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Banchi Efes

C’è qualcosa di quasi cinematografico nell’epopea vissuta dall’Efes di Luca Banchi in questa stagione di Eurolega. Un racconto che inizia tra le ombre e si sviluppa tra colpi di scena, critiche, riscatti e una redenzione che oggi, dopo sette vittorie consecutive e il biglietto staccato per i playoff, profuma d’impresa. E tutto questo, in fondo, ha un nome e un cognome: Luca Banchi.

Era il 7 gennaio quando il tecnico toscano, reduce dalle dimissioni con la Virtus Bologna nel mese di dicembre, metteva piede a Istanbul. L’Efes era una squadra senza bussola, smarrita tra risultati deludenti e identità in frantumi. L’inizio del nuovo corso, in effetti, non prometteva miracoli: sconfitte con ASVEL, Parigi, Barcellona e persino in campionato contro il modesto Buyukcekmece. Sembrava l’ennesima tappa di una stagione da dimenticare.

Ma Banchi non è uno che si arrende alla prima curva. Il primo squillo arriva contro Milano, una vittoria che profuma di svolta, seguita però da una battuta d’arresto con l’Olympiakos. Poi la grande notte col Real Madrid, quindi il pesante stop contro il Panathinaikos all’OAKA. Era un Efes dai due volti, capace di entusiasmare e deludere nel giro di una settimana.

E poi, il 13 marzo, il bivio. Mentre si rincorrevano voci insistenti di un esonero, il club diffonde una nota ufficiale per confermare la fiducia nel coach. Un atto che oggi appare profetico: in quel momento l’Efes era undicesimo, con un bilancio in equilibrio (14-14) e una striscia di due vittorie che sembrava un semplice colpo di coda.

Thompson vs Stella Rossa

Da quel giorno in poi, qualcosa è cambiato. Forse nello spogliatoio, forse nella mente dei giocatori. Sicuramente nel cuore della squadra. L’Efes ha iniziato a vincere. Sempre. Sette vittorie consecutive in Eurolega, un crescendo travolgente culminato nella spettacolare maratona di Belgrado, vinta all’overtime contro la Stella Rossa. Una trasferta che per Banchi ha un sapore speciale: da allenatore, a Belgrado non ha mai perso, nemmeno ai tempi della Virtus. Una cabala personale che continua.

Luca Banchi ha costruito questa rinascita a partire da una base solida e un’intuizione chiara: rimettere i giocatori al centro, restituire loro fiducia e ruoli ben definiti. Shane Larkin, per anni il simbolo di questa squadra, oggi è un sesto uomo di lusso. Non più protagonista assoluto, ma miccia pronta a esplodere nel momento giusto. Una scelta coraggiosa, che ha funzionato.

Elijah Bryant, nel frattempo, è diventato un altro giocatore. Più maturo, più determinato, il vero “most improved” dell’intera Eurolega. Darius Thompson, dato per disperso, è stato ritrovato e rilanciato. E l’innesto di PJ Dozier ha dato equilibrio, atletismo e difesa. Sotto canestro, la coppia Poirier-Oturu non si ostacola, anzi: si completa. Uno spinge a rimbalzo, l’altro chiude l’area. E tutti e due, finalmente, incidono.

Il lavoro difensivo è un altro marchio di fabbrica. L’Efes di Banchi è una squadra che ti stritola nella ripresa, quando la lucidità cala e la fatica si fa sentire. Osmani, Smits, Nwora: nomi non altisonanti, ma giocatori che difendono, tirano, attaccano senza paura, con un’intensità che fa la differenza.

Efes

Oggi, l’Efes non è più una squadra in cerca di sé stessa. È una realtà, una mina vagante, forse l’avversario che nessuno vuole affrontare ai playoff. Ha entusiasmo, gioco, rotazioni profonde e un condottiero che sa come si vincono le sfide decisive.

Perché Luca Banchi, in fondo, ha semplicemente fatto quello che sa fare meglio: dare un’anima alla sua squadra. E se il viaggio è cominciato tra i dubbi, oggi l’Efes viaggia a tutta velocità. E guarda i playoff con occhi affamati.

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