La Virtus merita la licenza. Anche senza playoff
Cinque gare per chiudere la regular-season di Eurolega. Otto per il campionato. E la Virtus precede Milano in entrambe le competizioni, con un saldo complessivo di tre successi in quattro gare stagionali. Chi l'avrebbe detto alla vigilia di un'annata in cui le Vu Nere si sono presentate sul massimo palcoscenico europeo da rookie dopo 14 anni di assenza?
La sconfitta di Monaco ha scavato un gap di 6 vittorie rispetto al team del Principato, ormai non più recuperabile anche per la matematica. Eppure, nonostante l'impossibilità di conquistare sul campo la conferma nel parco-squadre della prossima stagione di Eurolega, la Virtus sta dimostrando di meritarsi appieno la licenza pluriennale che porterebbe finalmente anche l'Italia ad avere due grandi rappresentanti nel secondo campionato più importante al mondo dopo la NBA.
I vertici di ECA definiranno le linee-guida dell'expansion a 24 squadre in programma nell'immediato futuro (2023-24?) nella riunione del prossimo 18 aprile. Secondo gli ultimi rumors, oltre ai nuovi mercati già chiacchierati da tempo (Londra, Parigi e Dubai), sarebbero proprio Virtus e Monaco i due team in pole position per una conferma di lungo periodo. E, a questo punto della stagione, la promozione delle Vu Nere è quasi un obbligo sportivo e morale.
Un progetto di grande qualità complessiva
La gestione Zanetti sta confermando la bontà del progetto a livello economico, strutturale e di risultati. La Virtus ha raggiunto i traguardi di Scudetto ed Eurocup con un anno di anticipo sulla tabella di marcia prevista. Ed è riuscita ad assemblare una squadra competitiva anche nella stagione da matricola senza un mercato estivo clamoroso, ma costruendo sull'ossatura del gruppo già in grado di conquistare l'Eurocup.
Certo, l'esclusione con annessa dissoluzione delle squadre russe ha aiutato e accelerato il processo di consolidamento della squadra con gli arrivi improvvisi di Daniel Hackett e Toko Shengelia, e quelli successivi di Jordan Mickey e Iffe Lundberg, ma è una situazione che ha interessato tutte le squadre partecipanti e contribuito a disegnare uno dei tornei più livellati e combattuti della storia recente.
La mano di Sergio Scariolo ha plasmato la nuova Virtus
Il passaggio tra Eurocup ed Eurolega è stato ben assorbito. Anche con un roster più corto rispetto a quello di Milano e di molte altre squadre del lotto, Bologna sta reggendo il logorio psico-fisico del doppio impegno ed è ancora in pienissima corsa per un posto nei playoff. E il lavoro di Sergio Scariolo, tornato a vestire i panni di grande guru del basket europeo, non può passare inosservato.
Con un mercato parco ma molto oculato, Scariolo ha costruito una squadra ben miscelata e amalgamata, con le caratteristiche-base di un top-team moderno. Ha grande profondità e varietà di interpreti sul perimetro, per creare e dare fluidità/freschezza al gioco. Ha una batteria di lunghi fisica e atletica, in grado di reggere il confronto nel verniciato con avversarie più esperte e scafate, e di sfruttare questo stesso vantaggio con un utilizzo molto marcato delle situazioni di post-up e post-basso. Un paio di grandi glue-guy/lavoratori oscuri per fungere da raccordo tra i due reparti. E, soprattutto, un sistema difensivo già impostato per provare a diventare un'eccellenza nel panorama europeo.
Certo, serviranno tempo, esperienza e conoscenza reciproca, ma la coesione di base dell'intera squadra è molto buona, in grado di puntellare e reggere modifiche e miglioramenti in vista per la prossima stagione. La Virtus è a metà classifica per punti subiti (81.3 di media a gara), un risultato molto interessante in questa Eurolega più offensiva/produttiva e in controtendenza rispetto ai modelli molto più sparagnini seguiti nelle scorse stagioni.
Uomini-copertina, impronta italiana e importanza di piazza e blasone
La Virtus ha gli uomini-copertina per raccogliere curiosità e interesse a livello europeo. Milos Teodosic sta giocando una stagione di illuminazioni purissime, mostrando la stessa freschezza e lucidità mentale che lo avevano proiettato nell'elite del nostro basket ben più di un decennio fa. Marco Belinelli, con le ultime prestazioni da attaccante e tiratore mortifero, sta confermando di avere ancora litri di benzina da bruciare nel serbatoio. Toko Shengelia si sta esprimendo a un livello all-around di tecnica e intelligenza cestistica mai visto prima in carriera. E Semi Ojeleye, se non fosse perseguitato dalla sfortuna, si sarebbe facilmente candidato per il premio di rookie of the year.
In più, la Virtus possiede una grande impronta italiana. Quella che serve per penetrare a fondo in un mercato monopolizzato soltanto dall'Olimpia negli ultimi anni. Ora i nostri azzurri hanno una doppia possibilità per rappresentare il Paese al massimo livello. Se Daniel Hackett e il già citato Belinelli solleticano ancora le emozioni della Vecchia Guardia, il futuro è già scritto con Alessandro Pajola e Nico Mannion. Entrambi stanno vivendo una stagione da rookie molto solida, considerando soprattutto gli enormi progressi mostrati dal figlio di Pace nelle ultime settimane, in cui è riuscito a calarsi nel ruolo anche sul piano fisico e mentale.
Last but not least, blasone e piazza. Come detto, l'Italia merita due squadre. Merita lo stesso riconoscimento dei Paesi-traino del movimento (Serbia, Grecia, Turchia). E, a maggior ragione, di non essere penalizzata rispetto a nazioni che invece non possiedono una tradizione così forte, come Francia o Germania. Con i suoi 16 scudetti e i due titoli europei conquistati alla fine degli anni 2000, Bologna vale l'Europa. La vale subito, già dalla prossima stagione. Con o senza playoff.