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Nemanja Nedovic è stato l'ultimo giocatore chiamato al draft NBA da David Stern, prima della sua ritirata in favore di Adam Silver. Era il 2013 quando i Phoenix Suns lo scelsero con la numero 30, l'ultima del primo giro, ma comunque utile a dargli un contratto garantito nella Lega più importante al mondo. Poco importa il fatto che sarebbe stato scambiato pochi istanti dopo per accasarsi con i Golden State Warriors. Se una, anzi, due franchigie NBA lo avevano notato quando, neanche 22enne, aveva mosso i suoi primi passi in Eurolega giocando una manciata di partite con il Lietuvos Rytas, il messaggio era chiaro. Quel ragazzo aveva talento ma, soprattutto, un potenziale enorme.

Gli States lo accolsero con il volto più amaro. Trasformandosi da terra promessa in maledetta. Un classico per tanti giocatori europei, cresciuti con un basket tecnico, tattico, intelligente, di fondamentali purissimi. Nedovic aveva tutto questo. Ma non quel plus atletico e istintivo in grado di fargli fare il salto di qualità, oltrepassando le barriere di Summer League e G-League. La sua dimensione era, ed è, l'Europa. Anche se gli occorsero altri tre anni per apparire sui radar principali.

Il "Nedovic di cristallo": la grande chance a Milano bruciata dagli infortuni

Nell'estate del 2018, quando sbarcò a Milano dopo aver vinto l'Eurocup e una stagione da 16.8 punti di media in Eurolega a Malaga, il termine "superstar" venne rigettato dai social. Nedovic non aveva ancora dimostrato di valere la prima, primissima fascia. Mancava ancora un gradino o due per l'incoronazione ufficiale. Quei gradini che ci si aspettava di vedere divorati con l'Olimpia. Ma che, in realtà, lo fecero scivolare all'indietro, triturandolo nel mare tempestoso degli infortuni. E trasformandolo nell'uomo di cristallo.

32 gare complessive di Eurolega in due stagioni. Soltanto 10 presenze da titolare. Media punti più che dimezzata rispetto al suo career-high (7.9) nel suo secondo anno in biancorosso. Il tempo dei saluti arrivò rapido e inclemente. Deciso a non credere in quei lampi di qualità assoluta mostrati nelle prime settimane di gestione Pianigiani. Quando le gambe fresche e la mente sana gli avevano permesso di iniziare la sua avventura dominando la Supercoppa di Brescia e lanciando l'Olimpia sul 2-1 (con storica vittoria al Pireo) nelle prime tre gare.

Nemanja Nedovic in una partita tra AX Armani Exchange Milano e Alba Berlino

Il riciclo al Panathinaikos, squadra delle seconde occasioni

Il Panathinaikos in crisi economica, terra di riciclo per grandi delusi, divenne la sua uscita di sicurezza. Una squadra in cui poteva esprimersi con carta bianca. Giocando da ball-handler totale, in doppia versione realizzatore-costruttore. Furono due anni di grandi cifre (16.0 punti e 3.7 assist nel primo) ma di delusioni tremende sul campo. Lì, a ruminare costantemente a fondo classifica. E, ancora una volta, con gli infortuni pronti a colpirlo e 17 gare complessivamente saltate.

Fino all'illuminazione dei nostri giorni. E il grande ritorno alla Stella Rossa Belgrado, sua alma mater. Lì, dov'è cresciuto dopo aver lasciato l'Italia, il Paese in cui si è avvicinato al basket seguendo il papà, giocatore di pallamano, ad Ascoli Piceno. E dove ha assaporato i primi passi sul palcoscenico europeo debuttando in Eurocup già nel 2008-09.

Nemanja Nedovic in azione in una partita tra Panathinaikos Atene e Asvel Villeurbanne

La rinascita alla Stella Rossa Belgrado: il vero Nedovic in versione star

Dopo aver trascorso le prime quattro gare ai box, Nedovic non ha più saltato una partita. Infilando una striscia di 21 presenze consecutive, un record per il suo passato recente. E sta dimostrando che, se integro, vale ancora la prima fascia di Eurolega. Calato in un nuovo ruolo che lo vede uscire dalla panchina, sta registrando cifre elevatissime per produzione offensiva rispetto al tempo trascorso in campo: 14.5 punti e 3.2 assist in appena 23 minuti di impiego.

La fiducia ritrovata nel sistema di coach Dusko Ivanovic è superiore anche a un'annata siccitosa nel tiro pesante (soltanto il 25.6%), un dato che non gli impedisce di essere il quinto giocatore per punti realizzati sui 40 minuti (25.1). Davanti a lui ci sono soltanto l'inarrivabile Markus Howard (30.1) e tre candidati al premio di MVP: Dzanan Musa (25.6), Johnathan Motley (25.3) e Sasha Vezenkov (25.2).

Nemanja Nedovic esulta con i compagni della Stella Rossa Belgrado dopo la vittoria nel derby contro il Partizan

Nedovic, match-winner del derby giocato in trasferta contro il Partizan, è andato in doppia cifra in 18 delle 21 gare disputate, piazzando cinque ventelli con un season-high di 28 in trasferta a Tel Aviv (coinciso anche con la sua miglior prestazione balistica dall'arco, 6/9), e ha registrato 10 partite con almeno 4 o più assist. Strano, direte, se lo avete visto giocare soltanto contro le italiane. Le tre singole cifre già citate sono arrivate proprio contro la Virtus e nel match di ritorno al Forum, mentre all'andata, nella partita che interruppe la maxi-striscia perdente dell'Olimpia, si fermò a 12 ma con un terribile 1/9 dall'arco, risultato deleterio per la sua squadra.

La Stella Rossa, in calo nelle ultime partite dopo la fiammata iniziale vissuta con l'arrivo di coach Ivanovic, è tredicesima (11-14) ma a sole due gare di distanza dalla zona playoff. E ora, con Facundo Campazzo finalmente pronto a scendere in campo allo scadere del "ban" per il fair-play finanziario, si accenderà una volata pazzesca. Con il Facu, Neda e Luca Vildoza sul perimetro, la Stella Rossa avrà un tris di superstar potenzialmente devastante.

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