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Eurolega, le 10 sfide più intriganti della stagione

Eurolega
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Eurolega al via esattamente tra 5 settimane. Ecco la nostra graduatoria delle sfide più intriganti che ci porterà il nuovo torneo.

10 sfide, 10 situazioni o 10 protagonisti/e: cosa ci regalerà, ad oggi, la prossima stagione di Eurolega?

#10 – ISRAEL GONZALEZ, SULLE ORME DEL MAESTRO

Prendere il posto di uno che su Twitter ha fissato un papale “Più di 50 anni come allenatore di pallacanestro” non è facile.

Farlo dopo averci collaborato per tanti anni (a Berlino dal 2017, prima a Gran Canaria) dovrebbe essere più semplice.

Dal punto di vista tecnico la transizione dovrebbe essere abbastanza indolore per il 46enne che iniziò la carriera sul pino come assistente nel Cantabria Baloncesto.

E proprio “transizione” è la parola chiave, insieme alle difese che ci ha regalato il maestro del gioco. Ritmo alto e pallacanestro di scelte rapide, ben poco timide. 28 metri da mettere a ferro fuoco per colmare l’evidente divario che esiste almeno verso 8-10 squadre di Eurolega.

Sostituire gente come Granger, Siva, Giffey e Fontecchio è impresa complicata. Ripartire da Jaleen Smith ed uno Yovel Zoosman possibilmente sano può rendere tutto più semplice. Resta centrale il ruolo di Luke Sikma, uno che continuiamo a chiederci perchè non giochi in una squadra che vuole argenteria pesante a fine stagione. Lammers e Maodo Lo sono attesi alla consacrazione se si vuole guardare oltre l’ostacolo.

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#9 – ARBITRI: LA CRESCITA DELLA NUOVA GENERAZIONE

Alcune stagioni negative, ma va detto che non riguarda l’intera classe.

Non si vive di soli Lamonica e Hierrezuelo, potrebbe essere questa la sintesi, senza dimenticare gli altri “big”, che fischiano bene e lo fanno da anni.

Il vero problema è che rispetto al passato anche recente, sono state mischiate diverse terne, includendo alcuni giovani, emergenti o meno che siano, i quali ad un certo punto della gara si sono mangiati il fischietto lasciando la totale responsabilità delle chiamate più complicate al “capo”.

Si sono di conseguenza viste decisioni prese da parte di chi era ad 8-10 metri dalla zona incriminata, con le conseguenti imprecisioni del caso.

Oltre che una crescita diffusa, è importantissimo che si scelga: continuare il “mix” generazionale oppure dare reali responsabilità ai più giovani in un contesto in cui non sentano la pressione dei più esperti cui lasciare ogni fischio chiave? Ci pare la chiave per il miglioramento.

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#8 – SHAVON SHIELDS: “SKY IS THE LIMIT”?

Sinteticamente? Uno dei tre migliori nel ruolo. Chi lo avrebbe messo nella discussione con un Clyburn solo un paio di stagioni fa?

Shavon Shields, sulla totalità dei 28 metri, è un atleta di rara completezza e competitività. Milano è stata sua più di chiunque altro. perchè ha saputo metterla con grande continuità così come è stato in grado di fermare spessissimo il rivale più pericoloso.

Giocatore unico per la costante crescita in carriera che pare possedere un IQ cestissimo di altra categoria. Non ci stupiremmo se entrasse in qualche discorso NBA a breve, ma nel frattempo guardare in alto con l’Olimpia vuol dire entrare nella ristrettissima cerchia dei fuoriclasse. Che può essere sua, se non lo è già.

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#7 – MARTIN SCHILLER, LA CONFERMA

Chi lo conosceva 12 mesi fa? Ovviamente quelli di Kaunas, gente che la mattina puccia il biscotto del basket dentro la tazza di latte.

Chi non ha sorriso pensando ad un ridimensionamento tecnico lituano la scorsa estate? Tanti di noi, non ci togliamo certo dal gruppone.

Chi non ha pensato ad una meteora dopo le prime buone uscite dello Zalgiris 2020/21? Torniamo al gruppone…

Martin Schiller ha giocato una pallacanestro estremamente moderna ed efficace, pur disponendo di talento assi limitato rispetto alle contendenti.

Aver lottato sino alla fine per i Playoff è stato un capolavoro senza alcun dubbio. Ora arriva la grande sfida, perchè in alto si può arrivare, sebbene sia dura, ma rimanerci lo è ancor di più.

Perdere Walkup e Grigonis è una specie di incubo da parquet, sostituirli con scelte precise e mirate rappresenta una filosofia basata su concetti chiari e ben definiti.

Mudiay per ragioni di prestigio e rilancio, Nebo per altre di prospettiva: è un asse che ci fa contare i giorni alla prima uscita dei verdi. Occhio a Tyler Cavanaugh, uno che con Schiller potrebbe andare a nozze.

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#6 – BARCELLONA E SARAS: VINCERE!

In quell’abbraccio di Belgrado, dopo la semifinale 2018 Fener-Zalgiris, Zele disse al suo pupillo «Presto toccherà a te».

Dopo stagioni esemplari in patria è arrivata l’opportunità catalana, la cui prima avventura si è chiuso con Liga, Copa e finale di Eurolega. Fatturato ottimo, senza dubbi, ma è chiaro come la costruzione del Barça di Saras abbia un obiettivo chiaro: vincere il massimo trofeo continentale.

Quest’anno, dopo la “transizione remunerata”, il Real torna in pista per tutto anche in Spagna.

I più critici sostengono che in fondo, quando il Real era ancora al completo, ha vinto la Supercopa 2020 e che Jasikevicius si è portato a casa i trofei nazionali solo dopo la partenza di Campazzo (Copa del Rey) e quella di Deck (Liga), nonchè sempre in assenza di Randolph.

Discorsi che lasciano un po’ il tempo che trovano, ma la realtà è che oggi Berlino è in cima alla lista dei desideri di ogni cuore che batte per il Barça.

Jasi è un fior di allenatore e la sua mano si vedrà ancor di più alla seconda campagna catalana. Quella mano dovrà far salire non di poco il livello offensivo di una squadra che in quella parte di gioco ha saltuariamente zoppicato, qualche volta più del previsto.

Se sarà così, il cielo sopra Berlino potrebbe aggiungere una tinta al classico “azul”. Appunto, “azulgrana”.

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#5 – POLONARA E FONTECCHIO PER L’OLIMPO

Due azzurri tra i migliori dei rispettivi ruoli in Eurolega? Saranno certamente Datome, Melli o Hackett, ci siamo abituati in questi anni alle loro eccellenti gesta.

No, stavolta andiamo oltre e parliamo di Achille Polonara e Simone Fontecchio. Percorsi differenti, difficoltà differenti, volontà di acciaio comuni.

“Polonair” ha dominato in lungo ed in largo al Baskonia, mettendo sotto quasi ogni rivale e garantendo ad Ivanovic una coppia, con Henry, di livello assoluto. Oggi i due si ritrovano sul Bosforo, scelti da Kokoskov ma nelle mani di Djordjevic, che si gode un bel tesoretto abbandonato dall’incomprensibile scelta del Coach serbo.

“Simo”ha semplicemente messo sul parquet tutto ciò che anni fa molti pensavano avesse nelle sue corde, non a torto. Ala pura, pulita e musicale come ce ne sono poche, in un ruolo che non si chiamerà pure più ruolo ma posizione, come si ama dire oggi, ma che rappresenta l’unione e lo sviluppo del gioco che parte dagli esterni e va dritto ai lunghi. Sarà a Vitoria, tra i palati fini e competenti della Fernando Buesa: posto giusto.

Per entrambi il “next step” si chiama conferma ed eccellenza. Una sfida tanto grande quanto possibile.

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#4 – ETTORE MESSINA, SCOMMETTERE SUL CAMBIAMENTO

Scommessa è una parola brutta, che però rende l’idea.

Messina ha scelto Punter e LeDay lo scorso anno, non senza far storcere il naso a tanti. Ecco, si può tranquillamente dire che ha avuto ragione lui. Shields aveva certamente meno le caratteristiche del “rischio”: solo chi non ne aveva seguito la crescita esponenziale poteva avere dubbi sul giocatore

Confermatissimi, quindi, sia KP che Zach vero? Ecco, non proprio. Quel rinnovo che tardava ad arrivare in stagione faceva pensare per il tiratore, mentre sul “4” c’era contratto, quindi non si poteva che ritenerlo certezza per la stagione seguente.

Il mercato è una brutta bestia, fatta di dinamiche ed opportunità che cambiano ad ogni respiro.

«Melli è stato fondamentale per noi sin dall’inizio del mercato», parole del Coach-presidente. Chiare ed esplicative, ancor più quando uno dei primi nuovi arrivi si chiama Mitoglou.

Melli è un “upgrade” rispetto a LeDay? Non lo è solo rispetto a LeDay, ma rispetto 95% dei giocatori di Eurolega.

KP ha scelto il Partizan. Obradovic? Soldi? Altro? Non ci iscriviamo al giochino dei Tweet o delle invenzioni. Lo saprà lui e lo saprà il club che lo voleva rinnovare ma non ci è riuscito (sempre parole di EM).

Ed allora, oltre ai suddetti Melli e Mitoglou, ecco Hall, Grant e Daniels.

E torniamo alle scommesse? In questo casi ci piace ancora meno la parola. Si tratta di scelte che provengono da idee e da quelle dinamiche di mercato cui abbiamo accennato.

Dice il critico più estremo: hai fatto due scelte vincenti lo scorso anno, perchè cambiare in un contesto in cui le ristrettezze economiche paiono ben minori rispetto alla stragrande maggioranza dei club?

Risponde chi ha fiducia: Melli è più forte di LeDay, Mitoglou dà tante cose che mancavano ed i tre USA aggiungono una profondità che può garantire ampio respiro ai campioni avanti con l’età.

Sfida. Grande, estrema, ma anche figlia di idee chiare perchè non intraprendi un percorso del genere se le idee non sono chiarissime.

Il giudice unico, il campo, dirimerà la controversia tra il critico ed il fiducioso. Noi attendiamo un verdetto che ci intriga.

(7/10, scorri in fondo per cambiare pagina e proseguire la lettura)

#3 – ALEXEY SHVED: FINALMENTE VINCENTE A 33 ANNI?

Il duo Vatutin-Itoudis con la firma di Shved si è posto in una situazione ancor più discussa rispetto alle scelte di Messina di cui abbiamo appena parlato.

Lo ha detto lo stesso Presidente: «L’arrivo di Alexey ha diviso la tifoseria ed i commentatori in due fazioni».

C’è una cosa che però andrebbe chiarita. Non basta ed è forse errato dire semplicemente che dopo l’esperienza Mike James firmare Shved è una follia.

MJ sul campo ha garantito a lungo un netto dominio ai russi. La squadra giocava e vinceva, anni stravinceva come nelle 12 W consecutive. Quello che è successo fuori dal campo è un’altra cosa.

Shved sul campo ha certe caratteristiche accomunabili a MJ in termini di creazione di vantaggi , sebbene in forma tecnica ben differente, ma non abbiamo riscontri sul suo impatto a livello di atteggiamento che ci possano portare a delle similitudini con il talento di Portland. Sparare a caso dicendo che sarà lo stesso non è attività che ci interessa. Lo vedremo e capiremo meglio.

Di certo, se di sfide parliamo, quella del 33enne di Belgorod è una delle più affascinanti.

Sempre definito come un campione assoluto per i trofei individuali, arriva in un club eternamente vincente, che fa delle Final 4 la sua prima casa. Al CSKA si gioca solo ed esclusivamente per i trofei: Shved è pronto a rinunciare quei riconoscimenti personali ed a mettere il suo sconfinato talento a disposizione di un sistema guidato da un Coach straordinario che ha la sua mano saldamente sul timone della squadra?

Si parlava di scommesse? Ecco, allora il nostro “eurino” lo metteremo sul “sì”.

(8/10, scorri in fondo per cambiare pagina e proseguire la lettura)

#2 – LASO ED IL REAL, LA NUOVA ERA

Diavolo di una “casa blanca”!

In un anno terribile, non solo per il basket, si ritrova a dover gestire la transizione da una generazione “stravincente” ad un nuovo gruppo che per missione unica del club avrà sempre la vittoria. Operazione difficile in tempi normali, col Covid recante sarà un disastro. Ed invece…

Supercopa in bacheca, finale di Copa del Rey, finale di Liga e Final 4 negate solo da un miracolo firmato Kruno Simon. Il tutto con Randolph fuori quasi tutta la stagione, una marea di infortuni, l’addio di Campazzo a fine novembre, quello di Deck prima dei Playoff di EL e poi, ad estate inoltrata, anche quello di Garuba, splendido protagonista.

Il tutto portandosi a casa oltre 10 milioni dalle uscite dei tre giocatori menzionati verso ala NBA. Non serve altro per definire una dirigenza ed un club perfetti.

Ma lo sport, come la vita. è una sfida continua ed allora oggi si guarda avanti. Starà a Heurtel, Williams-Goss, Yabusele, Hanga e Poirier essere i nuovi cavalli vincenti di una squadra che si è rinnovata profondamente e che non avrà più le prime opzioni di solo 12 mesi fa.

I purosangue ci sono e le redini sono nelle mani di un fantino eccezionale come Pablo Laso, l’uomo silenzioso che sta riscrivendo la storia del club più importante del mondo abbattendo ogni record possibile ed immaginabile.

Causeur, Llull, Rudy e Jaycee sono tutti oltre i 34, Carroll addirittura quota 38: questi non sono uomini che sul campo si possono sostituire con facilità, ma sono gente che potrà continuare a dare il proprio aiutando il Coach a far crescere una nuova generazione di giocatori “da Real”. Che tali potranno diventare proprio grazie ad un allenatore eccezionale che, e torniamo al nostro “eurino”, siamo abbastanza certi ci regalerà un Tristan Vukcevic da far girar la testa. Che magari sarà il prossimo “buyout” milionario che entrerà nelle casse dei “blancos”.

(9/10, scorri in fondo per cambiare pagina e proseguire la lettura)

#1 – EFES ED ATAMAN PER LA DINASTIA

Il 2018/19 è stato l’antipasto, il 2019/20 un primo piatto da stelle Michelin che solo una maledetta pandemia non ci ha reso possibile gustare sino “alla scarpetta”, Colonia è stato secondo, dolce, frutta, caffè ed “ammazzacaffè”.

La tavola Efes, grazie a Chef Ataman ed a ingredienti prelibati che partono da Micic e Larkin ma non sono solo Micic e Larkin, è la migliore d’Europa ormai da quasi un triennio.

Nella nuova Eurolega, quella partita dal 2000, solo il Maccabi delle meraviglie e l’Oly “degli dèi” si sono ripetuti. Prima bisogna risalire alla Jugoplasitka del biennio 89-90, alla Milano 87-88 ed al Cibona 85-86. Curioso che il “back-to-back” accadde per ben tre volte consecutive nell’era della Coppa dei Campioni.. Non ci è riuscito, più di recente, nemmeno il dominatore assoluto Zeljko col suo Pana. In caso di conferma dell’Efes saremmo anche ben oltre quel Maccabi il cui quintetto (Jasi, Burstein, Parker, Vujcic, Baston) è una filastrocca degna di Sarti, Burgnich, Facchetti.

Si tratterebbe di un dominio protratto per oltre tre stagioni, sulla base di una pallacanestro che unisce lo spettacolo all’efficacia come poche volte si è visto prima.

La chiave sarà la fame, dettaglio da non sottovalutare, unitamente ad un anno in più per diversi protagonisti che, come detto, non sono solo contorno.

Filip Petrusev potrebbe essere un uomo fondamentale, se entrasse immediatamente nel sistema e se si adeguasse altrettanto rapidamente al mondo di Ergin Ataman, uno che vive su un pianeta di cui è l’unico abitante, laddove per unico si intende proprio che come lui non ce ne sono altri, nel bene come, per i critici, nel male.

E’ la sfida delle sfide, è il grande sentimento turco del Coach che vuole portare la sua bandiera ancora una volta sopra tutte le altre.

Come gioca l’Efes al meglio lo sanno tutti, come si ferma l’Efes al meglio è operazione ad oggi sconosciuta al resto del mondo di Eurolega.

Che arrivi questo benedetto 30 settembre…

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