Valencia le prova tutte ma il Real si prende pure la Fonteta

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Real che passa anche alla Fonteta e serie positiva che si allunga a 18 vittorie tra Eurolega (7/0), Liga (9/0) e Supercopa (2/0).

Quando il Real arriva alla Fonteta non è mai una serata come un’altra.

Sfidare “il club più importante al mondo” non può in alcun modo essere banale e se lo stesso rivale arriva da un serie aperta di 17 vittorie consecutive in stagione, di cui 6 in Eurolega e 9 in Liga, oltre alle 2 in Supercopa, la voglia di grande impresa cresce esponenzialmente.

E la memoria va, sempre e comunque, a quel magico 2017 che prima vide la sconfitta in finale di Copa del Rey contro i “blancos” vendicata poi dal 3-1 con cui la squadra allenata dal maestro Pedro Martinez batté il Real di Pablo Laso in finale di Liga.

Erano gli anni di San Emeterio, di Dubljevic, di Sikma, di Van Rossom e di Will Thomas, tutta gente che oggi non veste più il “taronja”: la rivoluzione estiva a firma Luis Arbalejo ha portato alla costruzione di una squadra che ha iniziato molto bene agli ordini di Coach Mumbrù. 5/1 prima della trasferta milanese in cui si è potuto poco, tra assenze chiave e presenze debilitate.

L’appuntamento è di quelli da segnare col circoletto rosso e Valencia parte fortissimo, ci prova sino in fondo ma deve cadere (73-76) di fronte all’attuale armata invincibile “blanca”, non brillantissima ultimamente ma comunque vincente.

LA GARA

I primi due quarti sono lo show di Brandon Davies: 20 punti con un solo errore al tiro, oltre a 2 assist e ad una stoppata. Il tutto portando a spasso Tavares, cosa non esattamente comune in generale e nei duelli passati tra i due.

Madrid attende, sorniona, pare quasi che sappia quando e dove colpire, anche correndo qualche rischio di troppo. Colpirà proprio “la montagna più alta di Capoverde” con 4 stoppate dopo l’intervallo nel solo terzo quarto, delle quali 2 silenziano Davies, reso innocuo a 2 soli punti (1/7 dopo il 9/10 iniziale).

I 49 punti “taronja” del primo tempo sono un ricordo, il Real è imbattuto perché sa vincere davanti e dietro.

Il finale, dopo tanto equilibrio col massimo vantaggio locale ad 8 punti, quello esterno a 5, è uno scambio di colpi tra Chris Jones e Mario Hezonja, prima che il Facu decida che la 18ma deve avere il suo marchio.

LE CHIAVI

La chiacchierata nell’intervallo deve essere stata estremamente chiara nello spogliatoio delle “merengues”. Clamoroso il cambio di attitudine della squadra: disattenta e sicura di sé oltre i limiti di rischio nei primi 20′, feroce nello sfruttare ogni occasione negli ultimi due quarti.

Madrid non è brillante come nelle prime settimane di stagione, è ovvio che uno forzo quale quello attuale ammetta passaggi meno eclatanti, tuttavia la gestione dei minutaggi di Coach Mateo esplora ognuna delle tantissime soluzioni disponibili. Tutti sul parquet dai 5’46” di Abalde ai 23 del solito, efficacissimo, Gaby Deck, con le eccezioni oltre i 29′ per Campazzo e Tavares, l’asse che vuol dire vittoria.

Valencia lotta e lo fa con ottimi valori, come quasi sempre accaduto da inizio stagione. E’ ovvio che si tratti di un roster corto per primeggiare in due competizioni come EL e Liga, non è una novità ed infatti lo sguardo è attento sul mercato.

Sono mancate, oltre alla forma non perfetta di Jones, le accelerazioni, a volte pure disordinate, di Jared Harper.

MVP

E’ quasi noioso ormai parlare di Facundo Campazzo.

In uno stato di forma devastante per i rivali, ha in mano la “casa blanca” in modi e tempi favolosi.

15, mettendo gli ultimi 4, decisivi, cui aggiunge 5 assist, 5 rimbalzi e 6 falli subiti in 29’51” durante i quali il Real dice +12, dato mica da ridere in una gara così tirata.

Se esiste un appunto che si possa fare oggi alla squadra di Mateo è decisamente legato proprio al Facu, anche se detta così sembra una follia. Con lui è un Real, senza è una squadra diversa e molto meno efficace. Facile, direte voi, se hai Campazzo, ma il tema è evidentemente quanta sia quella differenza e crediamo che si tratti dell’aspetto del lavoro più grande sul quale il Coach sta lavorando in ottica grandi traguardi.

Certo che se nei momenti difficili hai gente come Hezonja che mette canestri come quello del 68-70, se per tutta la gara hai Deck che è efficienza pura, se Tavares soffre per 20′ e poi torna dominante, diciamo che cercare l’MVP a volte diventa questione di condivisione.

Brandon Davies è… Brandon Davies. Semplicemente paradisiaco in alcune esecuzioni offensive, tende poi un po’ a sparire quando il coefficiente di durezza fisica ed atletica si alza. Ed a rimbalzo resta un fattore assai limitato. Ovvio, non ci fosse lui Valencia crollerebbe, su questo non ci sono dubbi.

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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