Virtus, all'origine del momento negativo: i problemi strutturali e le colpe della società
Andiamo con la lente d'ingrandimento alla ricerca delle ragioni delle difficoltà della Virtus Bologna, molto più profonde di quanto sembri.
La Virtus Bologna cade in casa contro il Fenerbahçe al termine di una gara condotta in larga parte, controllata a lungo e persa dopo un epilogo rocambolesco.
Un finale di partita che, ormai, si è ripetuto identico in questo inizio di stagione tra Zalgiris, Bayern Monaco, Panathinaikos e Fenerbahçe. Molto brevemente: finale punto a punto, la Virtus difende forte ma subisce dei canestri (nella maggior parte dei casi triple) dai fuoriclasse avversari e in attacco non segna mai (e quando riesce a costruire il tiro del pareggio/della vittoria o finisce nelle mani sbagliate o finisce comunque lontano dal bersaglio). Il risultato di questa equazione è sempre lo stesso: la sconfitta.
Una sconfitta che, per forza di cose, finisce per adombrare la crescita innegabile delle vu nere (che ha portato la squadra di Banchi a giocarsela e meritare di vincere contro le prime due squadre della classifica di Eurolega) e per ricoprire l'ambiente di una negatività e una frustrazione che non possono che rendere tutto più difficile, grigio e insormontabile.
Il bicchiere mezzo pieno è stato rivelato: la crescita di una squadra che ora si trova all'ultimo posto di Eurolega ma se la gioca con le prime della classe. Ma, causa le sconfitte ripetute e la negatività inevitabile dell'ambiente di cui si parlava sopra, sono venuti alla luce quelli che sono i problemi (forse irrisolvibili) della squadra. Perché se perdi ripetutamente nello stesso modo c'è una ricorsività e le opzioni sono due: o l'allenatore non è all'altezza - e non è questo il caso visto che Luca Banchi è un ottimo allenatore che anche ieri ha preparato e gestito la partita pressoché alla perfezione - o ci sono dei problemi strutturali.
I problemi della Virtus Bologna
E i problemi, a ben vedere, sono sempre gli stessi; da anni e anni. Quei problemi che ogni estate si dice che dovrebbero essere risolti, ma alla fine rimangono sempre radicati e inestirpabili.
Ai bianconeri manca un closer. Tutte o gran parte delle squadre di Eurolega hanno un giocatore (un esterno) a cui dare la palla nei possessi finali per segnare o creare un vantaggio dal palleggio, quando ormai tutti gli schemi sono saltati. Sono Nunn e Sloukas per il Pana, Shields per Milano, Larkin per l'Efes, Edwards o Napier per il Bayern, Mike James per il Monaco e via dicendo. Lo era Iffe Lundberg lo scorso anno.
Ma, Lundberg a parte, la Virtus degli ultimi 4/5 anni - da quando se n'è andato Punter per intenderci - non ha mai avuto un closer (no, Teodosic era tantissime cose, ma non un closer). E quel problema, ormai atavico, è tornato quest'anno una volta di più, evidenziato dal fatto che la Virtus, per come è stata costruita, non è una squadra in grado di arrivare nei finali di partita con 15/20 punti di vantaggio sulle avversarie. Non ha né la struttura né il talento offensivo per essere quel tipo di squadra; ragione per cui è normale dover giocare tanti finali punto a punto.
Giocarli senza avere un closer o una gerarchia chiara su cui andare (Cordinier è stato provato più volte in quelle situazioni ma non è quel giocatore; Belinelli ha avuto le sue chanches ma quest'anno non ha mai inciso in quei momenti; Clyburn si è preso la responsabilità solo a Belgrado, eccetera) significa andare spesso incontro alla sconfitta. Così è stato.
La Virtus è una squadra senza tiratori
L'altro atavico problema strutturale di questa squadra è quello di non avere tiratori; o comunque non averne abbastanza per quello che è richiesto dalla pallacanestro del 2024.
Nei finali di partita la Virtus spesso si presenta con Pajola-Cordinier-X-Shengelia-Y dove X può essere Belinelli, Morgan o Clyburn e Y è Zizic o Polonara. Bene; dei quintetti con pochissimi o nessun tiratore puro presente. E allora l'idea delle difese avversarie è molto chiaro: collassiamo in area e li sfidiamo al tiro. Un piano che, puntualmente, sta pagando i dividendi attesi per tutti quelli che affrontano le vu nere.
L'anno scorso gli unici due tiratori affidabili erano Belinelli e Abass. Il secondo non è stato rifirmato e il primo non è al momento in una condizione fisica accettabile per essere incisivo in Eurolega. Ma in estate è stato preso qualcuno per sopperire a questa mancanza? Matt Morgan, e fin qui va bene, e Rayjon Tucker.
Per sostituire l'uscente Abass, si è quindi deciso di puntare su un giocatore il cui grande limite (oltre quello a livello attitudinale) è il tiro dall'arco.
E infatti la Virtus ha, in ogni partita, problemi nel tiro da tre punti. Basti vedere la gara di ieri sera. 27.6% con 8/29, ma gli unici a segno sono stati Morgan (4/9, l'unico vero pericolo bianconero dalla lunga distanza), Shengelia (3 su 4) e Cordinier (1/6). Tutti gli altri hanno fatto 0/10, tra i quali spicca lo 0/6 di Clyburn.
Virtus Bologna, le colpe della società
E allora eccoci alle domande finali. Perché, in una squadra priva di tiratori, lasciare andare Abass, sostituirlo con Tucker (un non tiratore, peraltro già ai margini delle rotazioni e forse irrecuperabile) e aggiungere solo Morgan?
Ma, soprattutto, perché scegliere di spendere una grossa fetta del budget per gli stipendi per Will Clyburn, quando con quei soldi si potevano prendere due se non tre giocatori di ottimo livello? Lo stesso Will Clyburn che era chiaramente in parabola discendente all'Efes, che ha ormai perso tutta l'esplosività che lo aveva contraddistinto nelle sue annate migliori (ad oggi non riesce più a battere in post basso un piccolo avversario) e che si affida solo al tiro da tre punti. Tutti gli addetti ai lavori erano stati testimoni di questa involuzione del giocatore. Forse, però, a convincere la dirigenza bianconera erano stati quei 13 punti segnati al play-in contro la stessa Virtus per poi sparire completamente dalla partita?
Sta di fatto che in estate si è deciso di puntare sull'ex Cska come stella della squadra, go-to-guy nei momenti chiave e giocatore in grado di portare in dote tra i 10 e i 20 punti a partita.
Al momento, Clyburn è, invece, un giocatore che si isola dal resto dei compagni, passa i tiri che dovrebbe prendersi, si isola spesso in angolo esiliandosi dal gioco e esibisce un linguaggio del corpo tra lo svogliato e lo scontento. Questo Will Clyburn non solo non è utile alla Virtus, ma è anche dannoso.
In ultimo, riteniamo che, soprattutto in questi momenti difficili, una società solida e presente dovrebbe farsi sentire o mandare un segnale che possa aiutare l'allenatore a rilanciare la squadra. Attraverso delle dichiarazioni o interviste che rinnovino la fiducia e il pieno sostegno al progetto, oppure intervenendo sul mercato nel tentativo di correggere e sistemare un roster che ha evidenti limiti strutturali, i quali inficiano gravemente sul rendimento della squadra. E, lo ribadiamo, il dubbio che il roster in estate non sia stato costruito sulle basi delle richieste di Luca Banchi c'è tutto. Quel Luca Banchi che, spesso, è costretto a cavare il sangue dalle rape.
Queste sono solo alcune riflessioni sull'attuale momento negativo della Virtus Bologna. Un momento negativo che è ben più profondo delle solite invettive contro l'allenatore o alcuni giocatori. Un momento negativo che è figlio di una costruzione del roster deficitaria e manchevole.
Finché la barca va lasciala andare, dice un vecchio adagio. Lasciare andare la barca, però, in questo caso vorrebbe dire lasciare che si schianti contro gli scogli.