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Adam Silver ai paris games 2025
Adam Silver, commisioner Nba - matteo andreani X

Se bisognerà attendere la fine del mese di maggio per le Final Four di Eurolega, l'inizio di aprile è il tempo di altre Final Four, quelle Ncaa, andate in scena a San Antonio, con i Florida Gators (con diversi profili da tener d'occhio per l'Europa) a tagliare le retine dell'Alamodome.

Già la Ncaa. E se fosse la lega universitaria più famosa al mondo a rappresentare il vero pericolo per il basket europeo?

Lungi da noi in queste righe negare la spettacolarità del College basket, fucina di talenti ma anche di storie, tradizioni che sono imprescindibili per gli addicted e che sono premiati nel weekend delle Final Four, da un successo di pubblico di certo non solo locale. Basta dare un'occhiata alle ultime venues per capirne la portata. Sempre organizzate in stadi da oltre 60mila posti nelle ultime dieci edizioni e con un seguito di audience da far invidia anche ai caldissimi palazzetti delle nostre latitudini.

Ma allora cosa c'è davvero da temere rispetto al mondo del College Hoops?

E' oro quel che luccica

Partiamo da i pro. L'american dream cestistico è già vivido ben prima della Nba. E' chiaro che essendoci 352 college di Division 1 il range qualitativo sia molto variegato ma è frequente trovare programmi che possono offrire strutture che in Europa non è facile trovare, a volte anche nei contesti di vertice. 

Le facilities, anche in college cosidetti mid-major (fuori dalla power conference), hanno standard spesso elevatissimi, offrendo agli alumni possibilità di sviluppo di alto livello di professionismo. Standard che diventano d'elite se si prendono in considerazione Università delle conference più forti (SEC, ACC, BIG12, BIG TEN, Big East) anche non focalizzando l'attenzione sui grandi nomi come Duke, UNC o Michingan State, tanto per citarne alcuni.

Un buon esempio che ben si intreccia con le vicende del vecchio continente è University of Illinois, casa dei Fighting Illini. Conference BIG TEN, nessun titolo nazionale, una finale nazionale (2005 con un certo Deron Williams in regia) e un'attenzione particolare al recruiting internazionale.

Moretti (ora a FAU), un reclutamento con diversi europei nel mirino (Suigo, Mirkovic e Muurinen, tutti ex ANGT Euroleague) ma soprattutto Jakucionis, ex Barcellona, e scelta da top10 del prossimo draft dopo una ottima stagione da freshman proprio in maglia arancione. Ovviamente ha fatto scalpore anche il recente caso del nostro Dame Sarr, anche lui sul taccuino Illini,  che ha scelto il Nike Hoop Summit, lasciando Barcellona in un momento in cui stava meritatamente ritagliandosi uno spazio importante.

Jakucionis futura scelta al prossimo draft con la maglia di Illinois
Jakucionis, Illinois - Eurohoops Espana X

Il richiamo del College, può derivare solo dalla possibilità di usufruire di strutture avanzate? Sicuramente, ma non solo. Tralasciando il fascino dell'esperienza sicuramente straordinaria e molto diversa rispetto ad ambiti europei, un grande cambiamento arriva dal NIL, name, image & likeness che ha aperto di fatto alla retribuzione degli atleti collegiali (tramite lo sfruttamento d'immagine non le prestazioni, semplificando) e che ha aperto un canale che ha ridato linfa al basket Ncaa.

NIL deals così remunerativi, da rendere non competitivi i contratti spesso giovanili, ma anche quelli senior di veri e propri prospetti, anche con minutaggi interessanti. Il già citato Jakucionis, forte di un NIL da circa 700k dollari, ha lasciato la cantera catalana. Sarr e Suigo sembra possano arrivare almeno al milione (oltre ad Illinois ci son diversi altri atenei), senza contare altri casi più dispendiosi, come l'ex Real Egor Demin a BYU.

Il college mormone con sede a Provo, UT è stata la casa della guardia russa in uscita dai blancos, attirato da un accordo addirittura superiore ai 2 milioni di dollari. Tutte cifre impossibili anche solo da chiedere a powerhouse del vecchio continente, anche se si chiamano Barcellona e Real, ma sicuramente alla portata di programmi non di primissimo ordine, ma in grado di attirare anche profili come AJ Dybantsa, top recruit della nazione, offrendo cifre da capogiro. 

E la lista sarebbe molto lunga. Perez, Garavaglia, Lonati restando tra gli azzurri sembrano, chi più chi meno, destinati ad un remunerativo futuro oltreoceano. Allargando di poco gli orizzonti, Stefan Vaaks, estone, nostro vecchio amico, promesso sposo di Providence, Ivan Karchenov, legato al Bayern fino al 2027 ma che sta sollevando diversi sguardi, Andrjia Jelavic, scuderia Raznatovic, “firmato” da Kentucky, che viaggia a 10 e oltre 7 rimbalzi di media con il Mega in ABA League, per chiudere con Hannes Steinbach, commited con Washington, dopo una stagione ad oltre 20 minuti di media tra i pro a Wurzburg tra Bundes e BCL. Un bel prospetto anche se da evitare paragoni con ali forti provenienti dalla stessa città.

Come si è chiesto Penarroya, la domanda del perchè giovani con prospettive se non strade piuttosto consolidate in club pro europei facciano il salto nel mondo collegiale, ha una sua logica. Tuttavia, oltre alle ragioni che abbiam visto finora, da non sottovalutare anche la visibilità e la creazione di una rete di contatti in prospettiva Nba

La tecnologia ha portato potenti mezzi per accedere a contenuti di ogni genere su praticamente qualsiasi giocatore in giro per il mondo e la Nba stessa con i suoi programmi (a partire dalle Nba Academy o eventi come Basketball without Borders) ha contribuito ad allargare la platea dello scouting andando ad intercettare talenti che prima erano esclusiva delle squadre locali, almeno nel primo sviluppo verso le prime squadre. 

I college non son stati a guardare. Il flusso “migratorio” è notevolmente salito negli ultimi 15 anni, consentendo una formazione più coerente con il modello Nba, che ha potuto osservare da vicino, ma ovviamente in posizione privilegiata, giovani internationals. E anche oggi rimane reale, forse non per forza vero, che la visibilità dal giocare già in USA o in eventi correlati, garantisce maggiore fiducia presso gli scout o i management Nba

Il pluricitato Jakucionis da scelta del primo giro, dopo un'ottima stagione ad Illinois è ora proiettato ad una probabile lottery pick, lo stesso Dame Sarr, ha tratto maggior giovamento dalla discussa partecipazione al Nike Hoops Summit più che dal buono stint recente con il Barça, anche in Eurolega. Dopo la kermesse di Portland, il nativo di Oderzo è entrato nelle discussioni per eventuali scelte già al prossimo draft.

Non proprio la stessa fortuna per giocatori come Nolan Traore (sceso da top-10 a fuori lottery) o al duo di Ulm, Ben Saraf e Noah Essengue, che nonostante le ottime prestazioni sui parquet del vecchio continente, non hanno subito particolari variazioni, specialmente al rialzo.

Il draft non è una scienza esatta. La storia, i nomi di Sam Bowie o Darko Milicic, e in generale il termine "bust" sono li a ricordarcelo, ma è ancora oggi forte è l'impressione che ci sia una sorta di diffidenza per chi non si sia testato in ambiente a stelle a strisce.

Cosa ne possiamo ricavare? La scelta del college sembra una situazione win-win al momento. Grande esperienza, in contesti con mezzi di primissimo ordine, buona esposizione e usiamo il termine, remunerazione, fuori mercato per il contesto di provenienza. Nella peggiore delle ipotesi insomma, andare a cercare fortuna in America sembra una decisione quasi logica, potendosi eventualmente riproporsi sui mercato europeo a fine ciclo o se qualcosa dovesse andare storto, anche sfruttando le diverse regolamentazioni dei campionati nazionali.

E la Nba?

La doverosa premessa è che l'approdo  europeo per quanto ufficiale, sta prendendo forma in maniera molto lenta, diremmo cauta. Il terreno è minato, la Nba lo sa e sa che non può prescindere da determinati mercati si, ma anche che non può fare a meno di altrettanti punti fermi già esistenti. E' altrettanto chiaro che l'intento di Silver e soci non sia di fare da mediatore per il bene del basket continentale, piuttosto quanto di rendere profittevole un mercato tanto appassionato quanto poco sostenibile.

Sicuramente è un'occasione per l'intero movimento per poter ritrovare unità, come auspicato dall'ELPA, molto bello sulla carta, estramamente intricato dovendo stabilire per forza di cose dei rapporti di “forza”. 

Ataman e le fresche dichiarazioni dell'ex Ceo di Euroleague, Bartomeu ci riportano ad un crudo realismo. La Nba arriverà e nelle gerarchie non potrà esser subordinata a nessuno. Il know-how riconosciuto nel generare un business tra i più ricchi e funzionali nel mondo dello sport, dovrà esser modellato su un contesto diverso e pieno di insidie. E qui il vulnus. Come? Queste difficoltà sono la ragione dell'estrema circospezione nel procedere. 

Pur rivendicando l'alleanza con FIBA, il deputy-commissioner Mark Tatum, ci ha tenuto a precisare che l'obiettivo non è prendere il posto di Eurolega, ma appunto di creare una lega sostenibile. Dichiarazioni che hanno cambiato in parte la prospettiva e forse rivelato che gli equilibri, di sicuro gli interlocutori, hanno ancora tutti un posto al tavolo.

Un passato alla rovescia

Storicamente c'è da notare come la Nba abbia già vissuto diverse situazioni con punti in comuni con quella attuale. Gli appassionati italiani ricorderanno il clamore della firma con la Virtus Roma di Brandon Jennings, nell'ormai lontano 2008, saltando di fatto proprio il college. Una storia ciclica ma con poli inversi che aveva radici proprio nell'ingerenza Nba in altre leghe meno solide economicamente.

La Nba scese in campo per aiutare la Ncaa nel 2006, vietando il passaggio direttamente dalle high school alla lega professionistica americana, imponendo limiti di età e dovendo aspettare un anno finito il ciclo liceale. Senza NIL, Jennings, top prospect già committed con Arizona, decise di approdare nella città eterna alla corte di Jasmin Repesa. Fa quasi ridere vedere come potesse sembrare l'inizio di una tendenza. Giovani americani, attratti da contratti e dal basket competitivo, evitare l'amatoriale college, per monetizzare un anno nel vecchio continente e poi farsi trovare pronti all'approdo in Nba.

Oggi Repesa è ancora nella nostra lega, Jennings dopo un'onorata carriera ha appeso le scarpe al chiodo. La sua mossa fece più scalpore che pionerismo. La Nba lavorò fianco a fianco con l'Ncaa per poter aiutare il college hoops ad avere un livello alto evitando fughe alla Jennings verso una pallacanestro diversa. La globalizzazione della Nba e l'introduzione del NIL in Ncaa hanno contribuito in larga parte a capovolgere la situazione. La Nba rimane il vertice e non potrebbe esser altrimenti ma la Ncaa è diventata se non un competitor, sicuramente un interlocutore più forte.

La creazione dei G-League Ignite (che ha raccolto diversi prospetti come Jalen Green o Scoot Henderson) non ha riscosso particolare successo e forse anche per questo la Nba ha volto il suo sguardo all'Europa. 

Il cielo sopra il basket europeo

Tralasciando non trascurabili questioni geopolitiche, ben più alte dei canestri, azzardiamo qualche ipotesi su future dinamiche. Esercizio sicuramente rischioso.

Come già detto in primis bisognerà capire come Silver intenderà entrare a livello di business nell'intricato sistema continentale. Forse è più facile immaginare almeno a livello tecnico cosa potrebbe accadere. 

Con il patrocinio Nba, Euroleague o lega nuova, in qualasiasi sua forma, potrà giovare di una sicura spinta per esempio sul flusso dei giocatori. I Nunn, i Parker potrebbero aumentare, elevando il livello della competizione, rendendo disponibili giocatori migliori anche al gradino inferiore, come le leghe nazionali (altro tema molto ampio). 

Il successo di una sostenibilità economica, proiettato verso l'alto, renderebbe più appetibile competere in Europa, soprattutto se le franchigie europee dovessero aver davvero potere economico non basato solamente sul mecenatismo dei singoli proprietari.

Certo sarà invece da minimizzare il rischio di situazioni alla Lonnie Walker, arrivato in pompa magna e andato via dopo pochi mesi. Fondamentalmente non è nell'interesse di nessuno far diventare Nba Europe come una G-League. Sala d'attesa del piano di sopra.

Alex Sarr e Adam Silver  al draft 2024
Alex Sarr scelto alla 2, direttamente dai Perth Wildcats, NBL - nblnextstars.com

Rispetto alla Ncaa, la possibilità di avere programmi specifici come già accade con la NBL australiana per i giovani prospetti, può esser un deterrente per contrastare lo strapotere del NIL mantenendo tuttavia il link con il mondo Nba e attirando sicuramente attenzioni mediatiche importanti, che Euroleague per esempio ha già dimostrato di non saper valorizzare al massimo. Se avete pensato a Wembanyama, avete fatto centro. 

Non è possibile ora giungere ad una conclusione definitiva, posto che ce ne sia una. L'impressione è proprio che regni sovrana la cautela. Il gigante Nba, proprio come un elefante in una cristalleria, dovrà misurare i propri step, conscio di approcciarsi ad un mercato sii pieno di potenziale ma anche molto diverso dal contesto USA e ricco di tradizioni, culture e regole diverse, che lo rendono così speciale per gli appassionati, con il suo carico di passione e contraddizioni. 

 

 

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