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Euroleague story 2005/2006: da Gomelski a Messina, il ritorno del CSKA

Cska
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L’annata 2005/2006 rappresenta, probabilmente, una di quelle più ricche dal punto di vista del talento individuale: il Maccabi Tel Aviv di Pini Gershon vuole centrare il “three-peat” in salsa europea, dopo aver stradominato le due stagioni precedenti, mentre le spagnole vivono forse il primo grande periodo d’oro della loro pallacanestro, con il Tau Ceramica deciso a vendicare la sconfitta in finale contro gli israeliani. Tra le varie contender ce n’è però una, che dopo anni di anonimato, è decisa ad onorare la memoria della leggenda Alexander Gomelski, scomparso da pochi mesi, ed è ovviamente il CSKA Mosca, a secco dal 1971, proprio quando il Generale dell’Armata Rossa lo guidò sul tetto d’Europa: per farlo, i russi hanno scelto come coach Ettore Messina, reduce dalla vittoria della Coppa Italia con Treviso ed oggi condottiero della Milano tornata grande in Europa.

Massimo Bulleri in maglia Olimpia

La stagione regolare

Il format del torneo prevede 3 gironi da 8 squadre, con le prime 5 di ogni gruppo a qualificarsi automaticamente insieme alla migliore sesta dopo 14 partite fra andata e ritorno. Il girone più complicato è probabilmente quello C dove sono inseriti i moscoviti insieme ad altre corazzate come Ulker, Real e Pana. A sorprendere tutti è però l’Unicaja Malaga di Don Sergio Scariolo che, guidata da quel fenomeno di Marcus Brown, mette in fila tute le principali favorite al passaggio del turno, chiudendo al primo posto con 12 vittorie e 2 sconfitte al pari dei verdi di Atene. La Montepaschi Siena, una delle quattro italiane presenti nella competizione, non riesce a qualificarsi in questo girone infernale, chiudendo con sole 4 vittorie. Le cose vanno invece meglio nel gruppo A, in cui sono inserite Benetton e Fortitudo: i veneti del neo allenatore David Blatt, passano come quarti anche grazie allo straordinario apporto di Drew Nicholas, miglior marcatore della prima fase con 18.6 punti a partita. La Effe di Jasmin Repesa invece conquista la seconda posizione dietro al Tau, sospinta dall’estro di un neanche 20enne Marco Belinelli e dai movimenti poetici in post basso di Erazem Lorbek. LOlimpia Milano di Lino Lardo invece non riesce ad andare oltre l’ultimo posto in un girone B vinto come prevedibile dal Maccabi subito davanti all’Efes, ma il 17 novembre 2005, appena 18enne, il figlio di Vittorio Gallinari esordisce in Eurolega contro il Prokom, segnando la storia recente della società e iniziando un percorso di successo per tutto il movimento italiano.

Climamio e Benetton si qualificano dunque per le top 16 e vengono inserite rispettivamente nel gruppo E (insieme a Maccabi, Real e Ulker) e quello G (Pana, Efes e Cibona le avversarie). Le altre otto squadre ad ottenere il pass per il turno successivo sono invece Barcellona, Olympiacos, Malaga e lo Zalgiris – che compongono il girone D – e CSKA, Tau, Lietuvos Rytas e Bamberg a formare il girone F. Quello di Treviso è senz’altro il girone più combattuto, gli uomini di Blatt sfoderano un paio di partite meravigliose fra cui la vittoria in casa col Pana, in cui la stella di Andrea Bargnani splende definitivamente illuminando il suo cammino verso la prima scelta assoluta nel Draft del 2006, non prima di aver vinto il premio di “Rising Star” della competizione. La qualificazione ai Playoff però, sfortunatamente sfuma solo per la differenza canestri, che premia gli ateniesi di Obradovic e l’Efes. Negli altri gironi invece sono CSKA e Tau a passare con relativa facilità, mentre a sorpresa l’Unicaja dopo una straordinaria cavalcata deve cedere il passo a Barcellona e Olympiacos, condannati proprio dai greci al “Martin Carpena” per mano di un Tyus Edney da 25 punti. Anche la Climamio, nonostante due gare alla pari con il Maccabi, deve alzare bandiera bianca in favore degli israeliani e del Real Madrid.

Reyes ed Arnold durante un Maccabi v Real

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I Playoff

E’ facile immaginare che, dati i valori tecnici così simili delle 8 squadre rimaste in corsa, le serie siano estremamente equilibrate ed è ciò che si verifica: solo il CSKA infatti, risolverà la pratica in due partite contro l’Efes di Mahmuti. In gara 1 i russi si impongono abbastanza facilmente per 87-78 nonostante i 24 punti del solito Henry Domercant: come spesso capiterà negli anni a venire è Jr Holden a vestire i panni di Wolf,risolvendo i problemi dei rossoblu con 19 punti. La partita dell’Abdi Ikpeci Arena è decisamente più combattuta, con Prkacin a mettere in seria difficoltà Smodis vicino al ferro. I turchi però non hanno fatto i conti con il Killer dell’Alaska, che con 24 punti e un clamoroso 5/7 da 3 regala le Final Four a Messina. La serie più affascinante è ovviamente il Clasico, che dopo una gara 1 dominata dal Barcellona grazie ai 23 punti di Shammond Williams, si conferma combattuta e tesa come ogni derby di Spagna che si rispetti: i blancos vanno sull’1-1 in casa trascinati dai 22 punti di Hamilton, vincitore della sfida a distanza con Navarro, fermo a quota 21. La “bella” al Palau Blaugrana rappresenta un inferno sportivo, in cui nessuna delle due squadre riesce a piazzare il break decisivo: negli ultimi minuti sono però una tripla rocambolesca del Baso e due inusuali errori ai liberi di Sweet Lou Bullock a mandare i catalani in paradiso.

Anche i campioni in carica del Maccabi faticano, e non poco, ad ottenere l’accesso all’ultimo atto dell’Eurolega contro l’Olympiacos di un Tyus Edney semplicemente immarcabile. Il folletto ex Treviso e Baby Shaq, al secolo Sofoklis Schortianitis, rappresentano una spina nel fianco della difesa di Pini Gershon per tutta la serie ma Will Solomon, arrivato per sostituire Jasikevicius sbarcato negli USA, dimostra di essere un giocatore di eccezionale livello, chiudendo la decisiva gara 3 con 18 punti, aiutato dal solito Anthony Parker, poi nominato MVP della stagione regolare. La serie più bella ed emozionante è però senz’altro quella fra Panathinaikos e Tau, ovvero due delle migliori franchigie del decennio. I greci, approfittando del fattore campo strappano il primo punto grazie ai 15 di Batiste e i 13 di Spanoulis, ma alla Fernando Buesa i baschi annullano prontamente lo svantaggio sospinti dai 20 e 6 rimbalzi di Scola e dal provvidenziale 4/9 dall’arco di Travis Hansen. Si arriva all’atto dunque all’atto decisivo e l’OAKA è la solita bolgia senza pari: in una gara dove Scola subisce la pressione del tifo greco (chiuderà con soli 3 punti a segno) è Erdogan, protagonista inaspettato, a tenere botta al duo Batiste-Spanoulis. Nell’ultimo quarto la tensione è alle stelle, il Tau grazie ad Hansen riesce ad portarsi in vantaggio di 5 punti, ma gli uomini di Obradovic non mollano. Negli ultimi minuti però Prigioni mette un tiro pesantissimo per il pìù 3, il Pana spreca due occasioni ghiotte ed Erdogan, freddissimo, sigilla la gara con due liberi per il 71-74 finale: la squadra di Velimir Perasovic può così festeggiare la seconda Final Four consecutiva.

Il Tau festeggia ad Oaka

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Le Final Four

Tau, Barcellona, CSKA e Maccabi volano così alla Sazka Arena di Praga per una Final Four imbottita di fuoriclasse: il sorteggio mette di fronte ancora una volta Vitoria e il Maccabi, in quello che è il remake della finale della precedente stagione, vinta dagli israeliani. L’altra semifinale è dunque un inedito CSKA-Barcellona che da quel momento in poi diventerà una classica della pallacanestro continentale. La prima gara ha ben poco da dire; il Maccabi dopo poco più di un quarto liquida la pratica Tau chiudendo il primo tempo in vantaggio di per 51-32. Il trio dei senatori di Tel Aviv composto da Parker, Vujcic e Baston si erge nuovamente testa e spalle sopra al resto d’Europa, costringendo i baschi all’ennesimo stop a pochi passi dal sogno. Finisce 85-70, ma il risultato racconta poco o nulla del dominio di Pini Gershon e i suoi. Più combattuta è invece la gara fra i blaugrana e i russi, in cui Williams e Theo Papaloukas danno vita ad un testa a testa da sogno: il Barcellona nel primo tempo vola anche sul +11, ma il professore greco contiene le perdite alla fine del primo tempo, mandano i suoi al riposo solo di 4 lunghezze sul 38-34. Ancora Papaloukas e Holden nel terzo periodo confezionano un parziale di 13-0 da cui gli uomini di Ivanovic faticano a rientrare. Gli ultimi dieci minuti sono una guerra in cui i russi ritrovano 6 punti di vantaggio, nonostante le magie di un clamoroso giocatore come Bootsy Thornton. Nel finale è Smodis a mandare i titoli di coda con un gioco da tre punti; Langdon con la glacialità che lo contraddistingue ottiene la vendetta sua e di coach Messina dopo la delusione del 2003, quando gli uomini di Pesic ebbero la meglio in finale sulla Benetton Treviso.

Papaloukas in azione contro Shammond Williams

La finale rispecchia la tipica partita europea di fine anni ‘90/inizio anni duemila: fisica, giocata a pochi possessi, in cui le difese la fanno da padrone. Proprio il game plan difensivo di Messina è perfetto nell’imbavagliare il trio delle meraviglie israeliano, che metterà a referto solamente 20 punti. L’unico a tenere Gershon aggrappato alla gara è Will Solomon, autore di una stagione sensazionale e miglior marcatore della finale con 20 punti conditi da un ottimo 4/8 da tre punti. Lo statunitense sarebbe l’MVP della finale se il Maccabi ottenesse la vittoria, ma è in occasioni come queste che l’estro di Theo Papaloukas esplode definitivamente, regalando momenti di basket indimenticabili. Il greco mette a segno 18 punti e smazza 7, decisivi assist che gli valgono il premio di MVP delle Final Four e soprattutto regalano a coach Messina la terza gioia internazionale dopo i due successi con la Virtus. Finisce 73-69 per il CSKA: 35 anni dopo i russi sono di nuovo i padroni del vecchio continente.

La memoria di Alexander Gomelski è stata pienamente onorata.

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