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L'eliminazione prematura della Coppa Italia è stata la prima grande delusione della Virtus Bologna. Attesa? Sinceramente no, in quei termini. Cataclismatica? Altrettanto decisamente no.

Come sempre, nelle valutazioni servono misura ed equilibrio. Cose che sono mancate, in qualche occasione, nell'analisi di quello che è stato il KO virtussino di giovedì scorso.

Noi, su queste pagine, siamo stati i primi a sottolineare le dimensioni della caduta virtussina in una prova che è stata opaca, confusionaria, priva di tutta quella esperienza nella gestione dello sforzo e della gara che la Virtus aveva dimostrato per tutto l'anno. Con l'aggiunta di quel pizzico di presunzione che, fino a prima, non era stata ravvisato. Anzi, proprio l'umiltà era stata caratteristica distintiva della squadra di Banchi. E proprio della mancanza di quella il coach si è detto rammaricato, nella conferenza stampa post-partita.

A pesare, nella negatività della valutazione di quell'incontro, è stata anche la recidività. La Virtus ha giocato la stessa identica partita perso circa un mese prima in campionato al PalaBigi, aggiungendo che a gennaio Reggio Emilia aveva potuto contare sul talento di un Kevin Harvey che aveva deciso la partita e poi è stato tagliato dai reggiani per motivi disciplinari.

Bologna si presentava al quarto di Coppa con un roster di gran lunga superiore, con l'esempio impresso in mente della gara da non dover fare (cosa che ha fatto per ampi tratti di primo tempo, per poi sconfessarsi nel secondo) e con tutto il favore del pronostico. Per cui, dopo quella prestazione - brutta tanto dal punto di vista dell'approccio mentale quanto da quello tecnico - è stato più che lecito parlare di delusione e, perché no, di fallimento, per quanto concerne l'obiettivo della Coppa Italia. Anche alla luce del fatto che proprio la società si era esposta parlandone come di un obiettivo chiaro.

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Dopo tutto questo, però, ci pare necessario anche rimettere le cose nella giusta dimensione. La Virtus Bologna rimane una squadra che ha già un trofeo in bacheca nella corrente stagione - che poi sia quello che pesa di meno per numerose ragioni all'interno della stagione è cosa nota, ma sempre un trofeo rimane - e che ha svolto, sinora, una grandissima stagione regolare di Eurolega, ben al di sopra di quelle che erano le previsioni stagionali.

16 vittorie, 10 sconfitte e quinto posto (stesso record di Panathinaikos e Monaco, rispettivamente terzo e quarto, secondo il sito ufficiale della competizione). I play-in sono quasi cosa fatta e ora le vu nere guardano giustamente e ambiziosamente al traguardo dell'accesso diretto ai playoff. C'è da lottare per ottenerlo, ma la squadra di Banchi ha dimostrato di saperlo fare.

Ora, questa pausa che è arrivata è oro colato. Dopo la crisi di gennaio, la squadra si è lentamente ripresa, dal punto di vista fisico. Anche se sarebbe più corretto dire che si è ripresa non in modo omogeneo, dal momento che alcuni sono riusciti a farlo più rapidamente di altri. Per esempio, questa pausa vale sicuramente di più per un Hackett che è stato palesemente in debito d'ossigeno nell'ultimo mese dopo aver giocato una stagione incredibile fino a poco prima. Ma per tutti - compatibilmente con gli impegni nelle Nazionali - questo periodo sarà manna dal cielo per recuperare in vista di un rush finale molto più che cruciale.

Torniamo quindi al quesito posto nel titolo. Cosa cambia dopo la Coppa Italia per la Virtus? Poco o nulla. La Coppa Italia era un obiettivo stagionale: non è arrivato. Si riparte a lavorare, consapevoli della forza del gruppo e di quello che già ha prodotto, con la voglia di tornare a fare quelle magnifiche cose viste in stagione, a partire da quella qualità del gioco che è stata tra le prime d'Europa.

Se per qualcun altro la caduta in Coppa Italia può essere un colpo psicologico letale, per la Virtus può essere stata altrettanta dolorosa, ma allo stesso tempo anche una sveglia importante in vista della fase calda della stagione. Non c'è spazio per errori per una squadra che fa della coralità, del sacrificio e della caparbietà la sua identità: non ci sono altre strade che quelle del lavoro e dell'umiltà. Così è stato costruita quella bellissima classifica di Eurolega e così può essere portata a compimento.

Mancano 8 partite alla fine della stagione regolare. Fare i playoff diretti, verosimilmente, vorrebbe dire vincerne ancora 4 o 5. La prossima in casa contro Valencia è una must-win, poi gli altri obiettivi devono essere l'ultima casalinga con Baskonia e le trasferte contro Zalgiris e Stella Rossa, due squadre che al 19 e 22 marzo potrebbero essere già entrambe fuori dai giochi.

Ma la strada deve essere ancora quella intrapresa durante il gironde d'andata. Pochi calcoli; si guarda partita dopo partita. La Virtus deve continuare nel solco dell'identità che si è creata mese dopo mese, senza snaturarsi. Le cose, insieme a una condizione fisica da ritrovare in queste settimane, verranno di conseguenza. Prima il traguardo europeo, e poi si penserà al campionato.

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