Euroleague Playoffs (pt. 4) | Olympiacos vuol dire continuità, Barça non solo rimpianti

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Barça, non possono essere solo rimpianti.

Perdere una gara 5 in casa è ovvio che sia evento sportivamente tragico, soprattutto se si è sopravvissuti con un meritato 1-1 nella settimana spesa al Pace ed Amicizia, un palazzo dove l’Olympiacos nella realtà di pacifico ed amichevole propone poco ai rivali.

Questo Barça è squadra difficile da giudicare, più che altro perchè raramente ci ha fornito una versione che non fosse tutta bianca o tutta nera. Di grigio non se ne è visto e questo è quanto è veramente mancato in stagione.

Qualità altissima in diverse occasioni ma troppe le sconfitte suddivise in tutte le competizioni: 28 a fronte di 49 vittorie prima che inizino i Playoff nazionali. E quando queste sconfitte sono arrivate l’impressione è che fossero strameritate e figlie di un rendimento non sufficiente.

Analizzando bene la serie con l’Oly, specchio della stagione, si può però volgere lo sguardo ad un certo ottimismo.

I blaugrana non devono essere rivoluzionati, ma soltanto chiarire alcune gerarchie ed esplorare strade che ad oggi sono forse numericamente, ma non certo qualitativamente percorribili.

A livello di gerarchie la situazione delle guardie è evidentemente da capire e risolvere. Rubio, Satoransky, Laprovittola, Jokubaitis e Brizuela. Serve il “giocatore capo”, quello che nei momenti caldi di gara 5 avrebbe dovuto prendere in mano la situazione. Il talento non manca, ma la democrazia non è concetto troppo valido nello sport, anche se di squadra.

Willy non può giocare una serie così “soft”! Ha troppo talento per gettarlo alle ortiche in questo modo e forse una stagione di adattamento serviva. Basterà visto che la fuga precoce verso al NBA gli ha tolto le scazzottate di gavetta tipiche dell’Eurolega? Anche perchè Vesely non può far tutto da solo.

Jabari è apparso e scomparso nella serie un po’ troppe volte. Anche qui talento da vendere ma necessità di una certezza vicina nel ruolo. Fossimo dirigenza blaugrana faremmo carte false per Nik Melli, uno che porterebbe la durezza necessaria ad una squadra che ne gioverebbe immediatamente.

Globalmente il Barça ha futuro e necessita soltanto di accorgimenti, pertanto importanti, su un roster che di valori ne ha da vendere. Fare la rivoluzione sarebbe un errore marchiano, farsi prendere dal panico di una Final 4 mancata non sarebbe da dirigenti di categoria.

E Roger Grimau? Il dibattito è aperto.

Partiamo da una considerazione che appare logica: se dai la squadra ad un esordiente assoluto, non solo a questi livelli, sai bene che un certo rischio lo stai affrontando. E quel rischio può tornarti indietro anche nelle relazioni con l’ambiente, inteso come club di migliaia di soci e tifoseria.

Grimau non ha fatto male, anzi, tuttavia è normale che sia finito a volte schiacciato dal peso della mancanza di esperienza di fronte a vecchi lupi di mare che ne sanno una più del diavolo. Nulla di eclatante, sia chiaro, nessun “umiliazione tecnica”, però era normale che succedesse, soprattutto nella pronta lettura di alcune situazioni.

Il Barça ha giocato ben, spesso molto bene, nella sua migliore versione, mentre è scaduto molto in quella peggiore. Lo scapigliato Roger è l’uomo giusto? La scelta è di Navarro e non è semplice. A parere di chi scrive se si intraprende un percorso simile la cosa migliore è continuare, valutando cosa si può migliorare e, come detto sopra, senza alcuna necessità di rivoluzione.

In fondo va anche detto che la nuova tendenza in Eurolega è quella di allenatori meno “sergenti di ferro”. Sono cambiate le generazioni, non poteva esserne esente il basket, quindi una gestione in stile Grimau non dispiace affatto. Proprio a questa nuova generazione di giocatori. Perchè accantonarla?

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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