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Il diario delle Final 4 tra passione pura, legami forti e scoperte piacevolissime

Final 4 | Eurodevotion
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Final 4 2023 ormai concluse da diversi giorni. Resta quanto ti porti dentro ben oltre i verdetti del campo.

Vilnius ti accoglie con una di quelle giornate che descriveresti da 2 novembre ed il premuroso impiegato della compagnia di noleggio locale fa il resto. Premuroso, sì, ma nel richiedere ad un amico una garanzia di € 1200 per quattro giorni, dopodiché si dimostra oltremodo comprensivo nel capire che quella cifra esaurirebbe la capienza di una carta di credito ed allora propone il “deal” del secolo: «Ok, you pay € 400 and no deposit…». Bene ma non benissimo l’impatto con la terra della ceramica nera.

Quindi addio al noleggio, si va con Bolt, che è l’Uber locale. “Nomen omen”, dovrebbe garantirci certezza sulla rapidità del tragitto di circa 100km.

Campagna, campagna ed ancora campagna, tutto verde e non potrebbe essere altrimenti nella patria dello Zalgiris. E’ tarda serata quando si arriva a Kaunas, che ti aspetti di una certa dimensione ed invece è piccola ma gradevolissima, almeno per la parte centrale, specchio di brame che stridono con la tanta povertà che c’è allontanandosi da quelle poche strade molto occidentali e ben poco post sovietiche.

Laisves Aleja è l’indirizzo del classico AIRBNB che tutto sommato è valido, sebbene come spesso accade la prospettiva delle foto ti faccia pensare ad una metratura ben diversa. Più avanti scopriremo che quello Laisves Aleja altro non vuol dire che Viale della Libertà. O almeno così ci dirà un “local” dopo diverse birre, quindi per quanto ne sappiamo potrebbe anche volte dire ben altro.

E’ tutto concentrato in poche centinaia di metri, dalla Fan Zone ancora in allestimento al celeberrimo RePUBlic, luogo di trovo per tutti, ma proprio tutti, fino alle 4 del mattino (PS delusione pazzesca la domenica sera quando verremo espulsi alle due).

Il primo test culinario chiarisce molto: qua si frigge tutto, il formaggio fuso non manca mai e l’aglio è di ordinanza. La birra? Francamente, da amante del prodotto, mi aspettavo qualità ben superiore. Diciamo che siamo ad anni luce da Sam Adams o Murphy’s Red, per citare due fuoriclasse.

La prima notte passa tutto sommato tranquilla, sebbene quella specie di futon impedirà pure a vertebre e spalle di essere sotto pressione, ma il letto di casa è un’altra roba.

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DAY 1

Marshall Glickman fa gli onori di casa alla conferenza di presentazione dell’evento, dispensando sorrisi che fanno un po’ a cazzotti con il grande fantasma che aleggia su queste Final 4: «E se vincesse il Real?» La domanda è abbastanza bastarda, la risposta di quasi tutti, soprattutto “off the records” è tra l’impaurito ed il divertito: «Ci manca solo quello…»

Arrivano alla spicciolata i protagonisti ed una prima valutazione è solo ed esclusivamente a livello di stile e moda. Promosso Mike James, addirittura impeccabile Sasha Vezenkov, ci sarebbe da fare una chiacchierata con chi ha vestito Papanikolaou e Bartozkas. Bene Saras e Sato, come sempre, non ci convincerà mai l’abito dei blancos, che ironicamente ricorda molto il concettò di “grobari”. E qui si potrebbe organizzare un mondiale di ironia…

Joe Arlauckas introduce tutto e tutti ed annuncia sorprese. Di lì a poco ecco la prima ed è… incredibile. Vezenkov MVP! Ma dai, chi l’avrebbe mai detto…

La vera sorpresa, ammettendo la colpa di non conoscerla, è Sofia del Prado, co-presentatrice dell’evento ed assoluta protagonista del weekend. Mamma mia che bella! Poi quando si scopre che è stata Miss Universo Spagna si capisce meglio.

Tante domande, poca fantasia. Cosa mai volete che vi risponda un protagonista a cui si chiede «cosa provi ad essere alle Final 4?». A – avrei preferito essere eliminato prima, B – era meglio giocare i quarti di finale dei Playoff nazionali, C – peccato, avevo judo. Suvvia, si può far meglio.

Saras, all’ennesima domanda sul fatto di essere nella città natale, la fa breve: «E’ la F4 migliore perchè non devo pagare i biglietti aerei alla mia famiglia che è già a casa».

In lontananza, neanche tanto, si ode già l’urlo del popolo “red”, la domanda a Mike James è quasi sovrastata da quei cori, dopodiché il fenomeno del Monaco, sollecitato, sorride e risponde «Bello avere tifosi…». Scherza, molto, soprattutto con Jasi.

Scorrono i video dei messaggi VIP, tra i quali spiccano quelli di Doncic, premonitore col suo #halamadrid, e di Kyle Hines, uno che basta che apra bocca per catturare l’attenzione di chiunque. “Sir Kyle” si nasce.

L’attesa cresce, dal pomeriggio sarà ora di campo coi primi allenamenti. Mentre ci si trasferisce verso la Zalgirio Arena, ci si domanda quando sarà in programma la conferenza stampa del duo Glickman-Bodiroga. Ad un anno dall’allontanamento di Bertomeu, con tanti temi (problemi) sul tavolo, da Gran Canaria che tutti danno come certa rinuncia alle varie voci su Dubai, dalle sanzioni post rissa all’allargamento possibile nei prossimi anni, avere un resoconto di quanto si sta facendo per cambiare è ritenuto il minimo da parte di molti. Siamo tra questi.

Per la serie “conosci la Lituania”, si scarica l’accendino, la scorta di Toscanelli Gialli merita rispetto, un’anziana edicolante indica i due modelli che ha a disposizione: «This cheaper, this not cheaper» (testuale). Ma non ci avevano raccontato che qui parlano tutti benissimo inglese? Balla. Vada per il “not cheaper”, prezzo segnato € 1,15. Le dò 2 €, mi dà il resto di 50 centesimi. Ma non costava 1,15? «My friend, one fifty is like one fifteen…». Ok, non muoio per 35 centesimi, ma è una zanzata spettacolare e con inglese stranamente migliore. Non siamo “friends”.

Atmosfera molto rilassata a bordo parquet durante la “media availability” del Monaco. Tutti gli occhi sono su Mike James, mentre i giornalisti locali ovviamente assediano Donatas Motiejunas.

Le movenze del talento di Portland farebbero innamorare di questo gioco chiunque, c’è musicalità mista a poesia in ogni suo palleggio o tiro, sembra danzare con un ritmo che puoi aver solo nel sangue.

Gli chiediamo se serviranno adeguamenti contro la pallacanestro dell’Oly, lui chiaro: «No, dovremo solo essere noi stessi». Ed a Vezenkov, chi ci pensa? «Di certo non io, tocca a John Brown, uno che può cambiare e stare con tutti. E’ incredibile come sia stato escluso da ogni discorso sul difensore dell’anno, l’avrà presa sul personale… Io “big brother” della squadra? Parole grosse!»

Com’è Mike? Simpatico e disponibile, sorridente ed ironico. Ben diverso da quanto possa apparire in pubblico.

E John Brown? Meriterebbe il premio di MVP solo per gli occhiali indossati a bordo campo.

Sloukas fiuta il pericolo Monaco: «Siamo dove meritiamo ma non contiamo troppo sulla maggior esperienza, dovremo giocarcela fino in fondo».

Finalmente si può rubare Coach Bartzokas ai greci (a quelli delle televisione andrebbe ricordato che se ci sono 15 minuti di disponibilità globale, è buona norma non prendersene 12…): la serie col Fener vi ha resi più forti?

«Certo, è stata durissima, abbiamo sperimentato il massimo ed il minimo. Peccato aver avuto pochi giorni per preparare la Final 4. A volte può dipendere dalla fortuna, da un possesso».

Visione premonitrice di Georgios, quella sul possesso da cui dipende un risultato? Crudele. Piccola annotazione. Durante l’intervista suona la sirena che dice stop ai media, il Coach ripete il concetto espresso dopo che torna il silenzio. Piccole attenzioni che dimostrano disponibilità e classe, non è da tutti.

Altra cosa, chiarissima, quel riferimento ai pochi giorni tra gara 5 ed i Playoff. A noi pareva assurdo, anche per la logistica dei tifosi, ci conforta che la pensino così anche i Coach, sebbene per altre ragioni.

Tocca a quelli del “clàsico” e raggiungere Saras è pressochè impossibile vista la muraglia lituano-catalana che lo circonda. Se c’è un uomo sotto pressione, eccolo.

A proposito di pressione, c’è un uomo che oltre ad essere sottoposto a quella è anche solo.

Chus Mateo passeggia solitario a centro campo, cosa assai inusuale per l’allenatore del Real Madrid. Ma si sa, la stampa della capitale non ha mai mostrato troppo amore e stima verso il Coach sin dal primo quarto della Supercopa di Siviglia. Sfrutto il buon rapporto e lo avvicino, accolto da un sorriso e da una disponibilità che spiega per la prima volta (saranno tante in questi giorni) il valore umano prima che professionale. Come per Bartzokas.

«Abbiamo cuore, ci porterà lontano. Giochiamo contro una squadra che arriva qui in gas totale, servirà una partita perfetta».

E su Mirotic, cosa farai? «Credo sia meglio spiegarlo ai miei giocatori prima che qui a te…»

Ci riprovo: Satoransky, che tanto male vi ha fatto soprattutto in post in stagione? «Serviranno accorgimenti particolari, ma lui ha tante altre armi, così come tante sono le soluzioni per Saras. Dovremo scarificarci e diventare più grossi di quello che siamo senza Yabusele, Gaby e Poirier».

Mi dirigo dal Chacho che. oltre al solito sincero saluto a Milano, ha un sorriso sornione: «Io, Rudy e Sergi ne abbiamo vissute tante… Siamo cambiati molto, non è il Real di sempre, ma gli alti e bassi stagionali ci hanno aiutato a crescere».

L’impressione? Questi hanno idee chiarissime ed il pronostico che vede il Barça favorito inizia seriamente a vacillare. Il timore di chi non li vuole sul trono europeo cresce.

Tocca a Kuric. «Sono nel mio miglior momento e, sì, Saras è migliorato come allenatore anche perchè oggi ci ascolta di più».

E’ tutto vero, non basterà.

La notte scorre lenta come ogni cosa in Lituania, il RePUBlic è già casa, il piacere di discorrere di basket sino alle prime ore del mattino è impareggiabile mentre le vie (la via…) di Kaunas sono sempre più popolate di “rosso Pireo”.

Pochi italiani presenti a livello di media, altra occasione persa a testimonianza di un movimento sempre troppo provinciale. Ci sono però giovanissimi ragazzi che sanno il fatto loro cestisticamente: sarebbe bello che questo talento fosse realmente gratificato come un vero lavoro. Un consiglio da chi ha già perso quel treno anni fa per scelte idiote? Andate all’estero, lavorate con l’estero. Triste verità, è tempo di riprovare il “futon”.

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DAY 2

La sveglia arriva dagli altoparlanti della piazza principale intorno alla fontana (è sempre Viale della Libertà): suonano alte le note degli inni delle partecipanti. Dal “El cant del Barça” di Jaume Picas e Josep Maria Espinas al celebre “Hala Madrid y nada mas”, rivisto nel 2014 su richiesta del presidentissimo Florentino Perez e commissionato al cantante marocchino RedOne, per finire con il “Legend of stadiums” (perdoneranno i greci l’ignoranza nella lingua originale) dei Reds. Finito? Sì. Aveva ragione MJ, non solo son pochi i tifosi, non c’è nemmeno l’inno.

Il mattino scorre veloce, oggi si gioca.

Passeggiando sorge spontanea una domanda: esiste un lituano che sia più basso di un metro e novanta? E mentre quel dubbio rimane, ecco che incontro Misko Raznatovic, l’agente più potente d’Europa (ed oltre). Rapido invito ad una futura puntata di AREA 52 e poi via di pronostico: chi vince? «Real» con una certezza disarmante. Così sicuro? «Sì». Ecco.

La città è ormai totalmente rossa di passione Oly, l’alternanza è con tante felpe verde Zalgiris (le hanno tutti, ma proprio tutti), mentre i gruppi blaugrana e “blancos” sono veramente sparuti. Alla fine saranno un migliaio per squadra, mentre la quota dei greci, inizialmente prevista sulle 4000 unità, sarà raddoppiata.

Incontriamo degli eroi veri, 27 ore di auto dal Pireo alla Zalgirio Arena. Che dire se non “chapeau”?

I corridoi della splendida casa del basket di Kaunas iniziano a popolarsi verso le 1430-1500, a due ore dalla prima palla a due.

Le facce che lasciano gli spogliatoi per il primo contatto col campo sono belle tese, più quelle greche che quelle monegasche.

Il rumore, all’interno dell’arena è già assordante 90 minuti prima del via. Inutile dire quali siano i protagonisti sugli spalti.

La tensione del pre-gara, che avvolge anche tutti noi, viene stemperata da un messaggio bellissimo: «Lavativo, non sei ancora venuto alla Sports Hall ad innamorarti di Demin e Hugo?» Ovviamente si parla di Egor Demin ed Hugo Gonzalez, talenti del Real U18 che vincerà la Next Gen. Colmerò la lacuna solo domenica e sì, sarà amore a prima vista, più per Demin che per Gonzalez, senza dimenticare quel Jan Vide che farà le fortune di UCLA, al solito per un solo anno, e Mitar Bosnjakovic, oltre a Mohamed Diawara e Mouhamed Faye, quest’ultimo in forza a Reggio Emilia e protagonista con la squadra mista creata per l’evento coi migliori talenti eliminati nel corso della competizione. Demin si racconta che possa essere nel roster di Eurolega il prossimo anno. Vai ragazzo, il Facu potrà insegnarti tanto insieme a Sergi ed al Chacho.

Attenzione, ecco il dubbio… ma i grandi vecchi della “casa blanca” ci saranno ancora l’anno prossimo, col nuovo allenatore che sostituirà Chus? Avremo risposte chiarissime, o meglio, si creeranno situazioni talmente ovvie da non esserlo.

Monaco scappa, l’Oly sembra paralizzato, MJ in controllo totale tanto da zittire la folla “red”. Per un idolo di Oaka non è poco.

Dagli spogliatoi torna un Oly che vuole essere quello vero, la miglior pallacanestro della stagione si materializza di colpo ed è notte fonda sul Principato. 27-2 è storia, la “Roca Team” ci entra dalla parte sbagliata.

Walkup, MVP da 0 punti ma con 7 assist in un quarto ed una difesa leggendaria, dirà «Siamo stati perfetti», per il “Papa”, altro protagonista che ha suonato la carica nel momento più duro, «Ci siamo semplicemente guardati negli occhi ed abbiamo deciso di combattere», mentre Fall gli rende merito: «Nell’intervallo ha parlato K-Pap ed ha parlato il Coach, siamo tornati tutti sulla stessa lunghezza d’onda».

«Ho detto loro di stare calmi, non eravamo noi nei primi 20’» Il Coach la fa facile, in realtà è stata grande impresa. Oly in finale, come previsto in fondo.

Obradovic non si dà pace: «Mai vista roba come il terzo quarto». «Mike dice che voleva di più la palla in mano in quei frangenti? Forse abbiamo visto due gare diverse».

Scricchiolii: diventeranno crolli? Le cronache di mercato diranno che sarà così.

E’ tempo di “clásico”, è spettacolo.

Il Barça vola dall’arco, 9/14 nei primi 20′ e primo tempo avanti di 6. Appunto, se tiri così da tre e sei avanti solo di sei punti hai un bel problema. Detto, fatto.

Il Chacho ha altre idee, il Real non molla mai ed un fallo durissimo (sì, più duro di quello di Llull su Punter) di Laprovittola proprio sul genio di San Cristobal è sanzionato come antisportivo. Nessuna reazione, anzi. Lunetta, 2/2 e parziale sancito da una tripla che uccide la gara al limite dei 24″.

Mateo usa la zona con umiltà che ne dimostra la lucidità, Ndiaye cancella Mirotic, che ci mette del suo, i raddoppi di Tavares sui post di Satoransky sono una bella mossa. Real in finale, l’era di Saras in blaugrana si avvia verso la fine, peraltro forse già decretata indipendentemente dai risultati.

«I giocatori possono avere una serata negativa, succede, sono gli allenatori che non possono permettersela». Tra il realismo e l’ironia, Jasi si prende le colpe. Ok, Coach, tutto vero, ma se Niko & Nico giocano una gara oscena di questo tipo nell’occasione più importante dell’anno è dura pensare alle tue responsabilità.

Il suo collega Chus, l’uomo solo al comando, è raggiante: «Siamo una squadra vera, abbiamo dimostrato di aver uno spirito immortale». «Probabilmente sarei l’uomo più felice della terra comunque, ma voglio sperare che ci sia un’altra partita per sognare». L’allenatore lo conosceremo meglio negli anni a venire, l’uomo ci ammalia già ora (in realtà da qualche settimana, ma è un’altra storia).

Il fantasma “blanco” è sempre meno fantasma e sempre più realtà. Gli squardi si intrecciano tra i vari «E se vincono loro, chi lo manda via Mateo?»

Altra notte da RePUBlic che si alterna con un altro locale (Rockandrolla) dove scorrono fiumi di birra e basket in un panorama esteticamente “gradevolissimo”. E’ lo spettacolo delle Final 4, è la magia che scorre da Israele all’Italia, dalla Turchia alla Spagna, tutti uniti da una passione che non può avere confini.

PS E’ passato un altro giorno e non si ha notizie di una conferenza stampa del nuovo management di Eurolega. Ci si chiede la ragione.

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DAY 3

La seconda colazione lituana ci dà certezze: sanno fare bene sia il caffè che il cappuccino, roba non scontata anche nel mondo Nespresso, ma soprattutto a livello di pane e dolci la categoria è di tutto rispetto.

Il sabato è giorno di conferenze stampa ma l’eco dei verdetti delle semifinali è sempre molto forte. La maggior parte delle chiacchiere riguarda il futuro del Barça e quello del Monaco, con panchine roventi e tanti campioni sotto accusa.

L’incontro con Ioannis Sfairopoulos in sala stampa, dove il grande Coach greco, altra persona squisita, descrive l’attività dell’associazione allenatori di Eurolega ci aiuta a comprendere quale sia lo stato dei lavori FIBA-EL. L’impressione che ne ricaviamo è che non ci sia il minimo, fattivo passo avanti. Se da un lato si descrive l’atmosfera dei dialoghi come migliore rispetto passato, la realtà è che di passi avanti se ne fanno proprio pochi e che nemmeno le voci di coach (EHCB) e giocatori (ELPA) siano in grado di fare qualcosa.

Un esperto al quale concediamo il giusto anonimato è assai diretto: «Eurolega non vuole le finestre, FIBA le vuole. Quello che uno chiede, l’altro non è disposto a concedere, quindi non se ne farà mai nulla in queste condizioni». Aggiungendo poi che «FIBA in realtà si cura poco dell’Europa, e quindi dei problemi di Eurolega, perchè fuori dal vecchio continente il business funziona e l’espansione c’è con buoni riscontri economici».

Tutto chiaro, quasi troppo. Succederà qualcosa quando realmente alcuni club importanti diranno addio ai tornei nazionali. Ma per succedere servirebbe un’Eurolega capace di garantire entrate di un certo livello. Succederà mai? Meglio tornare al gioco, o meglio alle parole della vigilia di una finale che si preannuncia di altissimo livello. sarà così.

La conferenza che c’è è invece quella di presentazione della finale.

Dopo tante risposte che palesano il grandissimo rispetto tra i due Coach e le due squadre, ci sollazziamo a cronometrare la lunghezza delle domande di alcuni giornalisti greci insieme ad un addetto stampa (anonimo…): il record dice 1 minuto e 47 secondi. Meglio ignorare cosa sia stato chiesto al povero Sloukas, che comunque la chiude in 35 secondi. Non male una domanda più lunga di oltre un minuto rispetto alla risposta, dev’essere stata interessantissima…

Stuzzichiamo Bartzokas, ormai nostra vittima sacrificale (ce lo farà notare) sul peso del gruppo di giocatori nazionali, importante per Oly e Real sin dai tempi della finale del 2013, quando il Papa, Sloukas, Rudy, il Chacho e Sergi erano già in campo a Londra. La risposta regala diversi titoli.

«Il problema è che in Europa è sempre più difficile scovare talenti perchè i giovani preferiscono stare con un device in mano piuttosto che in campo ad allenarsi. E questo è molto complesso. Sul “core” di giocatori ti dico che non è tanto importante averne diversi nazionali quanto un gruppo di 6 o 7 che stiano insieme da tempo, che si conoscano e che conoscano la cultura e l’organizzazione del club. Allora puoi lavorare bene inserendo 1, 2 al massimo 3 profili nuovi ogni anno».

E’ quello che sta facendo l’Oly, non è un caso che si sia a questi livelli.

Poche ore dopo ed a seguito dell’ennesimo “frugale insieme di fritti ed aglio” rieccoci a bordo campo. Inizialmente tocca agli sconfitti di ieri sera e l’atmosfera è veramente cupa. Non poteva essere altrimenti, ma per qualcuno siamo proprio a livelli di massima frustrazione. Se lo traducete con Barça avete ragione.

Obradovic conferma il pensiero della sera prima: «Mai visto nulla come il terzo quarto. Ci ho provato con tre “handlers” in campo contemporaneamente che magari avrebbero potuto organizzare il gioco meglio… Ho messo i migliori difensori per fermare i loro tagli, ma tagliavano lo stesso…»

L’eco della polemica a distanza con Mike James resta pesante.

E proprio MJ, ai nostri microfoni indirizza la sua critica su se stesso ed il Coach: «Se devo indicare i responsabili maggiori scelgo me e l’allenatore». Proseguendo sulle ragioni della disfatta nel terzo quarto: «Un insieme di motivi tecnici ed emozionali. Se avessimo giocato almeno decentemente quei 10′ avremmo potuto vincere, ma dobbiamo farne tesoro, imparare, e magari saremo qui l’anno prossimo a riprovarci».

Proviamo a chiedere a Mike se oltre ad essere la stagione più competitiva di sempre lo sia stata anche dal punto di vista del livello tecnico: «Non so se ho una risposta, è cambiato il gioco e sono cambiati i parametri». L’impressione è che volesse dirci di no. E lui resta gradevolissimo come interlocutore.

Domandiamo a Kalinic come sia stato possibile vedere un Barça così negativo quando le premesse, sotto forma di gare prima di Kaunas , erano molto buone: «Non ho idea. Nervosi, forzando molto, siamo collassati dopo un buon primo tempo. Il tiro da tre? Si vive e si muore con quello».

Nico Laprovittola è distrutto. Verrebbe quasi da implorarlo di alzare la voce tanto bisbigli le risposte alle domande, comprese le nostre. «La realtà è che il formato delle F4 cambia tutto. Ciò che hai costruito per mesi deve emergere in una sola gara. Forse abbiamo sbagliato a scegliere di giocare una partita in un modo cui non eravamo abituati. Merito loro, ma quando abbiamo smesso di segnare triple non siamo più stati competitivi». E ci risiamo con quel tiro da tre.

A pensar male, ma neanche troppo, ci leggiamo una bella critica al piano partita.

Qualche minuto dopo Juan Carlos Navarro si concede alla stampa in zona mista. Impossibile fargli una domanda, è questione esclusiva dei giornalisti catalani.

La faccia è quella di chi segue un feretro, i concetti vertono tutti intorno al nome ed al futuro di Saras.

«E’ un’opzione, ma decideremo a fine stagione». Quella europea è già finita, la decisione forse è già arrivata. Ma da prima…

“La Bomba” ovviamente non parla di tagli al budget, quelli di cui tutti siamo già informati ma che esploderanno a livello mediatico solo giovedì, manco fosse l’esclusiva del secolo.

E’ tempo di vincitori, ecco quindi Real ed Oly.

Apre K-Pap, al quale riconosciamo una leadership che in passato è stata di Kill Bill e di Printezis: «Faccio solo ciò che serve alla squadra, quelle sono leggende».

Coach Bartzokas è spettacolare nel riceverci: «Hai ancora qualcosa da chiedermi dopo due giorni in cui mi hai domandato di tutto?». Ha ragione, risata e mi ritiro in buon ordine dopo che, comunque, mi regala qualcosa: «Oggi abbiamo lavorato su soluzioni per cercare di limitare Tavares, uno che ti crea diversi problemi».

Chus Mateo passeggia sempre solitario ed un cenno di intesa ci fa capire che è meglio lasciarlo al suo lavoro. Arriva Real Madrid Tv, alle istituzioni non si può dire no.

Ok, è sabato, non ci sono partite, quindi si può andare in un ristorante e provare a godersi una cena come si deve. Direzione Berneliu, quotatissimo. Carino, sembra molto “kaunastico”, ore 22.34, chiediamo un tavolo per 4. «Sorry, we close the kitchen at 2230». Fammi capire, weekend delle Final 4, sabato sera, 4 minuti oltre l’orario ufficiale e tu mandi via 4 clienti? Meglio tacere…

Dopo una sosta in un locale italiano dal quale impongo a tutti di fuggire (PS ammetto la malsopportazione verso chi va all’estero a cercare “un piatto di pasta”), via verso un mediorientale che sembra mica male.

Il problema è che un nostro commensale decide di prendere in mano la situazione ed ordinare per tutti. Dimentica che siamo 4, non 22. Arrivano a raffica decine di piatti di ogni tipo. Se ci fermassimo anche per la colazione di domani forse avremmo una possibilità di finire tutto. Scelta “tecnica”: niente dolce, come dessert finiamo le patate col formaggio fuso. E la solita addizione suggestiva di aglio…

Dopodiché, come sempre, è tempo di RePUBlic, che non alterniamo al Rocknadrolla, il quale ci rimbalza perchè “c’è una festa”. Altra genialata, la festa nel weekend in cui avresti centinaia di clienti stranieri.

Futon, dove sei? Sono le prime ore del mattino quando ti rimbalza nuovamente in testa la domanda sulla famosa conferenza stampa che non c’è. E non ci sarà.

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DAY 4

L’ennesima ottima colazione dimostra definitivamente che su pane e dolci questi lituani sono dei grandi. Qualità.

E’ ora di cancellare quel “lavativo” e di camminare per circa un chilometro verso la Kaunas Sports Hall, nuovissima e totalmente rifatta coi fondi europei. In fondo all’ormai celebre Viale della Libertà si entra nel parco e ci sono 180 gradini da fare per arrivare nel piazzale antistante la piccola arena. Palazzetto, è meglio.

Misko Raznatovic è anche qui leader assoluto e posa i suoi occhi su tantissimo talento, molto del quale passerà dalla sua Beobasket, se non lo è già.

Solito nutrito gruppo di scout, molti dalla NBA, poi arriva anche Claudio Coldebella, già incontrato due giorni prima, fresco di firma con Reggio Emilia. Bella notizia, l’Italia recupera un protagonista che conosce il gioco a fondo. Curiosità? E’ arrivato da Treviso con volo diretto su Vilnius. Se penso ai giri del mondo che hanno dovuto fare moltissimi per arrivare qui, quasi tutti con scalo a Londra, mi viene da ridere.

Vince il Real ed è solo la prima parte di una domenica trionfale per i colori “blancos”. Non lo sa ancora nessuno, ma molti lo credono assai probabile (sono tra quelli).

Nel mezzo di tanti ragazzi che ci danno conferma di come sia cambiato il gioco e come lo siano i suoi protagonisti più precisi, c’è una domanda che non riesco a trattenere: perchè i giovani lunghi (lunghissimi) di oggi tirano solo verticalmente senza mai cercare il giusto spazio e l’equilibrio del corpo attraverso un buon lavoro di piedi? Risposta vera ma desolante di chi studia questi futuri campioni: «Noi li vogliamo solo che rollino o che tirino da tre». Cosic, dove sei?

Pranzare è praticamente impossibile, le attese sono di almeno 90 minuti per un piatto cucinato. Soluzione insalata, per una volta si parla anche di cose serie che esulino dal basket con una persona speciale.

E’ tempo di Zalgirio Arena, è tempo di finale terzo e quarto posto, che ci attrae meno di quanto lo faccia coi suoi delusi protagonisti.

Si guarda qualche possesso qua e là, è tutto surreale. Il Barça comunica che non seguirà la finale e partirà subito. Magià dei calendari (mercoledì c’è la Jornada 34 di Liga), voglia di scappare da un incubo.

Sala stampa. Saras, perchè siete arrivati qui alla grande ed abbiamo visto il peggior Barça possibile degli ultimi mesi? Mirotic? Laprovittola? La risposta è la stessa del dopo semifinale: «Ai giocatori può capitare una giornata no, agli allenatori non è concesso». Ancora. Molto più penetrante di quando giocava.

Obradovic è di una naturalezza clamorosa, si fa apprezzare perchè sarà la decima volta che dice «E’ bellissimo essere qui, è il momento più alto in 18 anni di carriera». La faccia è quella di un uomo felice, sinceramente.

Prosegue: «Siamo terzi in Eurolega, non mi pare male». Lo stuzzichiamo sulla questione MJ: «Dobbiamo solo essergli riconoscenti per quanto ha fatto in questi due anni». Classe.

Poi cambia un po’ registro di fronte alla domanda dei francesi: «Perchè in LNB non mi avete votato come allenatore dell’anno? Forse perchè sono serbo?». C’è sotto qualcosa, ci interessa il giusto e sorvoliamo.

Arrivano le 20 locali, si alza la palla a due. La marea “red” è clamorosa, si fatica persino a parlare con la collega serba seduta di fianco la quale ti chiede semplicemente «Chi vince?». Risposta secca: «L’Oly ha giocato meglio per 7 mesi e merita di più ma io non arriverei agli ultimi possessi con gente come Sergi, Rudy ed il Chacho». Penserà ad un veggente, dopo che venerdì a metà “clàsico”, col Barça sopra di 6, le hai detto senza esitazione «Vince il Real perchè se fai 9/14 da tre e sei sopra solo di 6 hai un grosso problema in arrivo».

L’Oly pare migliore, lo è stato tutto l’anno, prova a scappare am il Real non molla mai. Primo tempo 45-45 e ti viene in mente che un anno fa a Belgrado, quello era il punteggio ad 8′ dal termine.

E’ una finale bellissima, la più bella della nuova era insieme a Real-Fener del 2018. Inizia ad assalirti la solita sensazione di sconforto con pensieri per chi perderà. Ci sono in campo grandi campioni e grandi uomini, non sai cosa sperare. Ma in fondo è proprio necessario tifare per l’una o per l’altra? No.

Brutte sensazioni quando Vezenkov e Sloukas non fanno cose che farebbero ad occhi chiusi, Walkup è clamorosamente battezzato e sembra parte di un piano. Scricchiolii quando Fall tenta un “gancio cielo” improbabile per esecuzione e momento.

La storia la scrive Sergi, sempre lui. Ti aspettavi “p&r” Chacho-Tavares con Hezonja sul lato forte e la coppia Llull-Causeur su quello debole, invece la panca madridista è unita nella scelta. La si dà ad uno che è a quota “0” sino ad ora. Magia dei campioni.

Sloukas potrebbe fare ciò che fa da sempre, pure lui, ma il ferro dice no. Crudele, tanto, forse troppo.

La zona mista, ovviamente raggiante nei colori bianchi, vede un Vezenkov scoppiare a piangere mentre parla con la televisione greca. «That’s basketball». Lo sappiamo, ma c’è una grandissima tenerezza nel vedere l’MVP crollare così. La coglie Jenny, la responsabile della comunicazione Oly, professionista con cui tutti vorrebbero avere a che fare per educazione e disponibilità. Una carezza a Sasha che è forse l’immagine più bella delle Final 4, nella sua crudeltà.

Bartzokas parla come una macchina, non si nega a nessuno. Non ho il coraggio di chiedergli niente. Lo so, è mancanza di professionalità, ma l’uomo merita comprensione. Chissenefrega dell’articolo.

Ed ora la festa.

Poirier e Causeur sono raggianti con i colleghi francesi, Musa non sta nella pelle, arriva l’eroe, ecco Sergi.

«Credo sia la prima volta che segno un tiro decisivo in Eurolega». Dai Sergi, non scherziamo… E’ la prima delle due grandi bugie di questa sera.

Quando si palesa il Presidentissimo Florentino Perez si ferma tutto: giocatori negli spogliatoi col “Pres”.

Insieme ad un brillantissimo giovane italiano di Eurohoops (ma sì dai, facciamo il nome perchè è veramente super: Cesare Milanti) chiediamo ai responsabili media madrileni se ci concedono il Chacho per qualche minuto in italiano. «Certo! Finisce col Pres e ve lo porto». “Classy act”, non così comune.

Chacho, che dire? «Forse la miglior partita della mia vita». Ecco la seconda bugìa, ne ricordiamo a decine anche oltre questo livello. Il sorriso del campione è un’altra immagine indimenticabile.

«Ho cambiato, è sempre dura farlo, ma sono venuto qui ed ho trovato un Real diverso che, attraverso gli alti e bassi stagionali, è cresciuto e si è fortificato». Ce lo aveva già detto, era un’altra premonizione che avremmo dovuto cogliere meglio.

Il Bartzokas della sala stampa è colpito duro, sempre accompagnato dalla grandissima classe con cui riconosce i meriti di Chus e del suo Real. 4 giorni dopo dirà «E’stato come essere travolti da un treno. Abbiamo sbagliato 10 cose nella gara, se solo una fosse andata nella nostra direzione oggi avremmo la coppa».

Arrivano Chus e Tavares e qui c’è il grande e per nulla banale elogio del gigante al suo allenatore: «Se siamo qui è solo merito suo. Dovreste chiedergli scusa per tutto quanto avete detto e scritto su di lui in stagione». Il messaggio è per la stampa iberica, non ci sentiamo minimamente coinvolti. Mai sentita una dichiarazione del genere, così profonda, da un giocatore per il suo Coach.

Chus piange, appoggia il braccio sulle possenti spalle del capoverdiano in un gesto di pari tenerezza a quello citato di Vezenkov.

«Non mi interessa cosa si dice e si scrive, i social sono gratis, spesso chi critica sa poco di basket. E’ il mio lavoro, so che va così ma io devo pensare alla squadra e mi pare che si sia potuto fare qualcosa di grande grazie a tutti, ai giocatori ed al mio staff».

Con quello che ha passato avrebbe potuto anche togliersi molti più sassolini. Ancora, classe.

E’ veramente finita. E’ ora di saluti con tanta gente che ama il giochino come te ed allora «Ci vediamo a Berlino o in qualche arena d’Europa».

Conti i giorni che mancano alla prima della nuova stagione, saranno tra i 130 ed i 135: cosa si fa il giovedì ed il venerdì sera nel frattempo?

Sei felice perchè pochi la meritano più di Chus, ma sei molto più triste perchè nessuno la meritava più di Georgios. Da ‘sta cosa proprio non ne esci, serve lavorarci sopra.

L’ultima notte del RePUBlic ci porta in dote l’ennesima delusione sul fronte birra. E’ tardi, alle due si chiude, ma mezz’ora prima la spina della Guinness è già in spogliatoio. Il barista propone «una scura molto simile, anche migliore». Ok, volevi vendermi una birra, ma potrei citarti in giudizio accompagnato dagli avvocati della Guinness solo per averle messe nella stessa frase.

Quell’asse predetta tra Israele e l’Italia, fra la Spagna e la Turchia, partorisce parole che sono il succo di questa esperienza: «Ragazzi, stare insieme in questi giorni è stato come sempre magico, ma non può essere che accada solo una volta l’anno. Organizziamoci per un weekend, anche senza basket». A quel “senza basket” non ci crede nessuno, quelle parole frutto di saggezza mediorientale sono il tutto di queste giornate.

Il “futon” attende per l’ultima volta, ci si va emozionati. Naturalmente dopo chiacchiere infinite che, anche a RePUBlic chiuso, si protraggono fino alle tre e mezza.

(5/6, scorri in fondo per cambiare pagina e proseguire la lettura)

DAY 5

E’ lunedì mattina, è proprio finita. O meglio, lo sarebbe se non ti accorgessi di aver lasciato metà della strumentazione nell’armadietto della Zalgirio Arena. Piovono imprecazioni anche di un certo spessore. Via di corsa (sì, si fa per dire…) verso lo splendido impianto lituano per un’ultima volta. Sarà aperto il lunedì mattina alle 830? Lo è e fortunatamente si recupera tutto dopo una breve negoziazione con una signora che non credo abbia minimamente compreso una singola parola di quanto gli ho detto.

Confessione? Ho fatto un salto negli spogliatoi per vedere se qualcuno avesse dimenticato qualche maglia. Nulla, maledetti.

Ritrovo con il solito gruppo e via di Bolt verso Vilnius, dove attende il volo per Malpensa.

Dormita colossale sul volo e si arriva a casa. Le ultime idiozie vengono sparate al nastro dei bagagli e qui cala il definitivo sipario.

Cosa ti resta di un’altra Final 4?

Quella solita, maledetta sensazione, sempre più forte: c’è la gioia per chi vince, ma maggiore è il sentimento di vicinanza per chi ha perso. Li hai studiati, li hai esaltati, li hai criticati, a volte li hai amati, a volte decisamente meno, ma essere così a contatto con loro ti ricorda che sono prima di tutto esseri umani, alcuni più apprezzabili di altri, con le loro forze e con le loro debolezze che vanno bene oltre contratti milionari e la fortuna di aver potuto rendere lavoro un sogno da bambini.

Il pianto di Vezenkov, quello di Chus che stringe il braccio di Tavares, lo sconforto di Obradovic, il bisbigliare di Laprovittola…

Più di tutto però una certezza, abbastanza sorprendente: il grande spessore umano dei quattro allenatori. Non è necessario essere sgradevoli, a volte maleducati e poco sopportabili per essere un grande della panchina: Chus, Georgios, Sasa ed anche quel Saras sotto una pressione incredibile, lo hanno dimostrato.

Una volta di più, “thanks basketball”.

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