol dire allo stesso modo Coppa dei Campioni. Certo, perché il primo trionfo del coach di Caçak è datato 1992, il Partizan di Djordjevic e Danilovic, prima di ripetersi con Joventut Badalona, Real, Panathinaikos e Fenerbahce.

Ed allora, nella straordinaria opportunità di porre delle domande a Coach Obradovic, abbiamo voluto proprio partire da questo tema, da come sia possibile rimanere al top per oltre un quarto di secolo, con immutato, eccezionale rendimento.

 

– Quasi 30 anni di carriera ed almeno tre epoche di pallacanestro differente. Noi vediamo Obradovic ed abbiamo l’impressione che anche dopo un periodo così lungo abbia sempre più voglia e più fame di tutti i rivali. Qual è la ragione di un tale rendimento straordinario suo e delle sue squadre?

La passione ed il lavoro sono alla base di tutto. Occorre avere idee chiare su cosa fare e come farlo. A me piace moltissimo il lavoro che faccio e questo mi da’ un’enorme felicita’. E’ la stessa felicita’ e la stessa passione che cerco di trasmettere a chi mi sta attorno.

– La sua pallacanestro dà l’idea di totale completezza su tutti i 28 metri del campo. Ha allenato ed allena tuttora talenti favolosi che si sono sempre applicati al 100% anche in difesa e su tutte quelle situazioni (“intangibles”) che fanno la differenza. Come li ha approcciati e come li ha convinti che quella era la via per il successo?

Occorre sempre parlare ad un giocatore prima di sceglierlo in maniera definitiva. Sono una persona diretta e voglio sempre spiegare prima il mio pensiero, l’approccio al lavoro e la strada che vorremmo percorrere. Cerco di trasmettere loro il mio pensiero e spiegare cosa ci vuole per essere dei campioni veri ed avere una stagione di successo. Mi piace il dialogo ed amo avere anche la loro opinione. 

– E’ esperienza unica poter vedere come si muovono tutti i suoi giocatori all’interno del sistema offensivo. Il “lato debole”, su tutti, risulta preparato scientificamente, con gli uomini che si muovono in perfetta sincronia, già con un occhio di riguardo alla copertura della possibile transizione avversaria. E’ parte dei suoi allenamenti cui dedica maggiore attenzione?

La cosa e’ sicuramente vera: diciamo che stiamo attenti a tutti i dettagli ed a lavorare su tutte le fasi del gioco. Non sempre abbiamo successo in tutto quanto curiamo ma ci proviamo. Il pensiero di base e’ che non vogliamo mai concedere dei punti facili agli avversari.

– Durante un clinic l’ho sentita dire ai giovani allenatori «Ogni giorno dovete pensare che là fuori troverete qualcuno che farà di tutto per battervi». E’ la molla che fa scattare il coach ogni volta che si avvicina ad un allenamento o ad una gara?

Quando hai successo, a qualsiasi livello, devi sempre sapere che chi ti affronterà’ farà di tutto pur di sconfiggerti. Se non fai tuo questo concetto rischierai sempre tante brutte figure. Conosco le motivazioni di chi vince ma anche quelle di chi non ha ancora vinto. E’ un focus costante e totale.

– Il mercato delle squadre da lei allenate sembra tenere in altissima considerazione, insieme ai valori tecnici, la disponibilità dei giocatori al lavoro, sia di squadra che individuale, per migliorare. Di conseguenza vediamo le carriere di gente come ad esempio Sloukas e Datome in continua ascesa. Conferma che, oltre la tecnica, vi sia grandissima attenzione agli uomini nelle scelte?

E’ assolutamente vero. Ci piace studiare il piu’ a fondo possibile chi abbiamo intenzione di firmare, raccogliendo le informazioni piu’ diverse. Riconoscere il talento e’ quasi piu’ facile di conoscere profondamente una persona. La qualità’ della persona ed i suoi valori sono per noi importantissimi nelle scelte che facciamo.

– Vedere da vicino il suo staff durante una gara è straordinario. Sono tutti preparati alla perfezione su ogni scelta degli avversari, leggendola con ampio anticipo e conoscendone gli obiettivi. E’ un vantaggio importante che il Fenerbahce ha nei confronti delle altre squadre, dando ai giocatori le giuste indicazioni sul da farsi?

Sono estremamente contento dello staff che abbiamo al Fenerbahce e di come interagiamo fra di noi. Loro lavorano tantissime ore a scoutizzare le squadre avversarie: vogliamo capire tutto quanto sia possibile sapere della squadra che andiamo ad affrontare. E poi amiamo confrontarci e discutere le varie opzioni.

– A Belgrado troverà lo Zalgiris di Jasikevicius, reduce da una stagione straordinaria in cui pare che il Coach sia stato il vero MVP. Lo ha allenato, pensava potesse diventare questo tipo di allenatore?

Si, glielo dissi quando stava ancora giocando e quindi il suo meritato successo non mi sorprende minimamente. Sono convinto che tutti i grandi giocatori, se sostenuti dalla passione, possano diventare buoni allenatori.

– E’ d’accordo che, come nel caso della sua pallacanestro, quella dello Zalgiris presenti un perfetto bilanciamento tra situazioni di isolamenti e di tagli che molte altre squadre non fanno, sempre in situazioni di equilibrio tecnico e tattico?

La cosa si vede molto chiaramente: i giocatori sanno cosa fare in ogni situazione e quello che avviene in campo e’ interamente sotto il controllo dell’allenatore. Veramente un’ottima organizzazione di gioco.

– Gigi Datome e Nicolò Melli sono tra i pochi italiani validi oggi in Europa. Come giudica le loro stagioni e che opinione ha della pallacanestro italiana, mai come oggi in grande difficoltà?

Sono molto felice di poter allenare due ottimi giocatori come Datome e Melli. Non sono solo dei grandi giocatori ma anche personaggi straordinari, umili nell’approccio, ambiziosi nelle motivazioni, sempre con un’incredibile etica di lavoro. Mi auguro di poterli allenare per qualche anno ancora. Ormai sono da tanti anni via dall’Italia e non credo di essere la persona piu’ indicata per fare una valutazione sullo stato della pallacanestro nel vostro paese. 

Belgrado è alle porte, poco più di una settimana e sarà tempo di Final 4, il territorio di caccia preferito di coach Obradovic. Come la prima volta e come sarà sempre, nel nome della passione, del lavoro e dell’umiltà, i motori fondamentali verso il successo.

 

 

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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