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La Stark Arena, oggi Belgrade Arena, un tempio del basket europeo, non è mai stata un posto semplice per gli avversari. Da anni, è sinonimo di passione, calore e sold-out garantiti. Ma in questa stagione di Eurolega, il fortino del Partizan Belgrado si è incrinato.
Otto sconfitte casalinghe a fronte di nove vittorie: un dato che racconta molto più di una semplice statistica.
Per rendere il quadro ancora più chiaro, basta guardare indietro: nella stagione 2022-23 e in quella 2023-24, il Partizan aveva perso solo cinque partite tra le mura amiche. Quest’anno, tre sconfitte in più. Un crollo evidente, soprattutto se si considera che molte di queste partite sono sfuggite di mano per dettagli, errori, nervosismo.
Come non dimenticare la beffa contro la Virtus Bologna: dopo un libero sbagliato da Lundberg, un suo stesso tiro venne stoppato da Clyburn, che poi infilò il canestro della vittoria. Una scena surreale, in una bolgia che di solito spinge i bianconeri verso l’impresa.

Will Clyburn con il tiro vincente a Belgrado in casa del Partizan


O ancora, il derby con la Stella Rossa, deciso da un fallo di Sterling Brown su tiro da fuori con conseguente due liberi segnati su tre tentati di Nedovic prima dell’errore dalla lunetta di Carlik Jones.


Infine l'ultima partita giocata: la sconfitta al fotofinish contro il Real Madrid, con Carlik Jones che perde due palloni sanguinosi nel finale e Walter Tavares che, allo scadere, spegne ogni speranza con un giro e tiro a canestro vincente.


Tre partite perse per un soffio. 
Tre partite che avrebbero potuto cambiare la stagione.
Ma la sensazione, per la prima volta da anni, è che giocare alla Starks sia diventato più un peso che un vantaggio. 
L’energia della curva si è trasformata in pressione. Le urla, da sostegno, sono sembrate diventare ansia.
E certo, anche gli infortuni hanno avuto un peso enorme.

Vanja Marinkovic ha dovuto fermarsi per un problema al tendine d’Achille. Iffe Lundberg ha lottato con fastidi muscolari all’anca. Frank Ntilikina ha avuto guai alla gamba. Poi Bosnjakovic, Bonga, Pokusevski: tutti colpiti. 

In un torneo spietato come l’Eurolega, dove nessuno aspetta nessuno, il Partizan ha spesso dovuto fare i conti con rotazioni ridotte e giocatori fuori forma.
La beffa finale? Il mancato accesso ai play-in, sfumato per due vittorie. 
E come se non bastasse, l’ultima squadra qualificata è stata proprio la Stella Rossa
Uno schiaffo nel derby eterno di Belgrado.

Le delusioni individuali hanno fatto il resto. Lundberg ha reso molto meno di quanto ci si aspettasse. Duane Washington è finito fuori rosa. Ntilikina, preso come scommessa alla Exum, non è mai riuscito a dare continuità. L’assenza di un vero leader si è fatta sentire: Carlik Jones, pur con momenti di qualità, non ha saputo caricarsi la squadra sulle spalle nei momenti chiave.
Zeljko Obradovic non ha mai nascosto la sua frustrazione, parlando spesso di “nervosismo” e “mancanza di concentrazione”. E in effetti, nei finali concitati, il Partizan ha spesso perso lucidità: falli inutili, palle perse, scelte affrettate.
Forse è proprio questo il cuore del problema. Una squadra forte, talentuosa, con un pubblico da brividi, ma priva di equilibrio quando conta davvero. 
E alla fine, l’arena più calda d’Europa è diventata spesso a fine gara un teatro di un gelo che difficilmente verrà dimenticato.

Una stagione da ricordare, sì. Ma per non ripeterla.

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