Gherardini: Lo sport verrà colpito duramente ma sarebbe un errore restare tristemente passivi, ci vuole realtà ottimista

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Maurizio Gherardini, GM del Fenerbahçe, è stato sopite della nostra diretta settimanale #eurodevotionlive.

Tantissimi temi trattati, molto equilibrio nel farlo, ma soprattutto alcune posizioni molto chiare sul panorama generale della situazione in Turkish Airlines Euroleague.

 

 

Sulle decisioni delle ultime riunioni di Eurolega, poi a volte trattate diversamente a mezzo stampa da alcuni protagonisti…

«La forza  dell’Eurolega è stata ed è la capacità di scegliere e decidere insieme. La discussione sulla situazione attuale è stata condivisa. Il piano di lavoro è concordato nella massima trasparenza. La priorità è la salute dei protagonisti e di tutti».

«Cerchiamo come ogni organizzazione di proteggere gli assets economici del nostro prodotto. Minimizzare il danno della crisi pandemica è fondamentale. Ma oggi abbiamo mille questioni che non hanno ancora una risposta, dipenderà dal futuro».

«Decidiamo cercando di raggiungere l’unanimità, altrimenti vi è una maggioranza, che rispetta le idee costruttive di chi non è d’accordo. Ma sul voler riprendere la stagione non ci sono stati “se” e “ma”, la fotografia della posizione dei club è omogenea, tutti conoscono bene la situazione».

 

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«Durante l’ultima riunione, sulla volontà di riprendere la stagione non ci sono stati né se, né ma»

 

 

Sulle anomalie di mercato se si dovesse giocare fino a luglio inoltrato…

«Il mio parere è che anche questo faccia parte di una sfera che ad oggi è ancora tutta da vedere. Nessuno ha certezze, c’è un’imprevedibilità tale da obbligarci a piccoli passi. Non è chiaro in NBA, che pensa a riprogettare su dicembre, non sanno nulla le leghe europee che parlano di novembre e dicembre… Dovremo adeguarci proteggendo i protagonisti, l’economia del prodotto e tutelare gli interessi dei tifosi, che tengono in piedi quel prodotto».

«Lo sport del futuro richiederà una maggior flessibilità ed un sapersi adeguare attraverso l’interpretazione corretta dei tempi che verranno».

Sul “bene comune”, tanto menzionato, ma poi…

«E’ questione di tempo. Il mondo sta vivendo uno stato di sofferenza che ci obbliga a considerare le cose in modo diverso rispetto a prima. Anche lo sport verrà colpito duramente, a partire dal dubbio sulla futura partecipazione dei tifosi, che sono una delle chiavi del successo. E’ un processo, stiamo capendo che l’evoluzione è continua nei numeri, nelle possibilità come nelle negatività. Tutti si renderanno conto, con la voglia di lottare per lo sport, ma tante di questi desideri saranno determinanti da ciò che ci sarà permesso nei prossimi mesi e che oggi non sappiamo».

Un consiglio per arrivare pronti, con cambiamenti che saranno drastici…

«Può essere l’occasione per chiunque gestisce di riconsiderare tante cose, per cambiare, per rivoluzionare. Il momento di riflessione va sfruttato e dobbiamo ragionare su quanto vissuto e capire cosa si può fare meglio. Sarebbe un errore se restassimo tristemente passivi, ci vuole reattività ottimista. Dobbiamo migliorare».

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«Sarebbe un errore se restassimo tristemente passivi, ci vuole reattività ottimista»

 

 

 

Sugli esports, se minaccia o integrazione del business sportivo…

«Sono andato a vedere la finale turca, pur non sapendone niente e come pesce fuor d’acqua, visto che il più vecchio presente aveva 25-30 anni… Grande stupore per l’atmosfera e la partecipazione! Hanno numeri importanti e spero che sia un’integrazione, sfruttando in maniera sempre più importante ciò che deriva dalla tecnologia. I tifosi guardano lo sport ormai in maniera diversa, dobbiamo capire come lo seguono i millennials, ma non posso pensare allo sports senza partecipazione fisica, senza avere il tifo all’evento, con la chiave dell’adrenalina che si sviluppa. Dietro uno schermo può essere ok in emergenza, ma non credo per sempre».

Sull’apporto futuro dei proprietari e sull’eventuale allargamento del gap tra club più ricchi e molti con meno disponibilità…

«Il programma di EL non cambia. Siamo orgogliosi del nostro “financial fair play”, dobbiamo ragionare sui tecnicismi riguardo una stagione particolare. Per aver successo nello sport devi cercare di rendere sostenibile l’attività di un club. Devi spendere le risorse che hai e diminuire la possibilità di generare perdite. In questa situazione tutti si stanno rendendo conto che i numeri saranno diversi, ci vorrà più attenzione e precisione. Non credo che aumenterà il gap, anche se comprendo il timore che accada. Ci sarà una riparametrazione globale».

Sulla rinegoziazione dei contratti: necessaria o no?

«Questo rientra nelle domande alle quali oggi non c’è ancora risposta. Di certo saremo di fronte a club che avranno budget molto diversi da quelli attuali».

Sul lavoro di GM e sui principi che lo guidano…

«Dopo 39 anni da GM, il segreto è un insieme di fattori. Di certo la chiave è la passione, che ti dà la carica per affrontare responsabilità, decisioni… Vivo il basket 24/7, sono un privilegiato che ha la fortuna di vivere e fare basket, non mi pesa per nulla. Tra quelle fortune c’è quella di aver avuto allenatori e giocatori incredibili, ho cercato di metterci un po’ di mio e la fortuna dipende anche dalla macchina che stai guidando».

«Io parlo a volte ai giovani e cerco di spiegare la mia carriera. Sembra semplice ma non lo è  trasmettere l’idea che bisogna essere mentalmente disponibili alle piccole cose, ad imparare. Avere la curiosità di capire tutto ciò che ci circonda, se hai passione lo fai. La cosa più importante della mia vita? I primi otto anni alla Libertas Forlì. Facevo di tutto: il segretario, l’allenatore di minibasket, studiavo i regolamenti… Sono cose che ti sono utili e ti seguono per tutta la vita. Ma all’inizio è sempre passione, passione, passione».

Sull’esperienza americana ed il ritorno in Europa magari con prospettive ed orizzonti differenti…

«E’ un mondo lontano da quello a cui ero abituato. Ho imparato come vivere diversamente uno sport, il loro concetto business di una lega commerciale. Ho appreso a che livelli si può arrivare nel perfezionare i settori del tuo business. A qualunque livello serve. Con Colangelo presidente a Toronto fummo i primi ad avere due persone che lavoravano solo sui numeri. Oggi lo fanno tutti. Penso anche all’organizzazione sanitaria e riabilitativa, oggi sviluppatissima. Tanto di tutto ciò non ci è permesso in realtà più piccole come l’Europa, ma non è una buona ragione per non provare a far meglio, come ho certato di fare rientrando in Europa. Messina immagino cerchi di fare a Milano tanto di quello che ha preso a San Antonio».

 

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«Immagino che Messina cerchi di fare a Milano tanto di quello che ha appreso negli anni a San Antonio. Ha organizzato l’Olimpia in modo molto curato»

 

 

Su un eventuale coppia con Messina…

«Posso solo dire che tre anni con Ettore a Treviso sono stati pieni di buoni risultati. Non scopro io quanto valga. A Milano ha organizzato tutto in modo molto curato, conosco Christos, organizzatore eccellente. Lavorare con Messina, come con D’Antoni, con Obradovic, con Blatt… Hai più chances di aver successo ed anche la possibilità di imparare tantissimo».

Obradovic e le sue dichiarazioni di avere come priorità futura il Fenerbahçe…

«Bell’assist alla società, senza dubbio. Ma tutti i club stanno cercando di inquadrare i tempi e capire i numeri che si svilupperanno. Il messaggio però è stato chiaro. Servono giorni per digerire tante cose, il club sta certamente valutando quel messaggio di Zeljko».

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«Il messaggio di Zeljko è stato chiaro. Il club lo sta certamente valutando»

 

 

Sulla sua previsione a settembre, ovvero che 16-17 vittorie sarebbero state sufficienti per fare i Playoff di EL e che sarebbe stata una stagione durissima per tutti…

«C’è stato un incremento della qualità media di tutti i club, con maggiori investimenti da parte di molte squadre. Sono stati formati roster con sulla carta la possibilità di arrivare a quell’ottavo posto. Chi aveva scricchiolato negli anni precedenti è diventata realtà molto più solida. Sapevo dei nostri problemi di partenza al Fenerbahçe, ma non mi riferivo solo alla nostra posizione. Quando ci siamo fermati avevamo ancora circa otto squadre in corsa per la postseason. Ero certo che col 50% di W si sarebbe entrati».

Sulla necessità di un punto di incontro tra EL e FIBA…

«Sono tematiche molto importanti che vanno sviluppate dalle persone giuste nelle sedi giuste. Non voglio aggiungere confusione con dei commenti. Sono temi sul tavolo da tempo che la situazione attuale potrebbe evidenziare in maniera più importnate. Noi come EL siamo contenti del nostro cammino, ci siamo imposto come progettualità, i numeri sono incontestabili, abbiamo avuto la stagione più eccitante, ma i problemi sono lì e riguardano la programmazione generale del basket. Arriverà il momento in cui verrà discusso».

Sulla stagione del Fenerbahçe, i problemi avuti e la possibilità di piazzare la zampata se si riprendesse…

«Sul tuo €urino che giocheresti su di noi ricordo solo che tra tanti problemi l’unico titolo in palio in Turchia l’abbiamo vinto noi… Quando si è interrotta la stagione ci sentivamo in grande crescita. Ci trovavamo in maniera diversa, carburavamo in maniera diversa, difendevamo in maniera diversa. Sapevamo di avere problemi fisici coi lunghi titolari, speravamo di recuperali presto e così non è stato. Tra i cinque dei mondiali ne abbiamo avuti indietro due con problemi importanti. Eravamo consci di dover iniziare con 7 trasferte nelle prime 9 gare. E’ stato difficile metter l’orchestra tutta sullo stesso piano, ci sono stati momenti non facili e c’è voluto più tempo. Ma in questo “rollercoaster” stavamo crescendo. Non dimentichiamo che abbiamo perso due “giocatori collante” come Melli e Guduric, rari nel panorama europeo perché sanno fare tutto come pochissimi altri. In tutto questo al momento della sosta pensavamo di poter fare lo sgambetto a qualcuno…»

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«Ricordo che l’unico trofeo assegnato sinora in Turchia nel 2020 lo abbiamo vinto noi…»

 

 

 

Su Obradovic, unico Coach di alto livello che non ha avuto esperienze da assistente allenatore…

«Da milanese dovresti ricordare che anche Mike non ha fatto molti anni da assistente allenatore… Zeljko, Mike e Sarunas, sono grandi menti cestistsiche. Zeljko è grandissimo, Mike ha impattato la storia tecnica della NBA. Ed anche con Saras ci sono grandi similitudini. Sono stati tutti grandissimi giocatori e grandissimi playmaker. Tutte insieme, queste cose ti aiutano a diventare un grande Coach. Non è automatico ma sei aiutato nell’interpretare i gioco, anticiparne le decisioni. Non è un segreto la loro stima reciproca, l’apprezzamento vicendevole del lavoro».

Su “The Last Dance”: mai dovuto gestire tipi alla Rodman?

«Nella carriera di un GM succede, ma non è facile condividere certi aspetti interni di una vita di squadra. Però sì, li ho avuti anch’io. Mi è capitata una situazione simile, ma non avevo Michael Jordan che andasse recuperare il giocatore in hotel a Las Vegas…. Ho scelto allo stesso modo, concedendo una vacanza mentale per il meglio della squadra. Bisogna interpretare il momento. Mentre parliamo guardo sul muro la maglia di Kukoc, penso a Jerry Krause, ai commenti di Toni… Un aneddoto? Definita la trattativa per Kukoc a Chicago, guardavo Krause e pensavo di aver davanti il più grande GM NBA. Mi volle nel retro del suo ufficio, ne ero colpito, ed estrasse una pizza che voleva condividere in un gesto simpatico dopo aver chiuso un accordo importante».

Sui titoli vinti, 42 Zele e 27 Maurizio: si proseguirà insieme, non necessariamente dove si è oggi..

«Meglio non guardare i numeri. Credo che anche questa sia una di quelle risposte che oggi richiedono tempo. Alla base c’è un grandissimo rapporto di amicizia e rispetto, ma bisogna valutare tante cose. Lavorare con lui è un’occasione unica, ma dobbiamo vedere come le cose matureranno. La sua passione è uguale alla mia, viviamo di questo pallone, lui vuole vincere il 43mo, io il 28mo»

Sul consiglio ricevuto da Toni Cappellari che lo spinse ad accettare l’offerta di Benetton…

«Credo che Toni, oltre che un amico, sia stato per anni la figura di riferimento. A lungo il miglior manager italiano, che in quel momento voleva dire esserlo anche in Europa. E’ stato molto avanti rispetto ai tempi. Lavoravo in banca ed alla Libertas Forlì, dovevo scegliere e sentire il parere di persone che stimavo fu fondamentale per una decisione che mi ha cambiato la vita. Quindi devo ringraziarlo ancora».

Su un consiglio Gandini per il rilancio di LBA…

«Umberto è un dirigente di qualità che non ha compito facile anche perchè non è il suo sport di prima. Se devo dire qualcosa direi di focalizzarsi sul controllo attento della qualità dei club dal punto di vista della sostenibilità. Dobbiamo avere dei club sani».

Su Sloukas e sulla presenza o meno di un clausola di uscita alla fine di questa stagione…

«Non è che non lo possa dire, ma in questo momento capisco che i tifosi vogliano notizie, la vostra volontà di dare contenuti ed anticipazioni, ma la maggior parte delle volte non vi è alcun fondo di verità. Non mi sorprende che vi sia interesse su Kostas, uno dei migliori play d’Europa, ma oggi sono notizie che non hanno fondamento».

 

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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