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Olimpia Milano, 10 domande per un percorso ben tracciato

Olimpia Milano
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Olimpia Milano decisamente scioccata dal verdetto dei Playoff italiani. E’ il momento dell’equilibrio, quello in cui ripartire dalle certezze, che sono tante.

E’ stato scioccante, nella forma come nella sostanza. Lo è stato per tempi e modi, lo è stato in virtù di un cammino esaltante sino ad almeno 72 ore prima dell’inizio della finale LBA.

Come sempre, in queste situazioni, è necessario un grande equilibrio, quello che non dovrebbe fare difetto a gente come Ettore Messina e Christos Stavropoulos, vecchi lupi del mare di Eurolega ora chiamati a riprendere un cammino che non può assolutamente essere interrotto. Nemmeno da un 4-0 durissimo da accettare e che, indipendentemente dalle parole di facciata, non può non avere lasciato pesanti strascichi.

Se è vero, e lo è, che come si deve saper vincere è ancor più importante sapere perdere, ecco che il momento milanese deve dimostrare tutto ciò: un avversario migliore, nemmeno di poco, ti ha asfaltato in finale in modo inatteso ed ora è tempo di correttivi, una sorta di aggiustamento di quanto era già in cantiere per la prossima stagione e quelle seguenti.

Partiamo da un presupposto, ovvero quello di una stagione eccellente. E’ indiscutibile che sia stato così, sebbene sia ovvio l’amaro che resta in bocca per l’epilogo inatteso.

Ed allora come si migliora un gruppo che ha saputo arrivare così lontano e che si è quasi inspiegabilmente fermato ad un passo dal traguardo, che nelle parole della stessa dirigenza milanese era quello principale della stagione?

Piccoli correttivi per coprire quelle falle ben individuate con l’obiettivo di tornare a puntare da subito al massimo possibile oppure qualcosa di più drastico che però dia qualche garanzia maggiore nel tempo?

Non va infatti dimenticato che l’orizzonte temporale dei “big” milanesi non è così esteso, trattandosi di giocatori che si avvicinano alla fine della carriera, seppur esemplare.

Ciò ci porta direttamente all seconda domanda…

(1/10, scorri in fondo per cambiare pagina e proseguire nella lettura)

Jeff Brooks già effettivamente fuori dal progetto e giocatore molto vicino alla Reyer, Michael Roll in scadenza e ben poco utilizzato nei momenti che contavano della stagione, Vlado Micov dato da molti in difficilissimo rinnovo e Kevin Punter in scadenza che genera, giustamente, moltissimo interesse nell’Europa che conta.

Questi sono gli accordi che scadono, di cui vi abbiamo già parlato la settimana scorsa.

Poi ci sono i casi di Andrea Cinciarini e Kaleb Tarczewski, altri due profili che effettivamente, per differenti ragioni, sono rimasti molto ai margini della Milano competitiva ai massimi livelli.

Il capitano ha contratto sino al 2022, il suo attaccamento ai colori sociali è noto, tuttavia non potrebbe esserci il rischio di una volontà di giocare gli ultimi attimi della carriera? Sarebbe desiderio comprensibilissimo.

Tarczewski è stato effettivamente accantonato nel momento in cui è arrivato Jeremy Evans. Indipendentemente dai giudizi personali, ci sono i fatti. La fiducia che Ettore Messina è parso riporre nel giocatore è molto bassa. Anche qui c’è contratto, ma pare che a nessuna delle due parti serva continuare così.

Un minimo di 4 ed un massimo di 6 profili da cambiare: non vi è un minimo rischio di rivoluzione “necessaria” ma sempre rischiosa a questi livelli?

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I nomi fatti ci portano al discorso a oggi fondamentale, ovvero quello di Kevin Punter.

Il giocatore ha fatto benissimo, finali italiane a parte, dimostrando di aver una volta di più migliorato il suo livello, dopo il Pireo e la Stella Rossa.

Qui la domanda è secca: Kevin Punter merita un contratto da “top” di Eurolega? E’ pensabile che Milano investa un considerevole importo di denaro su questo giocatore dopo la stagione partita con un annuale che in fondo non dava certezze a nessuno, magari rinunciando a farlo su altri profili che potrebbero essere ritenuti di maggior urgenza?

Da qui dipende, appunto, molto anche del resto del mercato.

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Le scelte di mercato dovranno forzatamente indirizzarsi in due direzioni, a causa dei regolamenti. Servono sei italiani e devono essere sei profili in grado, almeno 5 di essi, di tener il campo in campionato, onde evitare quanto accaduto quest’anno in finale.

Se gli stranieri potranno rimanere la parte predominante del roster di Eurolega, è necessario avere gente che non faccia scendere il livello di intensità del gruppo la domenica.

Nicolò Melli è il sogno, ma ci risulta non essere solo quello di Milano ed inoltre, conoscendo il buon Nik, occhio a pensare che “la dia su” troppo facilmente in NBA.

Ed allora la domanda è quasi scontata: quali e quanto sono i giocatori italiani in grado di reggere il ruolo a Milano, di essere pronti per il torneo nazionale ed essere intelligentemente complementari nel roster europeo?

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Il tema dell’utilizzo degli italiani ci porta ad Ettore Messina.

Stiamo parlando di un allenatore straordinario, senza il minimo dubbio. Basti vedere come per 9 mesi sia stato in grado, grazie ad un sistema perfetto, di coprire genialmente i difetti e di esaltare i pregi del suo roster, arrivando ad un tiro dalla finalissima di Eurolega.

Come ogni essere umano, anche un fenomeno della panchina del suo calibro può sbagliare e l’unica critica che ci sentiamo di rivolgere è proprio sul mancato coinvolgimento degli atleti italiani in campionato, anche a costo di lasciare lì qualche gara. E forse ne servono 7, od in alternativa l’inserimento di uno, due giovani del vivaio nelle rotazioni italiche.

Coach Messina saprà far tesoro delle indicazioni derivanti da questi finale di stagione e di modificare quella sua voglia matta di vedere sempre una macchina perfetta in campo, voltandosi dall’altra parte in qualche occasione nazionale?

E’ una chiave, a nostro modestissimo parere. Abbiamo pochi dubbi sul fatto che un grandissimo Coach lo possa fare.

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Italiani, ok, ma poi serve parlare anche dei campionissimi, quelli un po’ avanti con l’età che vanno preservati e gestiti come i cristalli più pregiati. E tra loro c’è anche un azzurro come Gigi Datome.

Lo abbiamo visto in tanti campionati esteri, deve valere anche per l’Italia: i vari Hines, Datome e Rodriguez vanno utilizzati in modo che possano essere al top nelle occasioni più importanti, che in Eurolega durano da inizio ottobre a fine maggio mentre in Italia, fatta eccezione per un weekend gestibilissimo di Coppa Italia, iniziano ad aprile inoltrato.

Ci si lega al tema precedente ed un esempio può essere chiarificatore. Un Gigi Datome può essere utilizzato in patria come accadeva al Fenerbahçe, dove in tantissime occasioni nazionali poteva riposare completamente?

(6/10, scorri in fondo per cambiare pagina e continuare la lettura)

Passando alla tecnica più pura, se un appunto può essere fatto alla stagione milanese, è chiaro che riguardi la mancanza pressoché totale di una dimensione interna di spessore. O meglio, moltissime volte non vi è stata nemmeno di scarso spessore…

Tralasciando il credo, e ci crediamo, che il basket sia un gioco di dentro-fuori, non è assoluta necessità quella di cercare sul mercato un profilo, forse due, tra i lunghi, che dia una reale pericolosità in post basso e renda più vario il gioco milanese in modo da non lasciare troppo solo Kyle Hines e la sua struttura particolare, sebbene straordinariamente efficace, nel ruolo?

Ci viene in mente Rashard Griffith, a Messina ricorderà tante belle cose.

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Accrescere atletismo e fisicità.

Ad inizio stagione, parlando del mercato della scorsa estate, il Coach indicò la precisa ricerca di quelle due caratteristiche anche per risolvere i tanti problemi verificatisi nell’importantissima fase della difesa sul “pick and roll”.

Oggi crediamo si possa crescer ancora da questo punto di vista, ed allora è così poco urbano pensare che sia quei profili (lunghi) indicati al punto precedente, sia un’addizione tra gli esterni, che sia un 3 od un 2/3, debbano aver caratteristiche atletiche spiccatissime, anche a costo di rinunciare a qualcosa dal punto di vista strettamente tecnico?

La tipologia? Non è un suggerimento, non abbiamo titolo per farlo, ma un atleta della tipologia e del fisico di Thanasis Antetokounmpo, che tra l’altro diventerebbe arma importantissima anche contro PG e G avversarie, dove Shavon Shields ha dovuto gestore la faccenda spesso troppo solo.

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Chiarezza e trasparenza negli obiettivi.

Arrivati a questo punto della storia delle competizioni europee serve assoluta decisione nel poris obiettivi primari rispetto ad altri secondari, in modo che non i siano né strascichi polemici e deludenti, né rimpianti.

L’Eurolega ti ammazza, lo sappiamo bene, soprattutto se l’età dei tuoi migliori interpreti è avanzata. 90 partite, però, non devono esser un incubo ma un obiettivo, anche perchè vuol dire arrivare fino in fondo a tutto.

Detto della gestione equilibrata, serve essere chiarissimi su quale sia la priorità anche, se non soprattutto, in virtù di quei giocatori che il massimo torneo continentale l’hanno quasi sempre giocato per vincerlo, non certo per accontentarsi di Playoff o Final 4.

Ed allora ecco che quella scelta di priorità diventa basilare: si può dire ad Hines, Datome e Rodriguez che l’obiettivo è solo quello di fare bella figura in Europa, negli anni finali delle rispettive carriere e con un livello di gioco che esprimono ancora altissimo?

Ci pare difficile. Prima o poi, magari in occasione della prossima riforma di EL nel 2023/24, verrà il tempo di scelte importanti e magari dolorose rispetto all’Italia.

(9/10, scorri in fondo per cambiare pagina e continuare la lettura)

Cultura cestistica.

Ettore Messina, assunto il doppio ruolo milanese, lo sapeva meglio di chiunque altro: in Olimpia serviva ribaltare tutti i concetti culturali legati allo sport, dopo anni che possiamo definire almeno contraddittori (eufemismo…).

Oggi quell’operazione, sin qui portata avanti con grande dedizione e meriti indiscutibili, affronta una sfida notevole: tenere la barra dritta e proseguire un cammino che si è tracciato in maniera impeccabile, con gli impicci legati al gioco che sono nella natura stessa di ogni sport. Si può perdere…

Trattare vittoria e sconfitta come “impostori” dello stesso valore è il segreto.

Ettore Messina è la persona adatta a questa operazione?

Qui non lasciamo punti interrogativi e diciamo chiaramente di sì, senza alcun dubbio.

Magari con qualche sorriso qua e là. In fondo, Coach, fai il mestiere più bello del mondo su una panchina storica, dai che magari riesce a piacerti un po’ anche la partita…

(Photo copertina: corriere.it)

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