L’Olimpia Milano vuole correre verso le Final 4

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La nuova Milano è una squadra creata per correre, attaccare, divertire: l’obiettivo Final Four di Eurolega per Messina passa dal ritmo offensivo.

L’attacco vende i biglietti, la difesa vince le partite”: quante volte abbiamo letto o sentito questo luogo comune che negli anni si è rafforzato al punto da essere considerato un dogma indiscutibile sul quale la pallacanestro, soprattutto nostrana, si fonda. La tendenza delle ultime stagioni in Europa ci dice però che fare canestro è importante tanto quanto una difesa tenace; la regola principale di questo gioco d’altronde è quella di infilare la palla nel cesto una volta in più del proprio avversario. Coach Ettore Messina per esempio, con grande lucidità, ha capito che l’attacco della sua Olimpia Milano la scorsa stagione non girava per il meglio e nonostante un impianto difensivo come sempre solidissimo qualcosa andava cambiato: l’aggiunta di Shabazz Napier il 28 gennaio del 2023 ha rappresentato la scintilla grazie alla quale il motore della squadra ha cominciato a viaggiare ad alti giri. L’arrivo dell’ex U-Conn infatti non ha solo permesso di recuperare giocatori ieri ai margini e oggi indispensabili come Johannes Voigtmann – rendendo il pick ‘n’ pop fra i due l’arma forse più letale della Milano scudettata – ma ha di fatto influenzato lo stile di gioco milanese da quel momento in poi e la scelta delle pedine del nuovo roster in quest’ultima estate, tutte con un punto in comune: la capacità di correre il campo. Proprio al ritmo – o pace per utilizzare un termine conosciuto ai più – la nuova Milano di Messina ha legato la qualità del suo attacco, che tanto più diventa efficace quanto più il numero di possessi si alza.

La velocità d’esecuzione come strumento per un attacco efficace

Ritmo e qualità dell’attacco non sono due concetti per forza di cose correlati – l’Olympiacos di Bartzokas arrivò quint’ultimo per pace nella passata edizione di Eurolega – ma le caratteristiche di alcuni perni biancorossi si sposano perfettamente con l’efficacia della transizione e di un attacco a metà campo giocato entro i primi 12/13 secondi. Le statistiche avanzate non dicono tutto se non vengono accompagnate dell’eye test (e viceversa) ma sia l’occhio che i numeri in questo caso confermano che più Milano corre più le probabilità di successo si alzano; per esempio la passata stagione il 6° quintetto più utilizzato da Messina in Eurolega è stato composto da Napier, Tonut, Luwawu-Cabarrot, Voigtmann e Melli: nei 26.3 minuti totali di impiego ha viaggiato a 71.3 possessi medi a fronte dei 68.0 che hanno rappresentato la media stagionale, producendo 123.4 punti su 100 possessi (offensive rating medio stagionale poco più di 108.0), dati clamorosi che mettono i meneghini ai vertici europei (fonti ww.hackastat.eu e http://www.3stepsbasket.com). Chiaramente il campione è limitato per esprimere un giudizio lapidario, ma non è un caso che le sei vittorie consecutive che avevano ridato speranze di conquistare l’ottavo posto in Eurolega siano arrivate con questo nuovo assetto incentrato sul gioco a due di Napier palla in mano.

Voigtmann, Melli e Shields: le armi dello scudetto dell’Olimpia Milano

La gestione del pick ‘n’ roll è stato l’aspetto decisivo del finale di stagione milanese: se Melli ha sfruttato al meglio la capacità di attirare i raddoppi da parte della sua point guard, utilizzando come nessun altro in Europa lo slip, ovvero la finta di blocco per tagliare diretto a canestro, il vero beneficiario, come detto in precedenza, è stato Voigtmann, MVP oscuro della post season dell’Olimpia. Le sue qualità di tiratore hanno reso quasi impossibile i closeout per i lunghi avversari, mentre le sue doti di passatore e palleggiatore hanno aiutato tantissimo la transizione della propria squadra. A tutto questo si è aggiunto il recupero fondamentale di Shavon Shields, che nella finale scudetto con la Virtus è stato aiutato da questo sistema potendo sfruttare il suo 1 contro 1 dal mid-range e trovando con continuità la via del canestro.

Shields in azione contro Tortona (fonte: Olimpia Milano)

La partenza di Napier e la fiducia in Pangos

L’Olimpia dunque ha giustamente deciso di proseguire su questa linea anche per la costruzione del roster attuale, affiancando a Melli e Voigtmann centri altrettanto capaci di percorrere i 28 metri in pochi secondi come Caruso, Kamagate e soprattutto Poythress. Le conferme di Tonut e Baron, l’arrivo di Flaccadori e il ritorno in pianta stabile di Bortolani hanno aggiunto ulteriore corsa e trattamento del pallone in campo aperto: chiaramente l’idea è nata avendo in testa il rinnovo di Napier che però, un po’ a sorpresa, ha optato per una Stella Rossa mai come in questa occasione a caccia di uno dei primi otto posti. Nel frattempo la mancanza di valide alternative a Pangos ha fatto sì che al play venisse concessa un’altra chance per dimostrare il suo valore, soprattutto con a disposizione una squadra potenzialmente perfetta per le sue peculiarità; già perché le qualità del canadese come creatore dal pick ‘n’ roll e la puntualità nel servire con passaggi diretti/lob il rollante rappresentano sulla carta quel pezzo mancante che il coaching staff andava cercando. Dopo la recente semifinale di Supercoppa, giocata obiettivamente sottotono, gli sono piovute addosso critiche che hanno alimentato i dubbi sulla sua consistenza, ma se si guarda più in profondità si scopre nei suoi 23 minuti in campo il numero 5 ha generato un +2.6 di net rating, mentre durante la sua permanenza in panchina il differenziale è sprofondato a -20.1.

La scelta di Maodo Lo come segnale di continuità

Tutto ciò ci dice in primis che Kevin Pangos va aspettato e in seconda battuta che un giocatore adattato al ruolo di playmaker come può essere Devon Hall difficilmente riuscirà a mettere in ritmo dei compagni che vivono di movimento senza palla. L’EA7 per questo non si è guardata troppo allo specchio ed ha messo sotto contratto il miglior free agent che potesse avvicinarsi a Napier come stile di gioco, ovvero Maodo Lo, che per capacità di costruirsi un tiro da fuori e velocità nell’arrivare al ferro lo ricorda molto. Il tedesco, fresco campione del mondo, ha fatto parte della miglior franchigia per pace nell’ultima Eurolega, l’Alba Berlino, e la sua frequenza al ferro (arrivato nel pitturato 103 volte, un’enormità per un esterno) è quanto di meglio si potesse sperare per aprire il perimetro ai tiratori a disposizione di Messina. In poche parole, il duo Pangos-Lo rappresenta una più che discreta cabina di regìa per una delle migliori (forse la migliore?) frontline del continente: di certo va concesso ad entrambi del tempo e la possibilità di sbagliare almeno nel primo periodo.

Mirotic da 3 come scelta risorsa tattica

E’ innegabile però che il colpo dell’estate non possa che essere Nikola Mirotic, arrivato apparentemente come occasionissima irrinunciabile nonostante l’abbondanza di lunghi nel roster, ma la realtà potrebbe dirci altro. Il montenegrino aggiunge perimetralità e fisicità soprattutto per il ruolo che, in assenza di sostituti naturali per Shields, Messina sembra volergli cucire addosso ovvero quello di 3 o, se vogliamo definirlo alla vecchia maniera, ala piccola. Vero, proviene da una squadra che camminava (Barcellona 17° per pace nel 22/23), ma che al suo primo anno in Catalunya, con Pesic allenatore, volava rispetto alle edizioni di Jasikevicius. Mirotic dunque non per forza rallenta il gioco di Milano ma, anzi, i set costruiti per lui – su tutti il blocco verticale lontano dalla palla con Melli bloccante, ma anche situazioni di stagger orizzontali per la sua uscita in ala o l’empty corner pick ‘n’ roll giocato con il play – sono veloci ed utili per liberarlo al tiro in pochi secondi: la presenza di Voigtmann, Baron o Shields sul lato è un ottimo modo per sconsigliare qualsiasi tipo di flot o aiuto. Senza dimenticare, chiaramente, i suoi isolamenti in post, che più avverranno entro i primi 6/7 secondi dell’azione e più saranno efficaci. Tornando alla gara del Pala Leonessa di pochi giorni fa, due dei quintetti più performanti per l’Olimpia sono stati questi:

  • Pangos-Shields-Mirotic-Ricci-Melli: in soli 2.6 minuti in campo insieme questa lineup ha realizzato 11 punti registrando un pace di 77.4
  • Bortolani-Shields-Mirotic-Melli-Voigtmann che ha prodotto 10 punti in 3.3 minuti con il 73.6 di pace e ha dato il via alla momentanea rimonta.

Come detto in precedenza il minutaggio di questi schieramenti, soprattutto inizialmente, non può dare un’indicazione definitiva ma può segnare una inversione di tendenza rispetto al passato e, in particolare nel secondo caso, la marcatura straordinaria in single coverage di Voigtmann su Milutinov nella finale dei Mondiali potrebbe essere la chiave per avere una squadra leggera che allo stesso tempo non vada sotto nella metà campo difensiva.

La stagione milanese passa da Stefano Tonut

C’è un uomo che più di qualsiasi altro potrebbe rivelarsi il metronomo dell’Olimpia 23/24 e risponde al nome di Stefano Tonut, che è stato fatto dal sarto per giocare questo tipo di pallacanestro. La grande FIBA World Cup disputata ha sicuramente ridato fiducia ad un ragazzo decisivo per gli scudetti di Venezia ma che non è mai riuscito a trovare continuità con Milano soprattutto in Europa. Quest’anno invece la scelta di ridurre al minimo l’acquisto delle shooting guard ha rappresentato un segnale di fiducia inequivocabile dell’ex allenatore del CSKA verso il triestino che ha atletismo, stazza e primo passo forte per spaccare le difese anche ad altissimo livello. Pozzecco ha trovato il modo ideale per metterlo in ritmo grazie a numerose varianti del set “pistol” e anche in queste primissime partite sembra che l’intenzione di Messina sia chiamare per lui e per Giordano Bortolani questo tipo di giochi. Il resto lo farà la sua debordante accelerazione dal palleggio in transizione, fondamentale nel quale è secondo a pochissimi. Dove va Tonut, parere personalissimo di chi scrive, andrà la stagione milanese.

Attacco e difesa come facce della stessa medaglia

Per concludere, mai come quest’anno potremmo vedere una Milano scintillante nella metà campo offensiva ma che, in pieno stile messiniano, non rinuncia alla sua natura difensiva. Attacco che genera difesa; difesa che genera attacco: entrambi vendono i biglietti ed entrambi vincono le partite, quelle necessarie per arrivare fino a Berlino.

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