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La marcia dell'Olimpia prosegue incessante, anche Obradović e il Partizan abbassano la testa alla Milano più in forma della stagione

Uno spettro si aggira per l'Europa, è lo spettro dell'Olimpia. Le risicate speranze playoff biancorosse, infatti, non impediscono alla truppa di Messina di essere uno spauracchio vero e proprio per chiunque in questa fase della stagione.

Valanga meneghina che ha colpito il Partizan nell'ultimo quarto, dopo un equilibrio quasi indissolubile per 30', e che si ripropone nel 76-62 della sirena.

Olimpia batte Partizan - Eurodevotion

Riflessioni e spunti dalla sesta vittoria stagionale biancorossa nel racconto di Eurodevotion.

Il paradosso del primo quarto

Non godrà dell'apprezzamento degli esteti, la bellezza del gioco tra l'Olimpia e il Partizan, ma è in realtà gara su punteggi bassi e su sentimenti forti e profondi, trionfo di agonismo, tattica e ruvidezza. Di bello c'è anche, se non soprattutto, il duello in panchina, rappresentato dalla grandezza di Messina e Obradovic due che hanno scritto la storia di questo sport.

L'Olimpia parte attaccando molto bene, trovando e servendo gli short roll di Melli, costruendo ottimi tiri. La conversione però non assiste, il bottino è magrissimo e ben presto il Partizan riesce con la contromossa di Zele a frenare le iniziative biancorosse in questa situazione, grazie ad uno show forte sul blocco, oppure all'attenzione più registrata del terzo uomo sul pick and roll.

Attaccare per le scarpette rosse diventa più difficile, tuttavia paradossalmente inizia ad essere più produttivo, a partire dal contributo molto importante di Pangos, che porta iniziative di fantasia ed intelletto alla causa.

Di contro il Partizan non brilla offensivamente, ma è in grado di trovare temi tattici preponderanti, che piano piano andranno ad affievolirsi. Infatti la squadra ospite si affida alle iniziative di Kevin Punter, con cui riesce a mettere a nudo la difesa di Messina, esponendo sul cambio dinamicamente la difesa di Voigtmann, più volte battuto.

Le scorribande dell'americano sono spina nel fianco del primo tempo Olimpia, ma anche queste, nel continuo interscambio di contromosse tattiche, verranno poi limitate, grazie a marcature 1vs1 molto accurate, come sarà quella di Tonut qualche tempo dopo.

Prove ed esperimenti evidenti già da subito del frenetico duello a distanza tra due grandi coach.

La gestione dei ritmi e la transizione difensiva

Ettore Messina, però, in questo periodo, sta collezionando non poche vittorie tattiche assolutamente decisive.

Lo sviluppo di una partita che rimarrà per gran parte molto bloccata, si articola anche nel grandioso lavoro dell'Olimpia nell'impantanare quello che era il miglior team per offensive rating dell'intera lega.

La chiave è la gestione del ritmo, della transizione difensiva, che rallenta un'entrata nei giochi solitamente molto ritmata e curata dalla squadra dello Zar dei parquet serbo, rendendo la lentezza e non la pazienza la caratteristica della manovra ospite.

Non è un caso che la locomotiva dell'attacco del Partizan, Dante Exum, sia stato assolutamente addomesticato. Un matchup che avrebbe dovuto essere particolarmente spinoso come quello dell'australiano è stato neutralizzato, ponendo grande attenzione ad impedirgli di giocare campo aperto, di scatenare i suoi bollenti spiriti in corse sfrenate, di cucinare punti e fiducia spalle a canestro, nonostante marcatori di taglia più piccola, ben spalleggiati dal lavoro dei lunghi.

"A questo livello, se fai bene a togliere canestri facili e rimbalzi offensivi, segnare tanti unti a metà campo diventa difficile" dice Messina in conferenza stampa, ed infatti c'è un grosso zampino dell'Olimpia nella "peggior prova offensiva stagionale" (Obradovic dixit) dei serbi, che sono stati colpevoli, nell'analisi dell'ex Fenerbahce, di un atteggiamento poco combattivo e di una manovra eccessivamente macchinosa e fiacca.

E' difficile effettivamente ricordarsi un attacco pulito dei bianconeri, che ci mettono anche del loro con scarso protagonismo di tutte le prime punte offensive, come Nunnally. Tengono però anche difensivamente, è per questo che la partita nel terzo quarto è ancora una nave nel porto, accarezzata dalle onde, ma ancora lontana dall'essere in mare aperto.

Un quarto di follia e lo spettro dell'Olimpia

Il tempo del mare aperto arriva negli ultimi 10', ed è un mare in tempesta per il Partizan. Dopo le invenzioni di Pangos a ripetizione sull'asse con Melli ed una partita che sembrava essersi rapidamente scossa e liberata dal giogo delle rispettive gabbie tattiche imposte dai due allenatori, con il contributo del doppio play l'Olimpia aveva già tentato l'arrembaggio, in quella possibilità di cavalcare la transizione con grande proprietà che già abbiamo visto a Valencia.

Ma, se Napier prova ad allungare la sua mano sulla gara, dopo che Davies si è fatto sotto e si è preso di forza una fetta di protagonismo sulla contesa, l'inizio del quarto quarto è portatore dell'impetuosa carica biancorossa.

Se nelle ultime uscite era stato il terzo quarto il sinonimo di estasi bacchica, di ricongiungimento con l'irrazionale, in quest'occasione l'esaltazione dionisiaca si è palesata in tutta la sua furia cieca nel quarto finale.

Le due point-guard danno spettacolo, un'arma sempre più dirompente e di portata inattesa. Milano si scopre catino ruggente e ribatte, infatuata, con il suo boato alla massa informe, tortuosa, temibile dell'esercito infernale serbo.

La slavina biancorossa investe l'encefalogramma piatto offensivo del Partizan, Bacco si presenta di nuovo, prende le mosse nelle membra del solito Baron, così Milano sogna ancora ad occhi aperti.

Lo spirito dell'Olimpia aleggia per l'Eurolega, tra i salotti del Continente serpeggia timore e nessuno oggi, anche nella più grande elite del basket di EL, tiene a passare dal Forum e doversi impelagare nei labirinti stranianti della difesa di Messina. Non destarsi è l'imperativo, non illudersi il monito.

Photo credit: euroleaguebasketball.net, Olimpia Milano Facebook

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