Italbasket, Pozzecco e la critica: equilibrio sì, reciproco
Italbasket termina l'avventura al Mondiale asiatico ai quarti. Si è discusso molto riguardo i giudizi sulla spedizione azzurra. Serve equilibrio? Sì, da entrambe le parti.
Sono stati ancora una volta i quarti di finale a sancire l'uscita di scena di Italbasket da una competizione internazionale. Nessun rimpianto per la gara decisiva perchè non vi erano speranze ma soltanto illusioni, mentre a bocce ferme si può andare ad analizzare tutto quanto ha accompagnato la spedizione azzurra a livello di critica.
Chiariamo un concetto di base: Gianmarco Pozzecco è personaggio che farà discutere sempre e che tende ad essere giudicato in maniera netta, tutto bianco o tutto nero senza che alcuna sfumatura di grigio possa entrare in campo.
Tuttavia limitarsi ad un semplice "pro" o "contro" preimpostato mi pare esercizio assai parziale e poco utile dal punto di vista della critica. Si rischia il pregiudizio, o meglio vi si cade in pieno.
Quale utilità, giornalistica o meno, potrà mai avere un'opinione preconcetta senza possibilità di seguente discussione nel momento in cui si vuole provare a giudicare un cammino sportivo? Ed anche oltre lo sport...
Detto che Eurodevotion si sente ben lontano da ogni polemica legata ai rapporti tra i media e la Nazionale, peraltro non nostro argomento di punta, mi pare che si possa ragionare sul percorso e trarne delle opinioni, o giudizi, che possano anche portare alla riflessione sul "come" si può esercitare il diritto di critica.
UN MONDIALE "NORMALE"
Sì, credo sia stato un Mondiale normale quello azzurro, senza eccessi in un senso o nell'altro. Battute quasi tutte quelle che andavano battute, peraltro senza brillare particolarmente, una sconfitta contro chi si doveva superare per notevole gap di talento a favore, una vittoria contro una squadra di valore contro la quale si poteva benissimo perdere e che non a caso gioca da venerdì per le medaglie. Poi gli USA, ma quella è un'altra storia e francamente si parla di un livello troppo superiore agli azzurri di oggi.
E' proprio il definire un Mondiale "normale" che ci fa pensare a quell'equilibrio tanto richiesto da Nik Melli. E' lo stesso non esaltarsi per aver superato Angola, Filippine e Portorico a farlo. E' l'elogio della gara coi serbi, lo è la lode dello spirito senza però dimenticare che Bogdanovic che non la mette nemmeno nella vasca da bagno è evento che accade una volta ogni cambio di inquilino in Vaticano a confermarlo.
I NUMERI DEL MONDIALE "NORMALE"
I numeri non sono tutto, si sa, ma restano in grado di fornire tante spiegazioni pratiche sul rendimento di una squadra. E nel basket contano, eccome se contano.
21mo attacco per OFFENSIVE RATING (punti per 100 possessi) a 102,9. Tutte le semifinaliste, per dare un'idea, superano quota 120.
Nona difesa per DEENSIVE RATING a 104,2. Ne deriva un NET RATING di -1,3, quindicesimo dato dell'intero torneo ad oggi.
75,7 possessi per gara. In una competizione che ha registrato dati altissimi (tutte le prime 7 oltre quota 80) Italbasket si piazza 23ma nella speciale graduatoria.
Col 49,8% di palloni raccolti sotto plance la squadra azzurra risulta sino ad ora essere la 18ma dell'intero lotto.
A livello del cosiddetto SOS (Strength of schedule) ovvero la difficoltà delle rivali incontrate, gli azzurri sono noni, dietro a Lettonia, Germania, Serbia, Canada, Lituania, Australia, Portorico e Montenegro. Qui va detto che però il picco di difficoltà è stato sfortunatamente registrato nella gara da dentro o fuori con gli USA, quindi è dato che va analizzato e non solo letto.
0,92 punti segnati per possesso rappresentano il 22mo dato dell'intera competizione. Difensivamente sono stati subiti 0,93 punti per possesso, che vuol dire 12ma piazza.
Senza andare troppo oltre con statistiche che dicono già molto, il dato che ci sembra comunque più rilevante è quello della percentuale dall'arco: al 29% la squadra di Pozzecco ha fatto meglio solo di Montenegro, Iran, Capo Verde ed Angola. Trattandosi di una parte chiave del gioco azzurro, è evidente come si sia trattato di una situazione che ha caratterizzato negativamente il cammino. Ed a supporto di questa tesi va aggiunto che a 32,3 tentativi per partita, solo Venezuela, Slovenia Lettonia e Giappone ne hanno provati all'incirca uno in più per gara.
Se poi si sia trattato di buoni tiri non a bersaglio è questione interessante ma che andrebbe analizzata di pari passo con i "cattivi tiri" che sono entrati. Ma di questo non ricordiamo nella storia aver sentito far menzione ad alcun allenatore, dalle "minors" alla NBA.
Questi non sono numeri "normali", sono numeri estremamente negativi ed allora mi pare di poter dire che è il grande spirito di unione del gruppo che è stato in grado di sopperire a queste ampie lacune e di portare la squadra sino ad un quarto di finale. Ci può in sostanza complimentare con chi è andato comunque oltre limiti evidenti, senza però trasformare questa cosa in esaltazione partigiana.
Grazie a ciò si è potuto arrivare ad un concetto di "normale" che altrimenti sarebbe stato assai negativo.
NIK MELLI E L'EQUILIBRIO
Melli, peraltro uno dei pochissimi giocatori sempre lucidi e mai banali nel descrivere le prestazioni e gli ambienti, ha perfettamente ragione a chiedere equilibrio. Io non so a chi si rivolgesse in particolare e se poi ci fosse questo soggetto giornalistico (o pseudo tale) cui rivolgersi nel particolare, però una cosa mi sento di dirla a Nicolò senza alcun fronzolo: a volte quell'equilibrio richiesto è conseguenza di equilibrio dato ed allora se arrivano alcuni comportamenti che ne palesano una certa assenza è quasi scontato che ne derivino della stessa specie.
Attenzione, lungi da me giustificare reazioni in una sorta di causa-effetto mai accettabile, ma è ovvio che se ti proponi in una certa maniera devi sapere a cosa vai incontro. Ed a Pozzecco, non parlo certo di Melli, quell'equilibrio è mancato clamorosamente nella gara contro i dominicani ed anche in altre occasioni assolutamente esagerate. Sottolineato anche da chi gli sta accanto, quindi non certo opinione personale.
E qui veniamo al punto successivo, il Poz.
POZZECCO, CHI E' COSTUI?
Gianmarco Pozzecco, illusionista del gioco in grado di far innamorare una valanga di tifosi con le sue magie sul campo, non ha mai smesso di essere se stesso una volta indossata la giacca e la cravatta ( di camicie meglio non parlare...). Punto a favore di chi? Del Poz! Come si fa a non rispettare chi riesce a rimanere se stesso in qualunque ruolo ed occasione?
Il mondo di oggi siamo certi possa o voglia accettare tutto ciò? Tanti i dubbi sono, direbbe il maestro Yoda.
Ci raccontava a fine giungo proprio il Coach azzurro (qui il suo intervento ad Area 52) : «E' complicatissimo essere se stessi in questo mestiere». Concordo pienamente, conviene di più indossare una maschera. Maschera che, per definizione, è travestimento.
In tutto quell'essere se stesso ci sono pregi e difetti, come per ognuno. Se poi vi è qualche eccesso di troppo od almeno qualcosa che possa apparire come tale, è chiaro che dalla critica ci si debba aspettare di tutto. Ma questo il Poz lo sa, meglio di chiunque altro.
Pare quasi scontato sottolineare come agli occhi dell'opinione pubblica, se ne esiste una libera, risulti molto più credibile un volto serio, o meglio serioso, rispetto a chi possa saltare in braccio a Giannis Antetokounmpo. Poi andrebbe valutato se sia più vero chi travolge di entusiasmo il greco in un corridoio di Berlino oppure di chi con facce da giorno del giudizio svolge le proprie mansioni in campo e fuori, ma questo è un campo minato per altre battaglie. Proprio sul tema è stato chiarissimo il Poz nell'intervento ad Area 52 di cui sopra.
Si possono quindi criticare gli eccessi di Pozzecco? Sì, e non è per nulla mancanza di rispetto. Quella mancanza di rispetto che si palesa invece in chi si limita all'ormai noiosa tiritera del "Poz è così, prendere o lasciare, lo si sapeva prima". Ovvio che la persona la si conosceva prima, ma così dicendo se ne sminuisce il valore in una sorta di rassegnato "cosa vogliamo farci, è così.." che di solito si riserva a soggetti verso i quali non si prova alcuna stima.
Si può dire che l'atteggiamento nella gara con la Rep.Dominicana non è proprio piaciuto? Certo che si può dire.
Si può dire che non si è capito per nulla cosa volesse dire quel «lasciate stare i miei giocatori, prendetevela con me» del giorno dopo? Nessuno ha parlato male dell'atteggiamento dei giocatori, mi pare, facendolo soltanto con le sceneggiate ben poco gradevoli del Coach. Il muro protettivo intorno ai propri ragazzi si costruisce in altro modo, non urlandolo al mondo.
Si può dire che, da amanti del gioco e soprattutto della professione dell'allenatore, durante i TO mi sarebbe piaciuto sentire qualche soluzione tecnica oltre che le ripetute uscite di stampo emozionale? O che un silenzio di 15 secondi prima di indicare il gioco da usare nel posseso ATO non mi sembra il massimo, soprattutto per i giocatori in quel momento? Non mi pare si manchi di rispetto a nessuno e credo sia domanda che si potrebbe sottoporre a chi di dovere.
Si può dire che non ci fa impazzire l'idea che ogni intervista o conferenza stampa diventi uno show che la stampa internazionale descrive ormai regolarmente come "emotional speech"? Un poco di normalità e di linearità nella direzione del semplice spiegarci perchè sono successe o succederanno certe cose sul campo, positive o negative che siano, non stonerebbe. Sì, si può dire anche questo senza che nessuno si indigni.
E si può anche dire senza alcun dubbio che la gestione Pozzecco a mio parere sia in un certo senso molto gradita a diversi giocatori proprio per la sua stessa natura. Dopo stagioni lunghe ormai 10 mesi agli ordini di Coach assai esigenti, magari in competizioni dai dettagli feroci come l'Eurolega, avere a che fare con un allenatore che pone la questione prestazionale ed ambientale in modi differenti può essere soluzione piacevolmente accolta dai protagonisti sul campo. Arrivare a dare tutto attraverso un percorso diverso: perchè no?
Così come si può aggiungere che non dev'essere per nulla facile trasformare alcuni giocatori abituati a stare seduti in quasi tutte le gare che contano, durante la stagione nei rispettivi club, in protagonisti di fronte a corazzate come Serbia e Stati Uniti. E qui, siccome è successo, c'è grande merito per un Coach che sa farlo.
Si possono quindi dire tante cose, lo si può fare per diritto di critica e lo si deve fare con rispetto ma senza quel paraocchi di parte indossato da chi si sente, o lo è, obbligato a sceglire tra quel bianco e quel nero di cui si parlava prima.
Italbasket da qualche anno è tornata squadra competitiva, grazie al percorso tracciato sapientemente da Meo Sacchetti ed ora proseguito da Gianmarco Pozzecco con metodi differenti. Non si va oltre quello scoglio dei quarti di finale? E' la realtà di quanto può esprimere il movimento.
Ricorderei infatti che sì, il campionato italiano è sicuramente cresciuto nelle ultime stagioni grazie all'approdo di alcuni grandi giocatori, tuttavia i verdetti delle coppe europee relegano l'Italia molto, molto indietro (quest'anno nessuna squadra nelle prime 8 di tutte le competizioni). Pretendere che una volta vestiti d'azzurro ci si trasformi in fenomeni è esercizio ridicolo ed allora sono ancora maggiori i meriti di chi comunque riesce a mantenere a livello competitivo un gruppo che, presi i giocatori singolarmente, a parte qualche eccellenza che si chiama Fontecchio, Melli o Datome, ha valori normalissimi.
Sarebbe interessantissimo approfondire tutto ciò proprio con il Poz. Conoscendone l'essenza ed il suo essere vero, sono certo che l'occasione arriverà. Con equilibrio, né bianco, né nero.