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Jerian Grant, una nuova dimensione per l’Olimpia Milano

Jerian Grant
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Jerian Grant è un giocatore dell’Olimpia Milano. Manca solo l’ufficialità, attesa a brevissimo.

Viaggio nel mondo di Jerian Grant, la nuova “combo” dell’Olimpia Milano la cui firma dovrebbe arrivare a stretto giro di posta.

LE ORIGINI E LA FAMIGLIA

Holdyn Jerian Grant nasce il 9 ottobre 1992 a Silver Spring, Maryland, Contea di Montogomery, ad un passo da Washington DC.

Terra di minerali dalla straordinaria elasticità, abitata per migliaia di anni da indigeni che hanno preceduto la colonizzazione europea, è stata dimora di Abramo Lincoln diverse volte durante la guerra civile americana.

E’ figlio di Harvey Grant, il gemello del 4 volte campione NBA Horace Grant. I fratelli sono Jerai, più vecchio, Jerami, oggi ai Pistons, più giovane prodotto di Syracuse, ed il più piccolino di tutti, Jaelin, che ha seguito le orme familiari a livello di HigH School.

La DeMatha Catholic High School accoglie il giovane Jerian sino al 2011, tanto da fargli meritare la prestigiosa divisa dei Fightin’ Irish di Notre Dame.

Il primo anno di università vuol dire “Redshirt”, ovvero si studia, ci si allena, ma si indossa quella canotta rossa la cui invenzione risale a Warren Alfson a Nebraka, nel lontano 1937.

L’esplosione arriverà nel secondo anno.

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NOTRE DAME FIGHTING IRISH

13,3 punti ed oltre cinque assist a partita, onori nella Big East Conference ed uno status completamente cambiato. In quella selezione ALL CONFERENCE c’era anche l’ex sassarese Jack Cooley, inserito però nel primo quintetto, mentre a Grant toccò la seconda selezione.

Gli “Irish” cambiano Conference, si va in ACC, il giocatore mantiene le promesse e parte fortissimo ad oltre 19 a serata, ma poi arriva una sospensione che lo esclude per il resto della stagione con l’obbligo di lasciare Notre Dame.

Un “errore accademico”, un “casino” come lo definì allora NBC Sports: la sua stagione era finita. Arrivarono le lacrime negli spogliatoi del Garden dopo una sconfitta contro Ohio State ed anche le valigie verso casa, appena tornati a South Bend, Indiana, sede del campus.

Nel momento più duro, però, il ragazzo si prese le sue responsabilità per un problema di cui in realtà non si conosce la vera natura.

«Voglio tornare, farò tutto il possibile». Ed il 28 maggio del 2014 arriverà la riammissione ufficiale.

Ma Coach Mike Brey, durante il periodo di sospensione, lo volle tenere con sé ed allora gli assegnò un compito importante. Doveva vedere tutte le partite di Notre Dame ed alla sirena inviargli una mail con le sue osservazioni. Lui eseguì con attenzione e dettagli, ma era veramente dura vedere i compagni cadere ripetutamente ed i media sottolineare quanto grave fosse stato il suo “errore” e quanto fosse costato alla stagione della sua squadra.

Coach Brey non temeva che avesse perso le sue caratteristiche, tra le quali emergeva un “essere letale sul pick and roll”, ma non sapeva come sarebbe stato accolto in squadra dopo 7 mesi.

Il tutto si dissolse la notte dopo la tremenda sconfitta contro una Wake Forest non certo irresistibile, l’ateneo dove qualche mese dopo approderà, indovina un po’…, proprio Kostas Mitoglou, uno con cui le abilità di Jerian nel “pick and roll” potranno essere esaltate proprio il prossimo anno in maglia Olimpia. In quel devastante 69-81 c’erano in campo per i Demon Deacons Codi Miller-McIntyre e Tyler Cavanaugh, mentre per gli Irish performavano Zach Auguste, Steve Vasturia e Demetrius Jackson, tutta gente che in Europa conosciamo bene.

Fu abbracciato da Pat Connaughton ed ogni dubbio finì alle spalle. Aveva raggiunto Greensboro, ufficialmente per essere vicino al fratello Jerami, in maglia Syracuse, in realtà per tornare ad essere un Fightin’ Irish.

Fortunatamente c’era una tournée italiana di 10 giorni (eh sì, l’Italia nel destino…) per riprendere da dove ci si era fermati ed allora proprio il Coach potè notare il grande cambiamento di Jerian. Non lavorava più per la sola partita, ma per la sua crescita a 360 gradi, preparandosi ad una carriera da pro con la mentalità di un pro.

«Non date niente per scontato, giocate ogni gara come se potesse essere l’ultima» le parole di Jerian.

«Sto parlando con un uomo ora», la chiosa di Coach Brey.

La stagione 2014/15, quella delle redenzione? “Breakout season”, come dicono di là. 32-6, inserito nella conversazione per il John Wooden Award, un attacco di squadra guidato magistralmente e le Elite 8 raggiunte con la sconfitta contro l’imbattuta Kentucky.

Ed allora ecco il Draft.

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#19, WASHINTON WIZARDS, IL SOGNO NBA

La capitale, ancora una volta così vicina, ma fu subito “trade”, prima ad Atlanta e poi ai Knicks per Tim Hardaway Jr.

Un discreta stagione, con un “high” da 16 punti ed 8 assist nella W contro Boston, in campo complessivamente per 76 gare.

A giugno 2016 entra nella “trade” per Derrick Rose e saranno quindi due stagioni ai Bulls. Dopo gli onori da MVP della Summer League, saranno 63 gare il primo anno nella città del vento, 74 il secondo. C’è un vai vieni con la G-League prima del “season high” da 17 punti ed 11 assist ad aprile.

Dati riaggiornati a novembre 2017, coi 24 rifilati agli Heat in un “losing effort”.

Finisce ai Magic nel luglio 2018 dove giocherà 60 gare a 4,2 punti e 2,6 assist di media. Non arriva la conferma e diviene “unrestricted free agent” nel giugno 2019.

Arrivano ancora i tempi della G-League, coi Capitol City Go-Go affiliati ai Wizards: stagione da 16,3 e 5,9 assist a serata che porta al contratto al piano di spora con i Wizards stessi a luglio 2020.

L’avventura dura poco ed a dicembre sarà tempo di Houston Rockets, solo per un paio di settimane.

L’Europa lo attende per fine anno.

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LO SCOUTING

Draft Express, nel 2015, ce lo descrive così, senza dimenticare che sono valutazioni in ottica NBA.

196cm che sono pazzeschi per una PG, vede sempre oltre la difesa. Sebbene non così esplosivo verticalmente, sa cambiare bene velocità.

Non è per nulla egoista, ha una naturale capacità di trovare “the open man” con ogni tipo di passaggio per i bloccanti e per chi taglia.

Perde palla molto raramente (14% dei suoi possessi), è un grande “distributor”, soprattutto sul “pnr”.

Il problema può essere la difesa, dove troppo spesso non è in posizione corretta, fidandosi troppo dei suoi istinti, soprattutto sulle linee di passaggio.

Lavorando in sala pesi e sfruttando la sua mobilità laterale può diventare un difensore affidabile.

La Notre Dame di Mike Brey non era nota per la sua difesa: forse in un sistema che presta più attenzione a quella parte del gioco potrà dimostrarsi più efficace.

Ha un’apertura alare clamorosa per il ruolo ed il suo primo pregio resta il sapere creare per sé e per gli altri.

Ha avuto una ratio assist/perse in campo aperto di 5,3/1, che è notevole. meno efficace sulla metà campo, ma in continua crescita. Ed il miglioramento è stato costante anche al tiro, nonostante a volte risulti un po’ rigido e affrettato negli “step-back”.

Molto aggressivo sul perimetro in difesa, soprattutto in caso di zona quando sa di avere aiuto dietro.

(4/5, scorri in fondo per cambiare pagina e continuare la lettura)

EUROPA, PROMITHEAS

«E’ una guardia fisica con braccia lunghe capacità di “switchare” su 3/4 ruoli».

«Non è un play puro ma sa usare la sua altezza per creare “mismatches” e trovare l’uomo libero».

«Non ha un primo passo fenomenale, ma se trova vantaggio poi non lo perde».

«E’ un tiratore migliorato negli anni, solido da tre punti alla distanza europea».

Parola di chi gli sta dietro da tempo ed ha avuto modo di valutarlo in Europa, quindi situazioni più consone al mondo in cui si trova ora.

La firma col Promitheas arriva il 31 dicembre 2020: 14,8 punti a partita nella lega greca. L’avventura stagionale si chiude in semifinale contro il Lavrio (3-2). Solo 2 punti, ma 7 rimbalzi ed 8 assist in gara 1, 10 con 4 rimbalzi e 6 assist in gara 2, 20+4+7 in gara 3, 15+7+6 in gara 4 ed infine 17+6+8 in gara 5.

Il futuro, in biancorosso, è tutto da scrivere. La nuova dimensione che potrà dare all’Olimpia è un tema molto attraente.

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