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L'in-season tournament potrebbe includere anche squadre che non appartengono alla NBA. In passato abbiamo già organizzato tornei tra squadre di NBA ed Eurolega. Penso, per esempio, al McDonald's Championship. Ma la questione principale è riuscire ad avere il più alto livello di competizione possibile.

Adam Silver, commissioner NBA.

I nati prima degli anni '90 si dividono in due gruppi. Chi impazziva per il McDonald's Championship. E chi mente. Perché in quel periodo d'oro della NBA, segnato dalla prima, vera grande esportazione mondiale del prodotto, vedere la propria squadra (o un'italiana) affrontare una franchigia d'Oltreoceano in un match realmente competitivo non aveva prezzo.

I ricordi dell'ultima edizione del 1999, tenutasi al Forum di Assago, sono ancora vivissimi. La Varese dello scudetto della Stella, ribattezzata Rooster e con una divisa ispirata a quel meraviglioso momento artistico della moda sportiva NBA, affrontava i San Antonio Spurs di Gregg Popovich, reduci dalla conquista del primo anello della lunghissima dinastia, in una partita incisa a fuoco nei libri di storia.

Gianmarco Pozzecco, con i capelli rossi e il cerotto al naso, zigzagava tra quella che, all'epoca, era realmente la miglior difesa del mondo. Tanto da ricevere il plauso di Tim Duncan a fine gara. Charlie Foiera e Cristiano Zanus Fortes, con lo stesso look del Poz, guizzavano tra le Twin Towers. E Cecco Vescovi, top-scorer di quella serata con 20 punti, segnava il canestro del +9 a poco più di 9 minuti dalla sirena che sembrava spalancare le porte a una vittoria epica. Poi smontata da un contro-break devastante di 32-13 che aprì, nei secondi finali, anche lo spazio per un brevissimo cameo di Guido Bagatta.

Gianmarco Pozzecco difende su Avery Johnson nella partita del McDonald's Championship 1999 tra Roosters Varese e San Antonio Spurs.

Il dominio delle squadre americane nell'epoca d'oro NBA

Quella partita fu l'ultimo episodio tra squadre NBA ed europee della prima era. Un'epoca aperta nell'ormai lontano 1978, quando il Maccabi Tel Aviv sorprese gli allora Washington Bullets, e che contribuì ad avvicinare due mondi separati, in quegli anni, da una distanza tecnica, culturale e sportiva molto più grande del già di per sé sconfinato Oceano Atlantico.

Quel periodo, vera epoca d'oro della NBA, fu a senso unico. Le squadre statunitensi registrarono un record di 23-2 tra il 1984 e il 1999. 15-0 negli anni '90, la decade che influì maggiormente sulle fantasie dei tifosi di tutto il mondo. Erano gli anni del Dream Team. Dei Chicago Bulls di Michael Jordan. Delle canotte colorate con i loghi stilizzati che iniziavano a invadere il mercato. NBA contro Europa era qualcosa di mitico. Fino all'epoca moderna.

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Gli anni 2000: dall'NBA Europe LIVE Tour al crollo dei risultati

Negli anni 2000 la connection tra i due mondi divenne routine. L'NBA Europe LIVE Tour, tenuto a scadenza annuale tra settembre e ottobre, regalò ai tifosi del nostro Continente assaggi continui di un mondo che diventava sempre meno inaccessibile. Si giocava tanto. Tantissimo. Le squadre NBA, fisicamente molto attrezzate in un momento storico che favoriva difese e contatti, dominavano anche senza una preparazione atletica brillante. Il record di 32-5 negli anni 2000 parla da sé.

Ma la scorsa decade, aperta con lo sgambetto del Barcellona (campione di Eurolega) ai danni dei Los Angeles Lakers (campioni NBA), iniziò a cambiare gli equilibri. Pete Mickeal giocò una partita gladiatoria contro Kobe Bryant. E mostrò che la differenza tra i due mondi era ritenuta incolmabile a torto. Le squadre NBA iniziarono a faticare, o perdere, in maniera costante. Il record precipitò a 20-8 negli anni 2010, con tre sconfitte nelle ultime otto gare.

Il Fenerbahçe andò a vincere addirittura a Barclays Center, in casa dei Brooklyn Nets. E il Real Madrid di un giovanissimo Luka Doncic rifilò 142 punti agli Oklahoma City Thunder nell'ottobre 2016, il massimo mai realizzato da una squadra europea contro un'avversaria NBA. Fu il momento in cui i risultati consigliarono una ritirata strategica totale a partire dall'anno successivo (2017). Meglio virare su una differente linea di marketing, tradotta nelle partite di regular-season annuali tenute a Londra o Parigi. Mercati che NBA aveva già individuato molti anni prima dell'espansione dell'Eurocup voluta da Eurolega in questa stagione.

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In-season tournament con squadre europee: sarà il nuovo McDonald's Championship?

Ora, sotto l'influsso delle Coppe nazionali europee, un qualcosa di simile al mitico McDonald's Championship potrebbe tornare. NBA sta studiando il format di un in-season tournament da proporre già nella prossima stagione per rendere più interessante la parte centrale della regular-season, storicamente fiacca e ormai non più rivitalizzabile con lo spettacolo dal contenuto sempre più povero degli All Star Game. La formula, ancora da ufficializzare, potrebbe includere anche squadre europee e internazionali. Perché NBA tiene sempre un occhio ben aperto sul mercato.

Sarebbero partite differenti da quelle che abbiamo raccontato. Meno mitiche, ma più sportive, nel vero senso del termine. Perché l'NBA globalizzata di oggi ha ormai radici ben salde nel Vecchio Continente. L'Europa fornisce un quarto dei giocatori a roster delle trenta franchigie. E gli scambi tra i due mondi sono continui, soprattutto a livello di Eurolega, dove giocatori con esperienza NBA sono ormai quasi d'obbligo.

Sarebbero partite più sentite. Perché darebbero possibilità agli europei di farsi rivedere a casa propria. E agli americani "scartati" di prendersi una piccola rivincita di fronte al mondo dei sogni che non li ha accolti. Ma anche partite molto più equilibrate. Perché il livello dei top-team dell'Eurolega moderna è sicuramente rapportabile a quello di una franchigia NBA di bassa classifica.

Resta solo una questione per riaccendere in maniera definitiva il libro dei ricordi. Quando giocare? Eurolega, non è un segreto, si espanderà nei prossimi anni, aggiungendo nuove realtà e nuove partite che renderanno necessaria la divisione in due Conference per alleggerire il calendario. NBA, che sta invece studiando il modo di snellire il suo di una decina di gare, disputa una regular-season sfalsata sul piano temporale rispetto ai campionati europei.

Giocare in pre-season, come un tempo, contro avversarie europee già preparate e rodate, rischia di trasformarsi in una trappola. Giocare a fine stagione è proibitivo per entrambi i mondi, ormai congestionati dalle partite. Giocare durante la stagione è altrettanto complesso per mancanza di date libere. Ma, se il mercato chiama, e chiama in maniera forte e concreta, la soluzione si troverà.

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