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Euroleague Coach of the Year? 5 nomi tra certezze e sorprese

Coach of the Year | Eurodevotion
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Coach of the Year per la stagione di Eurolega 2022/23? A due turni dal termine della stagione regolare ci sono 5 nomi che guardano il resto della compagnia dall’alto.

I riconoscimenti individuali di fine stagione sono sempre un grande tema di discussione. Innanzitutto andrebbe chiarito se si parla di stagione regolare o di Playoff e Final 4, separandone le situazioni, perchè è molto evidente che se si attende la disputa della fase finale del torneo i nominativi che possono emergere sono soltanto legati all’esito di quelle gare che assegnano il titolo.

A noi è più gradita la separazione di quelle due situazioni, nell’ottica di riconoscere il valore di una stagione di sei mesi che non può essere spazzata via da una o due gare per quanto decisive. Anche perchè altrimenti si farebbe presto, premio a chi vince e nessuna valutazione che si distacchi dal mero risultato.

Il riconoscimento di COACH OF THE YEAR, basato sul lavoro svolto sino a oggi, vede 5 candidati elevarsi assai nettamente sopra la media. Georgios Bartzokas (Olympiacos), Oded Kattash (Maccabi), Zeljko Obradovic (Partizan), Joan Penarroya (Baskonia) e Kazys Maksvytis (Zalgiris).

Se il greco ed il serbo non sono certo situazione inattese, visto che hanno già ricevuto il premio più volte, 2 il greco e 3 il serbo, nonchè si tratta di plurivincitori di Eurolega, guardando all’israeliano, al lituano ed allo spagnolo si tratta di vere e proprie rivelazioni, almeno sulla carta e per il grande pubblico.

GEORGIOS BARTZOKAS, timoniere della macchina “più perfetta” che c’è in Eurolega oggi, quell’Oly che ha impressionato praticamente sin dal Round 1, ha proseguito il grandissimo lavoro della scorsa stagione, se possibile migliorandolo ulteriormente.

Da un mercato poco eclatante ma molto equilibrato e funzionale sono arrivati nomi che non facevano girare la testa ma che hanno fatto girare appieno il motore del Pireo.

La gestione dello sforzo, anche facilitata da un torneo nazionale non esattamente “demanding”, è stata perfetta. La pallacanestro prodotta è stata abbondantemente la migliore del lotto, considerando entrambi i lati del campo. L’Oly di Bartzokas è una delle poche squadre che può vincere ai 70 come ai 100: non è poco, anzi è tantissimo.

Solo quel fenomeno di Micic tolse 11 mesi fa la finale ai “reds” che non si sono scoraggiati e dopo un 2021/22 chiuso a 19/9 (solo 28 gare per via dell’esclusione delle russe) al secondo posto è arrivato l’attuale 23/9 che molto probabilmente vorrà dire prima piazza, col chiaro obiettivo di sfatare il tabù che spesso ha colpito i migliori della stagione regolare.

La candidatura del Coach nativo di Atene è assolutamente una delle più legittime.

ZELJKO OBRADOVIC rappresenta l’eccellenza mondiale in panchina da oltre 30 anni. Nessuno come lui ad oggi e molto probabilmente mai ci sarà, anche perché scommetteremmo che la ricerca della sua personalissima “decima” (sì, ne ha vinte 9…) è in corso e prima o poi potrebbe arrivare.

Tra decine e decine di titoli ovunque abbia allenato (ha vinto almeno un trofeo su tutte le panchine sulle quali si è seduto), la stagione attuale rappresenta l’ennesimo capitolo di valore assoluto.

Venendo dalle grandissime delusioni dell’annata scorsa, sia nazionali che europee, non vi era nulla di scontato per quanto riguarda questo Partizan e l’inizio della stagione ha confermato tutti i dubbi che potevano esserci. Tuttavia, stupidamente, non abbiamo considerato che se sei allenato dal più grande di tutti, la mediocrità non è un’opzione mentre il miglioramento è un dovere che si trasforma in fatti.

Adattando il suo credo tecnico alle caratteristiche dei giocatori a propria disposizione ha piazzato un enorme 14/5 nelle ultime 19 gare disputate, portando i “grobari” ad un passo dai Playoff. Dovessero arrivare sarebbe gloria immensa, non dovesse succedere resterebbe un cammino straordinario. E resta anche il fatto che la pallacanestro offerta dai bianconeri di Belgrado è qualcosa di unico per spettacolarità coniugata all’efficacia.

E proprio quel cammino va valutato, perchè potrebbe essere anche ritenuto più complicato, e quindi implicitamente migliore, di quando il fenomeno di Cacak allenava squadre tipo il Pana del trio Jasi-Spanoulis-Diamantidis. Non si può e non si deve solo guardare al risultato, ma al lavoro globale: quanti Coach sarebbero stati capaci di arrivare sino a qui con un asse play-pivot formata da Exum e Lessort, ovvero una PG che quel quel ruolo lo ha ricoperto a sprazzi ed in modo comunque inusuale ed un centro che è sostanzialmente scarto di diverse altre realtà europee, non necessariamente di altissimo livello?

“Zoc” si è dimostrato ancora una volta il numero uno proprio per la capacità di far giocare la pallacanestro che funziona oggi, senza incapponirsi su idee che non sarebbero state efficaci. E’ al massimo livello da 30 anni, poteva cadere in quel tranello ed invece ha dimostrato di essere il più “moderno” di tutti.

ODED KATTASH a metà dicembre ha seriamente rischiato di essere esonerato. E’ una realtà. La vittoria di Milano in rimonta (meno 8 dopo 20′) è stata un primo passaggio chiave ma poi anche la settimana da doppio turno spagnola (Barça e Valencia) a fine gennaio ha rappresentato un altro momento di grande tensione.

Ma in quelle due gare, la sconfitta sfortunata del Palau e la vittoria con invece un buon contributo della dea bendata alla Fonteta, è nato, sia tecnicamente che emotivamente, il Maccabi di oggi, una sinfonia quasi perfetta.

Sono poi tornati in piena forma i due leader, Lorenzo Brown e Wade Baldwin, cosa che ha ovviamente aiutato, e qui il grande lavoro del Coach è stato nella direzione di non legare i profitti della squadra al solo talento delle due PG ma di connetterli con il resto dei componenti il roster. Quando i vari Sorkin, Nero, Martin, Cohen, Colson etc si sono sentiti coinvolti ecco che è nata una squadra vera che oggi fa paura per talento, atletismo e fisicità.

Anche per Kattash manca un piccolo passo verso il traguardo Playoff ma in ogni caso si tratta di un lavoro notevolissimo che pochi ritenevano fosse nelle sue corde. Forse sottovalutando quegli ormai famosi “allenamenti brevi” che tanto piacciono agli americani. Sì, proprio quegli americani che a Tel Aviv sono storicamente di casa.

Il Coach che non sorride mai merita ampiamente di essere in questa conversazione.

JOAN PENARROYA ha eccitato tutti gli amanti di questo gioco come pochissimi altri, offrendo uno stile di pallacanestro pulito, semplice, efficace ed assai redditizio in base agli uomini a disposizione. In fondo è semplice: corri, occupa gli spazi bene e se hai un tiro non rinunciarci mai.

Un roster accreditato di un piazzamento decisamente ai margini della lotta Playoff è stato anche in testa a questa competizione e non va dimenticato che lo è anche in Liga Endesa con 21W e 4L insieme alle grandi di Spagna. E’ un torneo che ti prosciuga, di livello clamoroso, e quindi essere doppiamente competivi senza avere la profondità di Real e Barça è merito assoluto. In fondo l’unico vero passo falso stagionale è stato il brutto quarto di Copa del Rey in cui è arrivata la sconfitta con Badalona.

Il Coach bi-campione di BCL con Burgos tra il 2020 ed il 2021, ha avuto poi un’esperienza a Valencia in cui non è mai sbocciato il vero amore con la piazza e con la dirigenza. Tutti lo davano ad un bivio, fallire anche col Baskonia sarebbe stata una bocciatura nei quartieri alti ma il catalano nativo di Terrassa ha semplicemente fatto il proprio lavoro, incurante di pressioni e di discorsi pericolosi.

I baschi sono la squadra europea che più volte è andata oltre quota cento ed in moltissime occasioni hanno saputo travolgere letteralmente gli avversari con un ritmo insostenibile per quasi tutti, come accaduto nella seconda metà gara col Fener venerdì scorso.

I Playoff sono ancora possibili sebbene complicati, è probabile che il mancato raggiungimento della postseason tolga automaticamente Penarroya dal discorso COY, tuttavia quello che abbiamo visto in campo non verrà certo cancellato.

Oggi il Baskonia è suo e la Buesa lo riconosce senza dubbio alcuno.

KAZYS MAKSVYTIS e la sua stagione alla guida dello Zalgiris si possono riassumere con delle semplicissime considerazioni, peraltro ribadite recentemente anche da Donatas Urbonas, prestigiosa firma lituana, tutte cose che ci trovano perfettamente d’accordo.

Allena una squadra che ha uno dei tre budget più bassi dell’intera Eurolega, è partito con ben 8 giocatori nuovi a roster, ha visto il suo miglior giocatore, peraltro legittimo candidato MVP sino a quel momento, terminare la stagione per infortunio nel mese di dicembre ed ha dovuto ricostruire una squadra che arrivava dall’ultimo posto dello scorso anno, dilaniata da polemiche e con una panchina più che bollente. Serve altro?

E’ quasi un esordiente, ha saputo dare un’anima tecnica ed una emozionale ad un gruppo di giocatori che da inizio anno venivano descritti, soprattutto quelli locali, come “presenti a roster solo perchè lituani, non certo di livello Eurolega”.

Lo Zalgiris gioca bene, lotta e vuole crederci sino in fondo, sebbene le possibilità Playoff oggi non siano così ampie.

Resta un capolavoro, senza se e senza ma.

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