La nuova Virtus di Banchi: novità nella continuità

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L’estate della Virtus Bologna non è stata certamente di quelle più tranquille nella storia bianconera, iniziata con la delusione post Finals scudetto e terminata con l’addio tumultuoso di Scariolo: in mezzo il saluto con ricambiato affetto di Milos Teodosic, faro delle ultime 4 stagioni e idolo ad imperitura memoria della tifoseria. Proprio la partenza del serbo ha lasciato un vuoto carismatico e soprattutto tattico attorno al quale si sono create le incomprensioni tra allenatore e dirigenza; la sua mancata sostituzione con un creatore dal palleggio di pari livello ha rappresentato infatti uno dei motivi della celebre conferenza stampa di inizio stagione di Don Sergio, sintomo di un disaccordo che sembrava ormai covare da tempo. Per sostituirlo le V Nere si sono fiondate senza troppi indugi su Luca Banchi, miglior allenatore dell’ultimo Mondiale con la sua Lettonia e invocato da una fetta piuttosto numerosa di supporter bianconeri. Due mesi dopo la sua firma, la Virtus ha già messo in bacheca il primo trofeo stagionale, è prima in classifica in LBA ed è dietro al solo Real Madrid in Eurolega con 4 vittorie consecutive dopo la beffa casalinga con lo Zalgiris. Una partenza così positiva si potrebbe ricercare in un modo completamente diverso dal precedente, ma l’ex Olimpia con profondo rispetto per il lavoro del suo (grande) predecessore ha lavorato su set offensivi già efficaci apportando delle innovazioni in grado di esaltare le caratteristiche di alcuni giocatori: per motivi diversi oggi Alessandro Pajola, Marco Belinelli ma soprattutto Isaia Cordinier e Tornike Shengelia sono diventati imprescindibili per la nuova Bologna.

L’annuncio di Luca Banchi (profilo ufficiale X Virtus Segafredo Bologna)

Una squadra dalla grande efficienza

Il dubbio più grosso relativo al buco tattico lasciato dal mago di Valjevo guardando la struttura del roster era quello di non avere più un playmaker in grado di mettere in ritmo i tiratori e lunghi ma guardando i numeri si può notare come la Virtus oggi sia prima in Eurolega per numero di assist ogni 100 possessi (29.1) – quasi due in più rispetto al 2022/2023 – prima per efficienza (59.3%) e sesta per offensive rating (117.2, la passata stagione era a 109.2), segno di un attacco che sta funzionando. Tanto però sta incidendo anche la difesa che è passata dai 115.6 subiti ogni 100 possessi dello scorso anno ai 104.6 di questo: Bologna è così passata dall’essere ultima per net rating (-6.4) al podio della stagione in corso (+12.6) ed è innegabile che il cambio Jaiteh-Dunston abbia portato vantaggi in termini di rapidità laterale e verticalità, perfetti per una difesa che cerca in questo momento di cambiare il meno possibile e che può permettersi con due lunghi dinamici di fare show forte e recupero praticamente contro ogni avversario, ma che contemporaneamente è in grado sia accettare il cambio negli ultimi dieci secondi dell’azione, sia di spingere il palleggiatore verso rim protector di alto livello come Mickey, Cacok, Achille Polonara – che il mondo cestistico attende a braccia aperte – e lo stesso Dunston. Per fare un esempio, nella passata stagione il quintetto più utilizzato da Scariolo è stato quello composto da Teodosic, Hackett, Ojeleye, Mickey, Jaiteh (84 minuti di impiego) che ha prodotto un 122 di defensive rating, mentre in questa stagione Hackett, Cordinier, Belinelli, Toko e Dunston (17.9 minuti) ha abbassato il numero a 107.8. In questo contesto risultano fondamentali i “nuovi” ruoli di Cordinier e Shengelia, che sono diventati di fatto gli eredi tecnici, con straordinari risultati, di Teodosic.

La squadra riceve gli applausi dei tifosi dopo la vittoria di Napoli (profilo ufficiale X Virtus Segafredo Bologna)

Il dominio tecnico (e non solo) del nuovo Cordinier

Negli ultimi anni il film ispirato alle vicende di Billy Beane “Moneyball” ha contribuito a cambiare radicalmente il modo di approcciare allo sport e in particolare alla costruzione di una squadra. Nel caso degli Oakland Athletics Beane, interpretato da Brad Pitt, nel 2001 perso il lanciatore titolare e con un budget limitato che gli impedisse di trovarne uno alternativo, si basò sulle statistiche avanzate per “crearne” di nuovi nonostante giocassero in altri ruoli e, se vogliamo, è un po’ quello che Banchi ha compiuto con l’ala francese ed il lungo georgiano. In estate la Virtus ha completato il reparto esterni con Jaleen Smith, grande attaccante ma non creator naturale e così Banchi, ereditando una squadra non sua, ha cambiato i punti di riferimento responsabilizzando due giocatori meno sfruttati come passatori nelle stagioni precedenti. Per prima cosa Isaia Cordinier è stato spostato in posizione di 2 riproponendo Belinelli come ala piccola titolare. Il gioco più utilizzato, soprattutto con il quintetto base, rimane il cosiddetto “23”, ovvero il double stagger sviluppato da Scariolo, con Hackett a portare la palla: a uscire dai primi due blocchi in modo speculare a Teodosic stavolta però c’è proprio Cordinier a cui viene affidato il compito o di liberare il secondo tiratore o di attaccare il ferro, con un’esplosività del tutto differente rispetto al serbo. L’ex Nanterre dunque, non è più solo lo spot up shooter o il tagliante che siamo stati abituati a vedere fino ad ora, ma diventa il primo creatore per la squadra e questa trasformazione sta giovando in maniera clamorosa alla stagione sua e della Virtus: rispetto al 22/23 Cordinier viaggia a quasi tre assist di media in più (da 1.5 a 4.2!) riuscendo a tenere pressoché invariato il numero delle palle perse (solo 1.4). Nonostante il ruolo da regista sia diventato più preponderante nel suo gioco (il 21% dei suoi possessi) la sua capacità di fare canestro è addirittura migliorata, infatti la possibilità di attaccare palla in mano anche dalla transizione – aspetto nel quale risulta straordinario – lo ha portato da 6.6 punti di media a 11.2 arrivando molto più in area rispetto al passato (3.8 tentativi nella restricted area contro i 2.3 del 22/23). La trasformazione da comprimario di lusso a leader di una delle squadre più in forma del momento rende, ad oggi, Isaia Cordinier uno dei potenziali MVP della competizione.

Il miglior giocatore d’Europa

Chi un premio di MVP lo ha già vinto è Tornike Shengelia, incoronato miglior giocatore del mese dalla Turkish Airlines Euroleague, grazie ad un ottobre praticamente senza precedenti: dopo gli anni d’oro del Baskonia si pensava che Toko avesse imboccato – come insegna Stefano Belisari, in arte Elio – il sunset boulevard della propria carriera ed invece in poco tempo sono tornati tutti a gridargli “fenomeno!” , sostantivo che rappresenta perfettamente il periodo che sta vivendo. I numeri d’altronde fanno impressione: sono 18.5 i punti di media, vetta mai toccata prima d’ora, accompagnati da 4.8 rimbalzi, 4 assist, +12.3 di net rating ma soprattutto un sensazionale 52% da 3 con 3.4 tentativi a gara, più del triplo della stagione precedente. Anche in questo caso Luca Banchi ha preso un’idea di gioco ben precisa mutuata da Scariolo senza modificarla in maniera strutturale e aggiungendo qualcosa di suo. Partiamo innanzitutto dall’utilizzo di Shengelia in post, un cardine anche in questa stagione a cui si arriva però in modo differente rispetto all’anno scorso: non più cross screen (ovvero blocco orizzontale in post) ma un utilizzo continuo del wedge screen che gli permetta di arrivare in post dopo un blocco cieco verticale del piccolo e attirare raddoppi per riaprire sul perimetro. Tutto dipende dalla ricezione: questo tipo di blocco ne garantisce una più dinamica che per un lungo tutt’altro che stanziale come significa più probabilità di creare un vantaggio nei primi secondi dell’azione. Ciò che sta veramente facendo la differenza però è l’efficacia sul perimetro che Banchi ha trovato sfruttando il set Bilbao per esaltare Shengelia palla in mano fuori dalla linea dei 3 punti: il lungo viene usato come primo bloccante di uno stagger sul lato debole e dopo un primo blocco portato sulla sua ala piccola sfrutta a sua volta quello del secondo bloccante per aprirsi sull’arco. La fiducia ritrovata in un tiro mai stato il suo principale punto di forza e la rinnovata freschezza del primo passo (6.5 tiri nel pitturato) lo rendono attualmente immarcabile per ogni pari ruolo avversario.

L’impatto di Beli e Pajo

La continuità nel tiro da 3, dicevamo, è uno degli aspetti che sta marcando la distanza con la passata stagione, la Virtus di Banchi infatti prende quasi quattro conclusioni di media in più dai 6.75 in confronto alla precedente versione e se alcuni avevano solo bisogno di smaltire un po’ di ruggine, come Marco Belinelli, altri hanno lavorato sulla propria meccanica per punire i “battesimi” avversari; è questo il caso di Alessandro Pajola. Banchi ha affidato a questo Beli dei compiti quasi esclusivamente realizzativi, e il bolognese lo sta ripagando con numeri vicini alla stagione 2007/2008, l’ultima prima del suo approdo in NBA: in queste prime 5 gare la media è di 12.6 punti con il 37% da 3 in soli 21 minuti di impiego, e la convivenza sul campo con quattro difensori di alto livello gli permette di non essere esposto più troppo spesso, dimostrando anzi di essere ancora un discreto difensore statico in post basso. Le triple non erano mai state invece il pane quotidiano di Pajola e, anche se probabilmente non diventerà mai un tiratore continuo, i progressi mostrati in questi due mesi sono visibilissimi ad occhio nudo: il gomito del braccio in appoggio è molto più stretto e il rilascio – anche grazie ad un minor caricamento sulle gambe – risulta estremamente più fluido, tanto da dare al pallone uno spin nettamente superiore. Ma è soprattutto l’esitazione ad essere venuta meno: con Lundberg e Smith, con cui spesso divide il campo, a creare dal palleggio il suo tiro piazzato risulta imprescindibile per far saltare il game plan avversario. Se nel 2022/2023 l’anconetano tirò in totale 37 volte da fuori, quest’anno la proiezione (2,2 tentativi a partita) è addirittura del doppio, con un’efficienza difensiva sempre di grande livello: il +33 di net rating con lui sul parquet dice più di tante altre cose.

In vista dell’Efes: un focus

La gara di venerdì contro l’Efes rappresenta un primo bivio per le reali ambizioni della Virtus e mai come in questa stagione la possibilità di battere i turchi è estremamente concreta: se c’è una cosa certa che Bologna ha dimostrato fino ad ora è quella di imporre il proprio gioco sugli avversari ed infatti i concetti difensivi, con qualche ovvio accorgimento, sono fondati sulla tenuta della difesa uno contro uno e dell’aiuto e recupero. E’ facile pensare che inizialmente il principale candidato ad occuparsi di Larkin sarà Hackett che dovrà innanzitutto impedire l’ingresso nel pick ‘n’ roll centrale con Zizic su cui Erdem Can confida molto. La discontinuità al tiro dei bi-campioni d’Europa potrebbe far sì che Shengelia e Beli sfidino inizialmente al tiro Willis e Clyburn, cercando di dare supporto nel pitturato alle scorribande sia di Thompson che del già citato Larkin. Attenzione poi al flash post di Clyburn, una valvola di sicurezza sulla quale sia Ataman che l’attuale coach hanno cavalcato in queste due stagioni in periodi di secca offensiva: oltre a Belinelli, è probabile che vedremo qualche minuto in più di Abi Abass schierato in campo Dobric per avere un secondo quintetto in grado, rispetto ai titolari, di effettuare cambio sistematico con più immediatezza: vedremo anche se Banchi sceglierà di passare a zona nei quarti centrali, ma in questo inizio è risultata essere una strada poco battuta. Mai come in questo caso – parere di chi scrive – le line-up di riserva saranno decisive e quanto e come Lundberg e Smith riusciranno a impegnare Beaubois e Bryant dietro determinerà molto del risultato finale. La Virtus però oggi, ha ogni carta per giocarsela alla per tutti e 40 i minuti.

Clyburn in azione contro Claver (profilo ufficiale X Anadolu Efes SK)
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