Lô faccio a Maodo mio! Storia breve del sacco biancorosso di Belgrado

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La Stella Rossa è costretta alla sconfitta casalinga dalle scarpette rosse di un impetuoso Maodo Lô

A Maodo mio… “avrei bisogno di carezze anch’io/Avrei bisogno di pregare Dio“, cantava qualcuno. Così, l’Olimpia bisognosa di carezze e di appigliarsi a qualche divinità trascendente di un paio di settimane, oggi si trova di nuovo a guardare con fiducia al suo futuro.

E lo fa grazie anche a una prova maestosa del suo play tedesco. La vittoria si è concretizzata per 93-71.

Proviamo a raccontare la notte della Stark Arena, l’ennesima serata magica degli ultimi anni contro la Stella Rossa.

Davidovac e il diritto di carburare

L’Olimpia si avvale all’inizio del diritto di carburare. La Stella Rossa comincia con un’idea tattica molto chiara e attacca il vulnus difensivo biancorosso in Mirotic in modo sistematico.

Interprete di questo spirito tattico è niente di meno che Dejan Davidovac, disciplinato tatticamente quanto spietato tecnicamente. Il serbo è grimaldello decisivo per il primo assaggio di match della Stella Rossa.

L’Olimpia cerca di dare direttrici più chiare alla sua gara, Messina mette Hall da ala piccola al posto del 33 montenegrino e qualcosa inizia a cambiare. Milano presenta un attacco attento e una difesa ordinata e riesce a imprimere ritmo alla partita.

Una volta disarcionata la Stella, sono però un paio di sanguinose disattenzioni nel finale di quarto a condannare gli sforzi della truppa di Messina. I serbi rubano palla e si involano, prima con Mitrovic, poi con Nedovic, a devastare il ferro. Poi, tre liberi di Teodosic firmano il -1 domestico.

L’inerzia però rimane biancorossa, sponda meneghina. Maodo Lo ha varcato il parquet con una personalità strabordante dal primo minuto, persino un guizzante Bortolani è vivace supporto alla causa.

La squadra riprova a costruirsi un vantaggio serio, ma, se la Stella Rossa continua a subire tatticamente la gara, non sembra mancare di mordente emotivo per lottare contro il tentativo di egemonia ospite. E, infatti, il copione di fine secondo quarto è molto simile a quella primo.

L’Olimpia perde palla e i padroni di casa approfittano. Teodosic si rende autore di una derapata balcanica su Tonut e conclude il primo tempo con una tripla di veemenza slava. La Stark Arena impazzisce, i milanesi si trovano improvvisamente e immeritatamente sotto.

Distillato di talento

L’onda lunga della bomba di Milos è quello di un secondo tempo che comincia all’insegna del restringersi della bolgia serba di Belgrado attorno al campo. Un paio di iniziative positive serbe e un attacco milanese povero di spunti sono soltanto illusori per Sfairopoulos.

Perché spettatore non pagante della gara è stato fino a quel momento Nikola Mirotić.

L’Olimpia chiude la sua difesa e apre al talento del suo fiore all’occhiello. L’ex Barcellona sublima il suo talento, ma si lascia coinvolgere nella partita anche e soprattutto in difesa. Segnali fondamentali il suo gettarsi su un recupero prima e addirittura fermare Teodosic in isolamento sul cambio difensivo poi.

È in questo momento che Milano trae tutto il beneficio possibile dai suoi talenti, ha il merito di cavalcarli, loro che sono capaci di inventare dei canestri fuori dalla logica di questo sport.

Mirotic è l’elogio della banalità del talento, con tutta la normalità di un trentaduenne con pochi capelli mette a segno un paio di conclusioni strepitose che saranno suo contributo unico e imperituro per l’intera serata, mentre Maodo Lô è l’incarnazione di Alessandro I Re di Jugoslavia, eminente signore degli slavi del Sud.

L’ex Bayern costruisce immaginari e dipinge orizzonti, frustando la difesa della Stella Rossa oltre ogni logica attesa. Ma ancora la Stella Rossa si fa sentire, l’ambiente torna ostile, e lì è Shavon Shields che si assume il compito di estinguere la paura. Il danese scarica due triple pesantissime e tramortisce la truppa di Sfairopoulos. Milano festeggia e dilaga.

Lo e i suoi fratelli

La gara di Lô è stata inevitabilmente un dono inestimabile. Il tedesco ha firmato 32 punti, con 38 valutazioni e 6/7 dall’arco, mostrando tutte le sue qualità di scombinatore da Eurolega che lo rendono un pezzo molto utile al modo di giocare di questa Olimpia.

Lô segna, non genera ma regna. Pur nel luccichio di questa performance rimane una risposta sola relativa al deficit di regia biancorossa, non essendo un regista puro. Ma, quindi l’Olimpia può avere successo anche senza una vera point-guard?

Le gare delle ultime settimane stanno dicendo che non è uno scenario impossibile. In fondo, se la qualità di squadra cresce, le fonti di gioco cui appoggiarsi ci sono eccome, almeno in termini realizzativi. A differenza dell’anno scorso senza play, ci sono Mirotic e Shields e un veterano di EL come Lô, e tutto sommato non è poco. Non sarà lo stesso di avere un direttore d’orchestra riconoscibile, ma magari quello arriverà più avanti come ciliegina sulla torta.

L’Olimpia vince a Belgrado in una serata di grazia al tiro (17/27 per un mostruoso 63% dall’arco), ma lo fa anche con vari segnali molto incoraggianti. L’attitudine e la forza mentale, la collaborazione di squadra, la comunicazione vista anche in timeout collettivi, che non è la prima volta che si sono notati di recente.

Ci sono dei buoni equilibri, ci sono dei meccanismi, un Melli molto più a suo agio e coinvolto, un Bortolani da 8 punti in 7′. L’avversario, un po’ in difficoltà in quest’inizio di stagione, non era dei più sfidanti, ma il trend è in crescita: oggi Milano si può guardare allo specchio e vedersi bella. Direi che questa è già una grande notizia.

Photo credit: Olimpia Milano Facebok e olimpiamilano.com

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