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EUROLEAGUE STORY 2013/14: la cavalcata del Maccabi e il ritorno delle scarpette rosse

2013/14
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Storie nelle storie, intrecci, colpi di scena, certamente non un’annata come tante. La stagione 2013/14 la possiamo ricordare come la stagione del Chacho Rodriguez Mvp da sesto uomo, come quella dell’esperienza in panchina che ha lanciato nell’NBA Blatt e ci ha riportato Messina, oppure la stagione del Rising Star di un rampante Bogdan Bogdanovic, quella dell’Alphonso Ford di Keith Langford, dell’addio al basket di Jasikevicius, ma anche la prima sul pino del Fenerbache del leggendario Zelimir Obradovic.

E’ anche, e soprattutto, quella della cavalcata del Maccabi al titolo e alla gloria. Ma per noi italiani è anche di più. Sarà ricordata come quella del risveglio delle scarpette rosse di Milano, tornate a ruggire sui campi d’Europa, e anche, di contro, come l’ultimo ballo della Montepaschi Siena nella pallacanestro che conta.

Stagione regolare

Il gruppo A si presenta come il più competitivo, con due delle finaliste dell’anno precedente, il Cska Mosca di Ettore Messina, che aggiunge un Kyle Hines in più, direttamente dalle Final Four di Londra, e il Barcellona di Xavi Pascual e Navarro, che addiziona Kostas Papanikolaou, strappato in estate con un cospicuo buy-out di 1,5 milioni di euro al Pireo.

A spuntarla su entrambe sarà però l’ambizioso Fenerbache allenato da, come lo definì nel 2013 Nick Calathes, “il Phil Jackson europeo” di cui sopra: il team turco si dimostrerà in grado di battere due volte l’armata rossa e anche i blaugrana alla Ulker Arena, strappando così il primato del girone nel segno di uno strabordante Bojan Bogdanovic. La quarta squadra di questo gruppo a staccare il biglietto verso le Top 16 è, per il rotto della cuffia, il Partizan del ventunenne Bogdan Bogdanovic e di Lauvergne, i quali destini si torneranno curiosamente a incrociare con quello del re della panchina, non molti anni dopo.

Teodosic affronta Navarro

Il Real Madrid dominerà invece il proprio girone di qualificazione (gruppo B) con un percorso netto di 10-0, dimostrandosi più che mai desideroso di riscattare il secondo posto di Londra dell’anno precedente.

Ad inseguire c’è un EA7 ancora in fase embrionale, quella meno convinta della prima parte di stagione, quella ancora prigioniera dei complessi d’inferiorità degli anni precedenti. Il nuovo allenatore, il toscano ex Mens Sana Luca Banchi viene accolto con freddezza, la squadra, anche in campionato, non brilla – è terza a metà stagione -, la coppia Jerrells-Haynes in regia non ingrana, ma comunque le prestazioni fuori dalle righe di Langford e Gentile garantiscono il passaggio del turno con un record di 5-5.

Anche Zalgiris ed Efes non sono scintillanti, ma riescono a prevalere con il maggiore talento sulle meno quotate Strasburgo e Bamberg, che subiscono l’eliminazione.

Invece, sebbene nel gruppo C faccia rumore e clamore il 10-0 dell’Olympiacos, che rinnova le sue ambizioni ad altissimo livello dopo il biennio precedente di sogni e di trofei, la notizia più grande è l’esclusione di Siena, che fatica tanto e non riesce a qualificarsi alle top 16, un evento che non avveniva dal 2007, ovvero il momento in cui era appena iniziata la grande epopea dei 7 scudetti consecutivi. La squadra di coach Crespi, costruita con ambizioni ridimensionate e con l’ombra incombente del fallimento, sarà l’ultima Siena a calcare il parquet d’Europa, nonostante le prodezze di Daniel Hackett, che, al contrario, non vedrà scritta l’ultima parola della sua carriera in Eurolega, nè per quella stagione, nè per quelle successive.

Dietro all’Olympiacos, che aveva perso in estate gente del calibro di Antic, Hines e Papanikolaou, ma si era rinverdita grazie ai centrati acquisti di Lojeski e del futuro difensore dell’anno Dunston, cominciava a farsi vedere un Galatasaray che avrebbe detto la sua più avanti nella competizione, seguito dal Bayern guidato da Malcolm Delaney e dall’Unicaja di Malaga, tutte qualificate alla fase seguente.

Siena saluta l’Eurolega per l’ultima volta

Per finire, le ultime da citare che passarono la fase di scrematura partiamo da un deciso Maccabi Tel Aviv, che si prende il gruppo D con relativa facilità e si dimostra un team alquanto promettente per il prosieguo della stagione. Nessuno, però, immagina ancora quanto.

A strappare il pass per la fase successiva sono anche, appaiati, il Lokomotiv Kuban e il Laboral Kutxa Vitoria di Don Sergio Scariolo e di El Chapu Nocioni. Particolare invece il percorso del Panathinaikos, piuttosto zoppicante e con un record di 5-5, che non convince a pieno per una delle grandi storiche del torneo, che da queste stagioni in poi continuerà a faticare a tornare a imporsi nella più ristretta elité delle contender a cui apparteneva di diritto nelle stagioni passate. Da ricordare invece l’uscita della Stella Rossa che metteva in mostra lo sbocciare di un prodigio della natura di 221 cm, Boban Marjanovic.

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Top 16

Il nocciolo della stagione è arrivato. E’ quindi la seconda fase a determinare le migliori otto squadre del continente.

Nel gruppo E il Barcellona la fa da padrone, realizza un record di 12-2 che lancia i blaugrana verso il prosieguo della competizione con i confermati galloni di favorita per la vittoria finale, grazie a convincenti trionfi sia contro il Fener, sia contro le due greche.

A stupire è però l’Olimpia Milano, che raggiunge in queste Top 16 il livello di gioco più alto mai raggiunto nell’era Armani fino ad allora, e una tale qualità tornerà ad esprimerla soltanto sotto la guida di Ettore Messina nella stagione appena conclusa. In città l’aria è magica, sotto quel motto di Red Shoes are Back si nasconde la liberazione di tutte le frustrazioni, le delusioni, i sogni repressi degli ultimi vent’anni. La squadra di Luca Banchi ha costruito un’anima forte e si galvanizza con l’arrivo di Daniel Hackett, che, come dice Werther Pedrazzi in Scarpette Rosse, è l’ultima trasfusione da Siena, il cui barile era ormai vuoto: Danny Boy viene scambiato con Marquez Haynes e porta un aiuto fondamentale.

Jerrells viene sgravato da ulteriori compiti di regia e diviene più sicuro e libero in quel suo ruolo di variabile impazzita, la componente italiana aumenta e si compatta. La difesa diventa solidissima: il trio di moschettieri Hackett-Jerrells-Langford è asfissiante nella pressione sulla palla, a supporto agiscono gli specialisti Moss, Cerella e Melli. Gentile e Samuels sono ormai sbocciati al rango di talenti affermati e capaci di trascinare insieme al più che mai prolifico 23 la squadra in attacco. Il risultato è straordinario. Sarà 10-4, con vittorie leggendarie come il trentello (81-51) rifilato ai campioni in carica del Pireo – battuti poi anche a domicilio – e la medesima punizione inflitta al Barcellona (91-63), grazie a un Gentile in formato deluxe (24pt+6ast+7rim).

Gentile domina il Barcellona

Sono le due greche le altre a passare il turno, l’Olympiacos non suffragando una scintillante prima fase e il Pana confermandosi tentennante, seppur si dimostrino entrambe bastantemente forti per superare il girone. Saluterà invece il torneo il Fernerbache, una prima delusione per Obradovic che si rivelerà solo tappa di un percorso di crescita che, dall’anno dopo, li vedrà costantemente alle Final Four. Fuori anche Malaga, Vitoria ed Efes.

Nell’altro raggruppamento sono CSKA e Real Madrid a dominare con record simili. I moscoviti a conquistano la testa del gruppo F, cavalcando la costanza di un ottimo Sonny Weems, la leadersphip del solito Teodosic e la concretezza di Khryapa e Krstic, ma il duello con i blancos si rivela comunque ad armi pari: una vittoria per parte tra le mura di casa e risultati incredibilmente simmetrici, 85-71 a Mosca e 93-79 a Madrid.

E’ proprio in questa fase però che deflagra la stagione da MVP di Sergio Rodriguez. Partendo rigorosamente dalla panchina dietro a Llull e Rudy, confeziona delle Top 16 strepitose dove tiene circa 15 punti e 5 assist medi, con percentuali intorno al 50% da due e da tre e il 92% dai liberi, per una valutazione ad allacciata di scarpe di 18,6.

Sergio Rodriguez, MVP della stagione 2013/14

Il Maccabi chiude al terzo posto con un record comunque più che dignitoso di 8-6, sembra però non essere pronto per tenere il passo delle grandi, uscendo sconfitta dal doppio confronto sia contro la squadra di Laso, che contro quella di Messina. In pochi, pochissimi, credono in loro: la tavola per la cavalcata gialloblù è apparecchiata.

Il combattivo Galatasaray di Arroyo e Erceg la spunta sul Loko per differenza punti, mentre è troppo presto per Bogdanovic, Bertans, Lauvergne e il loro Partizan, così come per Malcolm Delaney e il suo Bayern: avranno modo, tutti e quattro, di dire la loro negli anni seguenti di Eurolega. Il fanalino di coda è lo Zalgiris Kaunas (2-12) e la sua eliminazione vorrà dire anche la fine della carriera europea di un clamoroso campione, Šarūnas Jasikevičius.

4/4/2014 -Partizan vs Zalgiris, Jasikevicius gioca la sua ultima partita d’Eurolega

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Playoff

Il play-off basketball, gustoso antipasto dello spettacolo delle Final Four, non ha mancato anche nel 2013/14 di regalare emozioni straordinarie, con sfide leggendarie tra le grandi del torneo.

Quella tra Barcellona e Galatasaray è la serie senza dubbio meno equilibrata e interessante. Il Barça ha vita facile nelle prime due gare, anche grazie all’infortunio di Arroyo in gara 1, che lo porterà a saltare persino la seconda partita. Le vittorie al Palau sono infatti larghissime, la prima caratterizzata da un exploit di Nachbar e la seconda segnata dall’infortunio immediato di Navarro e da una performance abbastanza corale da parte dei catalani. In entrambe le sfide gli scarti sono ampi, ben oltre la doppia cifra (88-61 e 84-63).

Il playmaker portoricano tornerà però in gara 3 e la squadra di Istanbul farà sudare sette camicie agli avversari che tenteranno invece ostinatamente di chiudere i conti in modo definitivo. Nel concitato finale sono una stoppata decisiva di Dorsey su Arroyo e la freddezza dalla lunetta di Brad Oleson a concludere partita (75-78) e serie con percorso netto (3-0) a favore dei blaugrana.

Il rematch dell’ultima finale vede la voglia di riscatto del Real opposta al desiderio di auto-conservazione dell’Oly, con uno scontro che, ai playoff, pare fin troppo anticipato. Il primo atto vede le merengues tramortire gli avversari sin dal primo quarto e sbarazzarsene agevolmente, con un Rudy Fernandez da 20 punti e 34 di valutazione, in gara 2 la contesa è più ostica, ma Laso e i suoi rimangono sempre davanti e riescono a difendere il fattore campo.

Dal covo dei campioni però è dura uscire vivi e, in gara 3, con il dominio di Dunston, i reds fanno rivivere i fantasmi di Londra ai blancos. Il Pireo rimane in vantaggio tutto il match e, nel finale, dopo il 2/2 di Sloukas, è lo 0/2 di Sergio Llull a decretare il 78-76 greco. La serie è viva più che mai. La squadra di Bartzokas infatti rincara la dose con un’ottima prestazione difensiva in gara 4, che vuol dire vittoria e costringe i rivali allo spareggio.

Stavolta il Real affonda il colpo decisivo, al Barclaycard Center Llull si riscatta, la partita è sempre saldamente nelle mani degli spagnoli, che si confermano una corazzata e forse la squadra più lanciata per la vittoria finale. Soprattutto, però, costringono ad abdicare dopo due anni Spanoulis e soci.

I blancos celebrano il passaggio del turno

Un duello altrettanto incredibile è quello tra CSKA Mosca e Pana, appassionante soprattutto per i punteggi bassissimi che lo contraddistinguono: le squadre non sforano in nessuna occasione il tetto degli 80 punti segnati.

La prima è subito emblematica del drama che restituirà la serie: è overtime. Diamantidis manca la bomba del pareggio a 6” dalla fine e non riesce a evitare la sconfitta, anche se i moscoviti perdono Teodosic per il resto della serie. Nonostante questo gara 2 è un monologo CSKA, con Sonny Weems che si scatena e infila 23 punti.

Ad OAKA la lotta si rivela durissima e il Pana vende cara la pelle, porta a casa entrambe le partite casalinghe. E’ l’apoteosi dello scontro tra due difese rocciose, la ripresa di gara 3 si chiude con parziale solo di 24-24, quella di gara 4, di 27-26. La seconda delle due sfide di Atene è una partita pazzesca. Sotto di due a 2,6” Fridzon fa saltare due difensori, scocca un tiro che batte la sirena, segna, ma il suo piede è sulla linea: il match va all’overtime. A 5” dalla fine sarà Weems, la cui mano trema sul tiro libero per la nuova parità, a condannare il CSKA alla bella. Bella che, però, non avrà storia, con la banda di Messina, guidata da uno scintillante Sasha Kaun, che scapperà nel secondo quarto e veleggerà con autorità dopo l’intervallo verso le Final Four (3-2).

La serie che oppone l’EA7 al Maccabi è ancora stampata chiaramente nella testa dei tifosi meneghini. Il Maccabi è temibile, ma alla portata, l’Olimpia si presenta ai blocchi di partenza con un Ale Gentile in meno, il capitano è costretto a saltare la serie per una lesione al bicipite femorale.

Gara 1 è una partita stregata, surreale. Milano conduce per tutto il match con convinzione su degli israeliani passivi, tenuti a galla solo dalla straripante fisicità di Schortsianitīs. Ma c’è qualcosa di prodigioso e magico nel Maccabi di quell’anno. Sotto in doppia cifra a due minuti dalla fine, gli uomini di Blatt riescono addirittura a superare gli avversari, e, seppure l’Armani abbia l’occasione di strappare la vittoria con Langford, che manda sul ferro il libero del +1, si vola ai supplementari. Così il Maccabi cavalca l’ormai furioso impeto di Rice e la freddezza di Hickman, la partita maledetta si conclude con la vittoria dei gialloblù e sarà decisiva per il prosieguo della serie.

Nel secondo match l’Olimpia si riprende quello che è suo, tenendo accese le speranze per un risultato storico. A Tel Aviv però la musica cambia, in gara 3 il Maccabi controlla la partita nei quarti centrali e vince, in gara 4 esplode pesantemente nell’ultimo quarto con un parziale di 32-10 e trionfa di venti. Arrivano due vittorie nette, per una squadra che inizia a volare sulle ali del destino, che al contrario sembrava quell’anno sorridere alle scarpette rosse, nella stagione della redenzione: la serie (1-3) si chiude tra i rimpianti biancorossi.

Tyrese Rice con l’and-one che supera l’Olimpia in Gara 1 a 11”

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Le Final Four

Le invitate al gran ballo sono Real Madrid, Barcellona, Cska e Maccabi, la pista il Medionalum Forum di Assago.

Si parte con la prima semifinale, la sfida vede il Cska di Messina da un lato, il Maccabi di Blatt dall’altro. Il coach catanese, unico italiano partecipante alla kermesse che si svolge proprio in Italia, è desideroso di lasciare il segno nella sua seconda “vita” moscovita, gli israeliani sono invece l’underdog della due-giorni milanese. I precedenti in stagione dicono 2-0 per Mosca, con anche un +35.

Il Cska guida le prime battute della partita, ma l’iniezione della panchina e una maggiore ruvidezza difensiva riporta a contatto i gialloblù. La banda di Messina nel secondo quarto torna ad accelerare, inizialmente sono le triple a tenere aggrappati i gli avversari, ma poi la difesa dell’armata rossa sale di colpi e li soffoca: i punti isrealiani rimagnono bloccati a 27 per 4 minuti filati, mentre Teodosic infuria e rifornisce diligentemente i lunghi. Alla pausa è 38-30.

Tornate in campo, le squadre riprendono a studiarsi, fino a che un terzo quarto abbastanza caotico vede i moscoviti affondare il colpo e far scivolare sempre più sotto il loro controllo la contesa, con il massimo vantaggio raggiunto sul +15. Hickman e compagni nell’ultima frazione hanno però una faccia diversa e, con l’andare dei minuti, rosicchiano il vantaggio della corazzata russa fino al -2. Weems sembra però averla chiusa a 20” dalla sirena, quando sancisce il le quattro lunghezze di divario, ma Blu risponde da tre e il resto è storia: Khryapa perde il pallone, Rice fugge in contropiede, segna, e la preghiera di Weems per il contro-sorpasso si infrange sul ferro. Il Maccabi completa un’altra leggendaria rimonta, di nuovo tra le mura del Forum.

Il Maccabi festeggia la vittoria thrilling sul CSKA

Dall’altra parte del tabellone il derby spagnolo tra madrileni e catalani, si tratta di un remake della sfida dell’anno passato a Londra, vinta dal Real. I blaugrana partono bene, con un Huertas molto attivo, ma gli uomini di Laso riescono a tener botta nel primo quarto che si conclude in parità (20-20).

Da quel punto in poi la gara sarà un crescendo merengue. Il vantaggio acquisito si dilata all’intervallo, ma è nella ripresa che la partita viene indirizzata definitivamente sotto i colpi dei blancos. La difesa di Reyes e compagni costringe gli avversari a soli 11 punti nella terza frazione e, a cavallo tra terzo e quarto quarto, le sfuriate di Rodriguez e Mirotic fruttano un mostruoso parziale di 29-4. Sotto di 30, a 7′ dalla fine, il Barcellona torna a segnare, ma ormai i buoi sono ampiamente scappati dalla stalla. Finisce 100-62, una scoppola pesante, ancora di più se pensiamo al risultato delle precedenti Final Four. E’ una dimostrazione di forza per Madrid.

Ecco quindi la ballata finale, un Real in missione dopo la beffa di Londra e un Maccabi predestinato si fronteggiano nell’atto conclusivo. Dopo un primo quarto interlocutorio, Madrid nel secondo sembra aver accelerato per prendere possesso della partita, andando prima sul 26-15 e poi sul 33-22. Ma il Maccabi è spiritato, animato dallo stesso divino trasporto degli ultimi minuti di gara 1 con Milano o quelli della seminfinale contro il CSKA, piazza un incredibile parziale di 9-0 nei due minuti finali per chiudere il primo tempo e ripristinare l’equilibrio (35-33).

Al rientro dagli spogliatoi le squadre si rispondono colpo su colpo, ma è Hickman con un jumper dalla media a dare per la prima volta dal primo quarto il vantaggio al Maccabi sul 41-40. La lotta continua serrata, sono sorpassi e contro-sorpassi ricorrenti, un ping pong reiterato che impone 10 cambi di vantaggio nel quarto. All’ingresso degli ultimi 10′, quindi, è ancora equilibrio tra le due contendenti. ll Real attacca in modo disordinato, ma rimane a galla grazie al talento dell’MVP Sergio Rordriguez, il Maccabi segna qualche tripla pesante, Hickman e Rice rispondono a qualsiasi tentativo madrileno di scrollarseli di dosso. Il risultato a 2′ dalla sirena è sospeso più che mai (69-69), e alla fine dei 40 minuti sono i liberi di Bourousis a ripristinare ancora la parità. Servono i supplementari.

Rice è indemoniato, è dappertutto, e i blancos sembrano inermi davanti alla determinazione feroce degli uomini di Blatt. Finisce 98-86, il Real è costretto a rimandare ancora la gloria. L’Mvp delle Final Four è proprio il playmaker della Virginia, con una prestazione da 26 punti in finale che regala il titolo al suo Maccabi.

Tyrese Rice, MVP delle Final Four

E’ la vittoria della coppia razzente Hickman-Rice, di David Blu, un ebreo afro-americano bandiera del club, del colosso Schortsianitīs e del salterino Tyus, di quel trattato di scienza cestistica di Joe Inlges, degli idoli domestici Ohayon e PniniIl capolavoro di David Blatt è servito.

Il Maccabi celebra il titolo

(Photo credit: euroleague.net)

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