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Massimo Zanetti, patron Virtus
Msssimo Zanettii

Il momento che sta attraversando la Virtus è per certi versi da brividi.

Sembra di vivere oggi un'altra era geologica se si pensa alle magiche notti europee della scorsa stagione, almeno sino a fine febbraio, paragonate a quanto sta accadendo oggi. La squadra che a lungo è stata una delle migliori inseguitrici del Real dominante, spesso in lotta con il Barça ed in grado di competere su tutti i campi più prestigiosi del continente, oggi naviga desolatamente in fondo alla classifica di Eurolega con 7 misere vittorie a fronte di 23 sconfitte, due gare di vantaggio sull'Alba Berlino nella triste competizione per l'ultimo posto.

La stagione virtussina: lenta agonia in Eurolega, nessuna soddisfazione in Italia

Risale al 17 gennaio l'ultimo squillo bianconero, 72-82 al Sap Garden di Monaco di Baviera, campo quasi inviolato sino ad allora (prima dell'Efes pochi giorni fa ci avevano vinto solo i campioni del Pana): da quel momento 8 sconfitte consecutive, quasi mai competendo realmente. 102 punti di scarto a media 12,75 a serata, 6 volte oltre i 10 punti, 2 oltre quota 20: non è roba da Virtus, non è ciò che si merita la passione bolognese per questo gioco. Quanto sono lontani persino i giorni di inizio stagione, non certo memorabili, delle sconfitte lottando sino alla sirena come nella gare con Zalgiris, Pana, Fener e Paris, tra le altre.

La squadra ha sicuramente diversi problemi che non sono stati risolti con il cambio in panchina dopo le dimissioni di Luca Banchi. Non avevamo alcun dubbio sul fatto che il Coach toscano non fosse il problema bianconero: la sua uscita volontaria, da persona seria quale è sempre stata, non ha portato ad alcunché se non ad una piccola reazione emotiva iniziale. Sul lungo periodo i nodi sono venuti al pettine.

Un'età avanzata di diversi protagonisti, la mancanza di profili importanti in un ruolo chiave come quello di “pointguard” creatrice di vantaggi, fondamentali nel gioco di oggi, l'assenza di peso sotto canestro ed anche lo scarso rendimento di chi doveva essere in un certo senso la stella del gruppo sono tutte ragioni tecniche che non vanno sottovalutate nell'analisi del disastro europeo. Che peraltro si accompagna ad un percorso in patria  non certo indimenticabile: Supercoppa persa, Coppa Italia pure e classifica di LBA che conta già 7 sconfitte.

Luca Banchi a colloquio con Will Clyburn

Le vicende societarie: problemi di lunga data, l'allontanamento di Baraldi ed un silenzio assordante

Sono bene poche le note liete dal punto di vista del campo, tuttavia il complesso di problemi pare essere assai aggravato dalle vicende societarie che per usare un eufemismo negli ultimi mesi, forse già da prima, non convincono. Quanto queste nebbie possano oscurare il lavoro di chi va in campo ci sembra essere palese.

La scelta della separazione da Luca Baraldi annunciata a gennaio da Massimo Zanetti, patron ed azionista di maggioranza del club, poteva essere letta come un cambio di rotta gestionale importante, senza però dimenticare quanto l'ex AD ha portato alla causa virtussina, ad esempio nella ricerca di partner sotto forma di sponsor, anche minori ma tanti e fondamentali nell'economia generale.

Da allora però, silenzio totale ed un inquietante immobilismo da parte del club e di quelli che sono stati indicati come i nuovi responsabili proprio dal Dottor Zanetti. Che questo immobilismo sia solo di facciata mentre si lavora silenti a soluzioni che diano un solido futuro al club è tutto da dimostrare, nel caso.

Unica mossa conosciuta è stato l'ingaggio di Justin Holiday. Ecco, permetteteci di dire che le pagine scritte dal tiratore di Mission Hills non sono al momento tra le più brillanti nel libro della gloriosa storia virtussina.

Il futuro della Virtus: rispetto e riconoscenza per Zanetti ma serve una virata decisa

Cosa stanno facendo la proprietà e la dirigenza virtussina verso il futuro del club? Non si sa nulla ed è chiaro che in un contesto ricco di dubbi ed incertezze quale quello attuale possano fioccare tante ipotesi, delle quali alcune estremamente serie e cedibili, altre assai fantasiose, su ciò che sarà la Virtus di domani.

Urge, da parte nostra, chiarire un concetto importantissimo: Massimo Zanetti è assolutamente nella storia di questo club per quanto ha fatto e per come ha portato una società non certo nei suoi anni migliori a competere ai vertici della pallacanestro europea. Per chi avesse dubbi gioca ricordare che da quel 2016 affrontato partendo dalla  Legadue le ultime due coppe continentali di rilievo vinte dalla pallacanestro italiana sono state appannaggio solo dei bianconeri targati Segafredo: la Champions League di Anversa nel maggio 2019 e l'Eurocup 2022, nello stesso mese. Il tutto senza dimenticare lo storico 4-0 inflitto ad una Milano che arrivò pochi giorni prima ad un tiro dalla final di Eurolega portando il 16mo titolo italiano ed altrettanto sena dimenticare  la stagione precedente, interrotta dalla pandemia quando la squadra era qualificata ai Playoff di Eurocup e viaggiava a 18W e sole 2L in lega italiana.

Non riconoscere tutto questo alla proprietà Zanetti sarebbe assolutamente scorretto ed una mancanza di riconoscimento a quanto fatto da un Presidente che ha ridato gloria alla Virtus.

Tante cose sono però cambiate si sono evolute in questi anni ed il quadro globale bolognese ha visto il verificarsi di molti accadimenti che stanno forzatamente influenzando la situazione attuale. E lo stesso Zanetti non appare più come la situazione migliore per il futuro delle V nere.

Le difficoltà a livello aziendale di Segafredo hanno portato il patron alla riduzione di serie spese (investimenti?) nel mondo dello sport e questo ha ovviamente interessato soprattutto la Virtus, tanto che questa è  indicativamente l'ultima stagione in cui lo storico marchio apparirà come main sponsor sulle maglie bolognesi. Una buona dose di milioni da sostituire, mica bruscolini.

Chi si prende in carico la prossima gestione virtussina?

Oggi Massimo Zanetti, sempre azionista di maggioranza, ha un socio come Carlo Gherardi e francamente l'equilibrio ed il rapporto tra le due componenti societarie, lato quote a parte, non appare così chiaro. Chi vuole fare cosa? Questa è la grande domanda che inquieta i sonni degli appassionati bianconeri.

Tra aumenti di capitale che sono utili a certi fini ma non certo pietre strutturali verso un futuro così incerto ed una ridda di voci che ormai quotidianamente avvolgono il mondo bianconero è opportuno che chi di dovere realizzi che si è arrivati al dunque.

Ci sono in ballo moltissime situazioni da risolvere: la proprietà, come detto, la sponsorizzazione principale e tutte quelle secondarie ma altrettanto importanti, l'indebitamento attuale, la guida tecnica per la prossima stagione, un mercato che oggi vive di improvvise separazioni più che di programmi in entrata, e l'ormai annosa faccenda della nuova arena, ferma da tempo alle parole in una sorta di “classico burocratico” all'italiana.

Ma tutto ciò, se non si capisce “chi farà cosa” e grazie a quale ruolo, resta sospeso. 

La prossima Eurolega? Avanti così rischia di essere una chimera

Tutti i dubbi societari sopra descritti insieme ai risultati attualmente sotto gli occhi di tutti, con quel cattivo sapore derivante dal non competere, come se si andasse costantemente incontro ad un ineluttabile destino ad ogni palla a due, non sono certo segnali positivi che si lanciano ad un'Eurolega in evoluzione che ancora sta decidendo cosa fare di se stessa il prossimo anno. 

Conferma dell'attuale format? Allargamento a 20 o 24 squadre? Tutto, come sempre, in grave ritardo da parte della lega europea di maggior attrattiva, ma ovviamente la piega che ha preso la stagione bianconera non aiuta  a mostrasi come credibile competitor per il 2025/26, qualunque sia la nuova organizzazione della manifestazione. Peggio ancora se paragonata ad esempio a quanto sta facendo un Maccabi, comunque licenziatario pluriennale, che senza una sede lotta comunque ed ultimamente si porta a casa perfino quattro successi di fila, nobilitati dagli scalpi di Fener e Monaco. 

Si può e si deve lottare, qualunque sia il proprio livello tecnico attuale. Ma per farlo, oltre ai giocatori ed a un allenatore, serve qualcuno che da dietro dia segnali di presenza e di gestione.

Le voci dei portici, inevitabili tra fantasia e realtà

Bologna è unica per amore verso il gioco, ha una storia e delle caratteristiche che la rendono simile solo a culle sacre del gioco come Kaunas o Belgrado. Difficile vivere 24/7 di basket come attraverso i mille portici. E questo è il patrimonio che non va gettato alle ortiche.

E' chiara ed inevitabile conseguenza di quanto elencato sopra che mille voci si scatenino riguardo al futuro, ancor più proprio in una città che è un grande, appassionato parquet.

Vi è stampa molto qualificata che sforna ipotesi, che però tali al momento restano, vi sono poi chiacchiere da bar che a volte diventano improvvisate fonti, tuttavia la realtà è che se cerchiamo di capire cosa succederà nel mondo virtussino non possiamo che immaginare scenari dei quali non vi è certezza alcuna.

Ed ecco che allora i vari Gherardini, Alberani, Trinchieri o Galbiati che siano si trasformano in suggestioni, spesso semplici desideri, a volte anche sole voci senza un grande fondamento. Il tutto su uno sfondo in cui si è perfino detto di un rinnovo di Dusko che al momento non ci risulta per nulla ufficiale.

Appunto, non ci risulta ufficiale, si dice, un po' come per tutta la linea del futuro delle V nere. 

Qualcosa sta succedendo? Possibile, ma non valutabile sino a quando il mondo societario non darà un segno che oggi manca, in quell'assordante silenzio che dura da gennaio.

Maurizio Gherardini, massimo dirigente del Fenerbahçe

Un progetto, serio, sostenible e competente? Si può e si deve, senza commettere la madre di tutti gli errori, ovvero inseguire Milano

L'universo virtussino è popolato da tante persone che lavorano ad ottimi livelli, sia chiaro che non è per nulla tutto da buttare, ma oggi serve la svolta ai piani alti.

Una proprietà solida non deve necessariamente corrispondere a budget multimilionari. Il mondo dello sport è ricco di esempi in cui una gestione illuminata fa rima con competenza e sostenibilità. Anche in Eurolega? Sì! E lo hanno dimostrato avventure come quelle del Baskonia e dello Zalgiris, solo per citare alcuni tra i casi più chiari, o magari del Bayern che per due stagioni di fila porta a gara 5 corazzate finanziariamente inavvicinabili come Milano o Barcellona. 

Che sia Eurolega, Eurocup o qualunque altra eventuale coppa dovesse essere partorita dai dirigenti europei nel marasma attuale, ciò che è fondamentale è che vi sia una proprietà con degli obiettivi, che sappia affidarsi ad un direttore generale di lunga esperienza e forte personalità nel mondo del basket il quale saprà senza dubbio scegliere il condottiero in panchina oltre che un GM alla guida di un team di scouting di alto livello.

E proprio il discorso dello scouting ci porta a quelle che secondo l'opinione di chi scrive deve essere il punto focale della Virtus che si rialza, ovvero non inseguire Milano ma essere alternativa differente a Milano.

Il club meneghino è un'altra cosa, è stato altra cosa in questi anni e lo sarà, molto probabilmente in quelli a venire. Bologna deve darsi un'organizzazione diversa che provi a competere attraverso concetti differenti. Non serve farsi la guerra a suon di milionate per firmare questo o quel campione affermato, serve farla, e non solo a Milano, con la competenza che può essere solo figlia di gerarchie societarie chiare e senza zone d'ombra. Ed allora invece che ricoprire d'oro quel campione di oggi, lo striscione del traguardo si può tagliare per primi anche con chi ieri campione non era ma lo diventa dopo un percorso di crescita in un ambiente che gli permette di farlo.

Non abbiamo il minimo dubbio sul fatto che un ambiente come quello felsineo bianconero gradirebbe assolutamente un progetto simile, lo supporterebbe senza esitazione e confermerebbe quell'attaccamento ai colori che ha pochi eguali in questo continente.

Qualcuno di dubbi ne ha? Ci viene da rispondere con una semplice considerazione: in quale altra città si è registrata una serie di “sold out” come lo scorso anno in presenza di biglietti tra i più cari in Europa? La risposta ve la diamo noi: nessuna. Ed aggiungiamo che ci sono “sold out” e “sold out”, tutti da valutare bene, perchè vanno considerati il numero di abitanti, la percentuale di riempimento ed il suddetto costo dei biglietti.

Ed allora lo ripetiamo con grande senso di urgenza per tutta la pallacanestro italiana e continentale allo stesso tempo: Bologna è un patrimonio che non si può e non si deve sperperare. Le possibilità ci sono, basterebbe ragionare in maniera diversa partendo da un base di passione unica che non merita di vivere momenti e vicende come quelle attuali. 

 

 

 

 

 

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