L'impresa che non ti aspetti: la Virtus Bologna gioca una gara di carattere e di attributi, rincorre e batte il Partizan alla Belgrade Arena 70-69.

Ruggente, determinata, coraggiosa, resistente: la Virtus, a Belgrado, sfoggia la sua veste più bella. Quaranti minuti di pallacanestro fisica e nervosa per resistere alle folate del Partizan e poi superarlo, vincendo un finale frenetico che, questa volta, dà ragione alle vu nere che, complessivamente, meritavano la vittoria più degli avversari serbi.

Banchi, nel finale, è trionfante: sa quanto pesa questa vittoria e sa quanto è sua. Tornare a vincere e scacciare le critiche sul campo più caldo d'Europa è qualcosa che può svoltare una stagione.

Resistere, resistere, resistere: tutto parte dalla difesa

Il Partizan ha condotto la gara dalla palla a due. Ripetuti vantaggi sul +7, +8 o +9: i serbi sembravano sempre lì per prendere il largo cavalcando le ondate del pubblico di casa. Ma la Virtus ha resistito e ha continuato a resistere per tutta la partita: una tripla, una giocata difensiva o una rubata per ribaltare l'inerzia, accorciare e non permettere mai alla squadra di Obradovic di mettersi in una posizione di comodità.

A 3'41" dalla fine le vu nere trovano il primo vantaggio sul 65-66. Da lì, fino a 1'50" circa dalla fine, un paio di attacchi confusionari e lenti che sembrano aver smarrito l'inerzia bolognese e paiono poter rappresentare un gigantesco rimpianto, con l'ex Lundberg che, nel frattempo, pare aver preso il controllo delle operazioni, come i tifosi della Segafredo sanno bene. Alla fine, però, la resistenza brilla ancora: Clyburn segna il canestro del vantaggio, la Virtus difende meravigliosamente - la difesa è una delle grandi chiavi della vittoria - e si prende una vittoria tanto agognata quanto resuscitante.

Una vittoria costruita, appunto sulla difesa. Difesa che vuol dire voglia di combattere e che soprattutto mostra l'unita di un gruppo che, partita dopo partita, si sta compattando. Anche la lotta a rimbalzo, vinta 28-34, racconta una squadra che ha tirato fuori gli artigli e ha vinto la gara accettando la fisicità e la ruvidità imposta dall'ambiente e dall'avversario.

Non è stata una gara tecnicamente sfavillante. 11/16 il rapporto assist/palle perse del Partizan; 12/15 quello della Virtus. Ha vinto chi ha perso qualche pallone in meno e il Partizan ne ha persi tanti. La gara si è quindi giocata sui rimbalzi, la difesa (si veda il punteggio basso), i recuperi e le palle vaganti. Ha vinto, quindi, chi ha voluto più sporcarsi le mani. E Bologna sapeva che, se voleva vincere, aveva bisogno anche di quello.

Partizan, Carlik Jones e Ntilikina sono questi?

Tyrique Jones domina e, francamente, avevamo pochi dubbi a riguardo. Col suo fisico dominante è il centro che può replicare quello che Lessort ha fatto due anni fa sotto la guida di Obradovic. Certo, è un giocatore diverso e meno completo, ma fisicamente e atleticamente è straripante. A maggior ragione se a fianco ha un centro "soft" come Brandon Davies.

Un'altra caratteristica del nuovo Partizan è un reparto esterni talentuoso, ampio e variegato. Paradossalmente, però, gli unici veramente che si sono dimostrati affidabili sono stati Lundberg e Marinkovic, due che questa competizione la conoscono e l'hanno masticata a lungo.

Uno dei motivi per cui il Partizan ha perso sono i 6 punti complessivi di Carlik Jones e Ntilikina (addirittura a quota 0). E' vero che per i rookie, da qualsiasi latitudine vengano, l'impatto con l'Eurolega può essere assai complesso, ma è chiaro che se due dei principali terminali offensivi offrono queste prestazioni tutto si fa più difficile. L'ex Knicks sbaglia quasi sempre la scelta da fare, mentre il giocatore del Sud Sudan fatica a costruirsi un vantaggio e da lontano non fa paura, anzi ha quasi lui paura a prendersi i tiri.

A proposito di rookie, ecco che anche Aleksej Pokusevski fatica terribilmente a stare in campo e pare lontano dal sentirsi a suo agio. Iniziano a essere diverse le incognite in casa Partizan; di sicuro questa sconfitta rileva alcuni interrogativi su cui riflettere.

Questi sono, più meno, i demeriti della squadra di Obradovic. Ma, dall'altra parte, i demeriti della Virtus sono tanti.

Ecce Clyburn, le rotazioni che funzionano e i meriti di Banchi

Si era detto che Clyburn non aveva ancora mostrato di essere il leader offensivo di questa squadra. Ecco, questa volta lo ha fatto vedere. Quando la Segafredo era lontana 2/3 possessi è arrivata puntualmente una sua tripla; poi l'ex Cska sta trovando sempre più frequentemente le zone e le situazioni preferite in cui giocare e, infine, si è preso il tiro finale, quello che ha sancito la vittoria. 28 punti e palma di MVP. Questo è il Clyburn di cui ha bisogno la Virtus.

Poi, in queste pagine, avevamo detto che alcune scelte di rotazione non ci avevano convinto. Questa sera ci hanno convinto, eccome. La necessità (l'infortunio di Pajola) e l'evidenza di alcune situazioni di campo (un Belinelli fuori condizione che, ad oggi, in Europa, fatica troppo) hanno spinto Banchi a stringere le rotazioni e dare minuti importanti a Morgan e Tucker. La scelta è stata ripagata.

L'ex Lions porta ritmo, ordine e punti pesanti, mentre l'ex Reyer è un giocatore di cui non ci priveremmo mai per la sua forza difensiva (sulla palla è uno dei migliori difensori in circolazione) e per la capacità che ha di crearsi un canestro attaccando il ferro - sulle due fasi conosciamo pochi giocatori che possono avere la sua completezza.

Poi c'è Hackett che sembra in crescita, e infatti gioca dei minuti molto solidi in cui dà equilibrio alla squadra. Cordinier e soprattutto Shengelia (quasi 36') vengono spremuti a lungo, ma in questa fase della stagione è giusto che sia così: non è il momento di gestire - quello lo si può fare in LBA -, ora serve andare con i migliori, vincere e risalire piano piano la classifica.

Si era, inoltre, parlato di cantiere aperto, visto che i giocatori, fino a pochi giorni fa, sembravano lontani dall'aver trovato una chimica e la Segafredo era parsa una delle squadre più indietro nel processo di costruzione di un'identità. Ora, a Belgrado, i passi in avanti sono stati notevoli: c'è stata una continuità inedita sui 40', uno sforzo collettivo e corale come non si era mai visto e, mai come questa volta, si può parlare di vittoria del gruppo e del collettivo.

Da qui si può ripartire. Vincere a Belgrado è qualcosa di eccezionale; che, ogni anno, pochi club possono dire di aver fatto. Può essere la svolta di una stagione; anzi, deve esserlo. Lo diciamo sottovoce, ma forse la Virtus è davvero tornata.

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