OAKA è l’ennesimo macigno, l’Olimpia si butta via

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L’Olimpia conduce per larghissima parte della gara, ma è condannata in un finale amarissimo

Sembrava la soluzione di una crisi infinita, si è trasformata invece nell’ennesimo macigno su una fiducia di squadra che già da tempo è messa a severa prova. L’Olimpia si perde nel finale, confeziona una sequela di errori che consentono il pareggio del Pana, trascinato da uno straripante Bacon, e si piega nel supplementare travolta dall’inerzia greca.

I greci si salvano dopo una prova non certo perfetta, crescendo alla distanza e strappando la quarta vittoria consecutiva nel tripudio festante di OAKA.

L'Olimpia perde - Eurodevotion

Le nostre riflessioni sulla vittoria dei ragazzi di Radonjić per 90-77 sono racchiuse nella classica analisi per punti di Eurodevotion.

Un tremendo peccato

E’ chiaro, non stiamo parlando di un’Olimpia meravigliosa o scintillante. Altrimenti non saremmo certo qui a raccontare una sconfitta.

L’aspetto più negativo di questa sconfitta, però, è il danno psicologico che può rappresentare, nel momento in cui forse per la prima volta dopo lungo tempo le scarpette rosse avevano messo in campo dei miglioramenti discretamente tangibili a livello di prestazione. Progressi che verranno frustati, anziché premiati.

E’ ovvio che nulla di questo sia stato abbastanza, ma l’Olimpia di oggi non può che misurare sè stessa sui piccoli passi, gli unici che è in grado di fare, e ad OAKA qualcuno di questi si era visto. Preservarli, al di là del risultato, è il solo scorcio possibile per il futuro.

L’Olimpia ha prodotto la migliore prova stagionale in termini di assist, 22, su un dato di 28 canestri dal campo effettuati, segno non di scintillio di manovra, ma di una condivisione pragmatica e ben orchestrata, che ha agito con intelligenza specialmente nel primo tempo.

Primo tempo in cui si sono rivisti gli short roll di Hines, in cui si è notata la ricerca e la capitalizzazione di vantaggi vicino a canestro, ottenuti sui cambi. Lampi di quei tratti distintivi dell’attacco concreto e senza troppi fronzoli dell’Olimpia messiniana dei tempi migliori.

Tant’è che si registra anche una delle migliori prove dall’arco per costanza nella gara di questa stagione (42,3%). C’è intensità, applicazione, dedizione e coerenza d’approccio. C’è reale riscontro di un impatto coeso e di buona efficacia.

La maggior parte di questi elementi si sono un po’ persi nel tempo, insieme ad un approccio difensivo che era riuscito benissimo a controllare e ingolfare il ritmo del Pana, terzo per pace in EL, ma che poi ne è stato progressivamente investito.

Peccato. Perdere subendo il primo svantaggio dopo 41′ di gioco è un peccato.

E’ un peccato perché la continuità nel ‘qui ed ora’ di Milano, su queste cose, era difficile aspettarsela, – sarebbe stato poco realista – al di là di ogni possibile giudizio sui perché si sia arrivati a questo momento. E’ un peccato perché una vittoria avrebbe acceso un lumicino, invece lo sguardo sull’abisso rimane ancora tremendamente vivido nelle menti biancorosse.

Incertezze

Il finale è triste epilogo, con una qualità di pallacanestro che si era indubitabilmente abbassata e che ha portato inevitabilmente la pressione sui momenti decisivi. L’Olimpia non è oggi squadra da momenti decisivi, non è oggi squadra da crunch time.

Per consapevolezza, per fiducia, per protagonisti.

Non solo nel finale, quando certo i nervi si sono fatti più tesi e la aggressione greca sul pallone più ficcante, è stato spesso evidente l’incredibile senso d’insicurezza che trasmettevano gli handler milanesi palla in mano.

Mitrou-Long non conosce mezze misure, sa giocare solo ad altissime velocità e non è qualcosa che cambierà nell’immediato. Sarebbe andato bene su degli stint, in un’Olimpia che gioca a metà campo non può essere gestore affidabile su 40′. Sembra alle volte un leone in gabbia, altre una scheggia impazzita, sempre al confine tra la follia e la confusione anarchica. Dopo due palle perse nelle prime due azioni, Messina è obbligato a schierare il suo unico play da guardia per il resto della gara.

L’unica soluzione a questo tema sarebbe una rivoluzione dell’approccio offensivo di squadra. Non è scandaloso pensarci, a parere di chi scrive, come extrema ratio nelle gravi difficoltà della regia milanese, tuttavia appare chiaro come sia una strada che difficilmente si sceglierà di percorrere.

Al suo posto la palla giostra nelle mani di Hall, a volte Hines, molto spesso di Luwawu-Cabarrot. Il francese non demerita all’inizio nella gestione della palla, gioca una partita two-way da migliore in campo, in pressione difensiva sul play del Pana, così come in attacco in varie forme. Ha mostrato tutti i motivi per cui è a mio parere un colpo fin troppo sottovalutato, ma si è poi rovinato con una sequenza finale da film degli orrori.

E’ chiaro anche, però, che la palla non dovesse finire a lui per costruire il tiro della vittoria. Anzi, ancora prima, che sarebbe stato meglio non la portasse lui, quando la retroguardia del Pana si era fatta più mordace.

La vera domanda è a chi quel pallone sarebbe dovuto arrivare al suo posto. La risposta, per certi versi, è ancora più angosciante.

Incertezze dunque, a tanti livelli. Nella buona volontà di Thomas che entra, ma non ha la fiducia per incidere, in Davies, che è riferimento produttivo e finalmente ben imbeccato in più di un caso, ma getta al vento 5 palloni. Due esempi, saranno 18 le perse milanesi complessive.

Dubbi nelle scelte, negli uomini, incertezze che investono i giocatori in campo e, insieme, il futuro dell’Olimpia.

Bacon, i ritmi di gioco, OAKA e le mille pelli di Radonjić

Quarta vittoria consecutiva dei greens, che non saranno una squadra di primissimo livello Euroleague, ma che stanno dicendo certamente la loro in questo spaccato di stagione. Dopo la vittoria quasi fotocopia rispetto a stasera contro le Vunere, i greci hanno piegato Asvel e Zalgiris con nettezza e aggiungono oggi un altro successo di valore al loro percorso.

I greci infatti hanno dato un’altra dimostrazione di grande resilienza e di consapevolezza, sapendo invertire senza frenesie la tendenza avversa della gara.

L’inizio della sfida è stato piuttosto oscuro, con un ritmo di gioco compassato che non era quello in cui il Pana si era abituato ad esaltarsi. Persino le punte di diamante sembrano avere le polveri bagnate, – ad esempio un temibile Derrick Williams è da subito tenuto ai margini della gara dalla buona guardia di Melli – inoltre un backcourt non fenomenale e privo di Walters fatica a ottenere vantaggi.

E’ lì che Bacon ha cominciato giustamente a catalizzare il pallone e la squadra si è affidata collettivamente e convintamente al suo go-to-guy. L’americano riceve sempre dopo blocchi in serie, che lavorano per lui e gli garantiscono le migliori condizioni per inventare in 1vs1, allorché il nativo della Florida ferisce i cambi difensivi e inizia a sentire il fluire della gara.

La tendenza inizia già verso la metà del secondo quarto e consente sempre di più il detonare del talento ex-NBA, oltre al progressivo aumento del flow e del ritmo di squadra.

Aumenta la pressione difensiva, si alza l’efficacia offensiva, si trovano ulteriori risorse per colpire l’Olimpia, da un Lee alquanto volitivo (22 punti alla sirena), ad un Ponitka che calamita la difesa dal post. Il Pana produce dopo l’intervallo 47 punti, di cui 18 nel crescendo del supplementare.

Un crescendo accompagnato dal calore di un trepidante OAKA che prende per mano la squadra e da un sempre più incontenibile Bacon, che diventa seriamente imprendibile (forse qualche minuto in più con il fisico di TLC addosso poteva non essere un’idea così peregrina…), completerà la gara con 31 punti, 7 rimbalzi, 9/12 da due e 28 di PIR.

E’ la festa di una squadra che sembra aver trovato un’identità precisa e davvero consolidata attorno al leader tecnico che ha acquisito e che può guardare alla stagione con qualche ambizione in più del previsto. Il tutto è frutto del lavoro di un allenatore, Radonjić, che si sta dimostrando capace di cucire addosso alla squadra il vestito più giusto per valorizzarne il talento, con uno stile di gioco totalmente discorde rispetto alla filosofia che gli è sempre stata propria, improntata primariamente sul controllo del ritmo e sulla impenetrabilità difensiva. Chapeau!

Photo credit: olimpiamilano.com, euroleaguebasketball.net, Olimpia Milano e Panathinaikos BC Facebook

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