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Euroleague Players 2005/2006: Trajan Langdon, il killer venuto dal freddo

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Dietro la scrivania dei New Orleans Pelicans opera un giovane General Manager, probabilmente fra quelli più futuribili di tutta la Lega. Il volto è poco espressivo, concentrato, ma quando il lavoro finisce il suo sorriso è in grado di illuminare tutto ciò che lo circonda: è quasi paradossale pensare che il suo soprannome sia “il killer dell’Alaska”. Intendiamoci, Trajan Langdon nella sua vita non si è mai macchiato di nessun crimine efferato nel territorio più a nord degli Stati Uniti, ma la sua mano, temprata nel freddo del luogo natìo, ha mietuto parecchie vittime sui parquet americani e, soprattutto, europei. L’inserimento nella lista dei migliori giocatori dell’Eurolega dal decennio che va dal 2000 al 2010 spiega solo in parte l’impatto di Langdon sul vecchio continente: con lui il CSKA è tornato ad essere una superpotenza e il ruolo del tiratore ha assunto un significato differente dal suo arrivo in poi.

LE ORIGINI

Anchorage, capitale dell’Alaska, non è esattamente il posto in cui il basket occupa il primo posto nei pensieri degli abitanti: non è di certo lo sci, e nemmeno l’Iditarod Sled Dog Race, l’annuale e imperdibile gara di cani da slitta, un’istituzione della città. Il giovane Trajan però ha talento ed una mira da cecchino da oltre l’arco, tanto da condurre la sua East Anchorage High School al titolo nazionale. Le sue prestazioni gli valgono la convocazione fra gli All American, e durante la serata dedicata ai migliori prospetti del college finisce definitivamente nell’agenda dei coach universitari vincendo la gara del tiro da 3. Ad accaparrarselo è Duke, d’altronde a coach K e ai Blue Devils è quasi vietato dire di no, ma dopo una buonissima prima stagione a livello personale che gli vale il soprannome di “killer dell’Alaska” , è costretto a saltare tutta l’annata da sophomore per un problema al ginocchio. Ritorna nella stagione ‘96-’97 e diventa il punto di riferimento di una squadra che cresce di anno in anno. La grande occasione di vincere il torneo NCAA si presenta nel 1999 quando al suo fianco ci sono giocatori del calibro di Elton Brand e Shane Battier: Duke è dominante, entra nel tabellone della March Madness come numero uno della nazione a fronte di 16 vittorie e zero sconfitte in una conference di livello assoluto come la ACC. Langdon gioca un torneo sensazionale, viaggiando a oltre 17 punti di media con il 44% da 3, ma proprio nell’ultimo atto delle Final Four è costretto ad alzare bandiera bianca contro la Connecticut di Rip Hamilton.

Nonostante questo i 4 anni a Duke – salutata come numero uno per triple segnate, superato poi da Redick – sono talmente positivi da scalare le posizioni al Draft e, nella notte del 30 giugno dello stesso anno all’MCI Center di Washington, viene chiamato alla 11 dai Cleveland Cavaliers, divenendo il primo giocatore dell’Alaska a disputare una partita NBA. I Cavs dell’immediata era pre-lebroniana rappresentano un contesto tecnico confuso e di basso livello; l’estetica della città e la potenza sul mercato non aiutano, e cosi Langdon rimane tre anni in Ohio senza mantenere le aspettative che in tanti si erano fatti su di lui al college.

Ettore Messina però, che come al solito vede più lungo di tantissimi, riesce in qualche modo a convincerlo ad attraversare l’oceano con la prospettiva di diventare un giocatore di livello assoluto in Europa. In effetti, la prima ed unica stagione a Treviso si rivela sensazionale, Trajan entra da subito nei cuori di tutti i tifosi del Palaverde ed è il componente di una squadra fenomenale che può contare su di lui, Tyus Edney, Marconato, Pittis, Bulleri, Nicola e Garbajosa: un’autentica corazzata. La Benetton infatti vince lo scudetto e in Eurolega compie un percorso clamoroso, arrivando addirittura fino alla finale contro il Barcellona di Pesic. I catalani si rivelano troppo forti e vincono per 76-65, guidati dai 20 punti di Bodiroga, ma nonostante i soli 8 punti messi a segno, Langdon chiuderà la sua prima campagna europea con quasi 15 punti a partita e un pazzesco 51.1% da 3.

In veneto rimane solo un anno, attratto dalle sirene turche dell’Efes che lo mette sotto contratto: la corsa della squadra di Mahmuti si fermerà alle top 16 dopo una buonissima stagione, in cui Langdon contribuisce con 14.3 punti di media. La stagione successiva un altro trasferimento, stavolta in Russia, luogo freddo come la sua Alaska dove lascerà per sempre il suo marchio. Prima della chiamata del CSKA però, trascorre un’annata con la Dinamo Mosca, dove si conferma di categoria decisamente superiore all’Eurocup in cui i russi sono inseriti. Da questo momento in poi, il suo nome si legherà indissolubilmente a quello di Ettore Messina.

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LA STAGIONE 2005/2006

L’estate del 2005 è quella della grande rivoluzione in casa CSKA, che mette sotto contratto il coach del Grande Slam, deciso a conquistare quella tanto agognata coppa che manca dal 1971. Ci sono giocatori del calibro di Holden, Vanterpool, Smodis e Papaloukas, oltre ovviamente all’alaskano. Nelle prima partite di regular season Langdon parte in sordina, resta guardingo, e si rivela un collante straordinario in entrambe le metà campo. Contestualmente al passare dei mesi e delle partite però prende in mano l’attacco dei russi: il primo acuto lo piazza nella prima di ritorno contro Siena, mettendo a referto 20 punti e di lì in poi va 5 volte in doppia cifra nelle restanti 5 gare: se fino a quel momento in Europa, con l’eccezione ovvia di Gianluca Basile, avevamo ammirato tiratori quasi prettamente da spot up, con Langdon assistiamo all’evoluzione del tiratore, quello in grado di crearsi un tiro dal palleggio o attaccare il ferro senza aspettare che il pallone gli arrivi fra le mani. Le top 16 non fanno altro che confermare il livello delle sue prestazioni e del suo essere letale quando i suoi compagni sono in difficoltà: l’esempio più eclatante arriva in gara 1 dei Playoff contro l’Efes, in cui passa alla modalità “scorer puro” segnando 24 punti con clamoroso 5/7 da tre punti. Una prestazione da annali, che consente al CSKA di portarsi sull’1-0 e di chiudere poi la serie ad Istanbul, grazie ad un’altra solida prestazione dell’americano. Arrivano le Final 4, le seconde della sua carriera, ed ironia del destino vuole che l’avvesaria in semifinale sia proprio quel Barcellona che gli alzò in faccia il trofeo più ambito solo 3 anni prima: Trajan per la prima volta sembra accusare la tensione, tira male, ma la sua glacialità torna impenetrabile dalla lunetta: il suo 8/8 ai liberi si rivela decisivo per battere i blaugrana ed accedere alla finale. L’atto conclusivo mette i moscoviti di fronte al Maccabi, i dominatori totali delle ultime due stagioni: la partita è prevedibilmente a basso punteggio, ma Langdon è ancora una volta intelligente a non strafare, intuendo che quella fosse la partita di Vanterpool e Papaloukas. I suoi 11 punti con tre bombe saranno in ogni caso fondamentali per permettere a Messina di riportare la coppa a Mosca dopo 35 anni. Le soddisfazioni per il “killer” però non sono finite qui…

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LA CARRIERA

Langdon e il CSKA diverranno un binomio indissolubile, che poterà il giocatore a terminare la carriera a a 35 anni alla corte dei russi, regalando tiri impossibili e giocate decisive per altre sei stagioni.

Nel 2006/2007 gioca ancora a livelli impressionanti, confermandosi come una delle guardie più versatili di tutto il panorama continentale; arriva ancora una volta fino in fondo alle Final 4 ma nonostante i suoi 16 punti il CSKA dovrà arrendersi al Pana in uno dei tanti rendez vous fra Obradovic e Messina. Trajan però non è uno abituato a perdere e l’anno successivo arriva la definitiva consacrazione con 21 punti in finale con 4/5 dall’arco – ancora una volta contro il Maccabi , sua vittima scarificale – che gli valgono il titolo di MVP delle Final 4.

Arriverà un’altra delusione, ancora per mano del Pana, che coinciderà con l’addio (momentaneo) di Messina dalla squadra. Nelle ultime due stagioni si succederanno prima Pashutin e poi Vujosevic, e nonostante l’avanzare degli anni e il minor impatto in termini realizzativi, Langon riuscirà a trovare sempre un modo per rendere al meglio in campo, riuscendo nel tempo a trasformarsi in un leader vocale. Lui cosi abituato al silenzio delle distese ghiacchiate; lui talmente dedito al gioco e intelligente da riuscire sempre a risultare irrinunciabile. Lui, che venuto dal freddo ha scaldato il cuore di tutti i tifosi europei.

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