Esclusiva Eurodevotion | Chus Mateo sul nuovo Real, Kaunas e Berlino, Playoff o Final 4, Bartzokas...
Chus Mateo in esclusiva per Eurodevotion prima del via della stagione di Liga ed Eurolega. L'uomo e l'allenatore.
Chus Mateo, Coach del Real Madrid, ci ha rilasciato un'intervista esclusiva prima del via di Liga, in questo weekend, ed Eurolega, da giovedì.
Esordio a La Coruña nel torneo nazionale e poi nella nuovissima arena bavarese, il Sap Garden, per quanto riguarda la manifestazione continentale.
Abbiamo cercato di entrare nel mondo di un allenatore che, come sempre, ci è parso esempio di equilibrio e consapevolezza, senza alcun bisogno di protagonismo forzato e senza mai apparire sopra le righe. Il tutto in un mondo come quello del Real Madrid, il club più importante del mondo.
- Chus, inizia la terza stagione da capo allenatore ed allora ti chiedo cosa è cambiato da quell'estate 2022 in cui il Real ha deciso di puntare su di te. Guidare il Real è un grande onore nonchè un onere di altissimo spessore, come si mantiene l'equilibrio su una panchina così importante?
«Io sono madridista da tantissimi anni e ciò che sento di più è la responsabilità del lavoro da svolgere per questa maglia, per questo club. E' la spinta di tutti i giorni a crescere e dare il meglio, al Real non è possibile fare diversamente. E chiaramente il ruolo che mi è stato affidato due estati fa rappresenta un ulteriore stimolo ed accresce quel senso di responsabilità».
- Il Real di quest'anno è cambiato molto. Il ritiro di Rudy e Chacho, la partenza di Fabien, Poirier e quella meno attesa di Yabusele. Pare chiaro che tecnicamente vedremo tante cose diverse, magari a partire da un ritmo superiore ed un attacco più perimetrale. Da dove comincia la nuova avventura?
«E' vero che abbiamo perso due uomini fondamentali come Rudy ed il Chacho, sicuramente è difficile sostituire le persone. Poi Fabien, Vincent e Guerschon però non so dirti se cambieremo così tanto in direzione perimetrale perchè abbiamo giocatori come Ibaka e Garuba che possono darci molto anche internamente come succedeva con Poirier. Vediamo, il fattore chiave è il tempo per lavorare e capire dove arriveremo e chi saremo. Poco a poco esprimeremo la nostra miglior versione».
- Da quando siedi sulla panchina "blanca" hai sempre aggiunto la finale in tutte le competizioni allenate tranne una sola volta (Copa del 2023), vincendo un'Eurolega, una Liga, una Copa del Rey e due Supercopa. Come si mantiene alta la concentrazione su tutti gli obiettivi sapendo che ogni volta che scendete in campo il Real "deve" vincere?
«E' legato a quanto ti ho detto prima, al senso di responsabilità ed al fatto di giocare ogni gara al massimo, cosa che ovviamente non è possibile sempre ma che si deve cercare sempre. Siamo il Real, gli avversari sono ogni volta più preparati, che sia Liga o Eurolega, tutte squadre complicatissime da affrontare quindi ci serve massima applicazione ed è importante che i nuovi si adattino il prima possibile a questa situazione».
- A proposito di favoriti, quest'anno quasi tutti danno la preferenza alle due squadre greche in Eurolega, Pana ed Oly. Cosa pensi di questa situazione un po' "diversa" per voi?
«Noi siamo abituati ad essere favoriti tuttavia è vero che due squadre in particolare hanno investito molto sul mercato e questo aiuta ad essere favoriti in partenza. Ma noi siamo il Real e quindi iniziamo a giocare, vediamo come va e poi ci pensiamo. Lo scorso anno avevamo un grande roster, eravamo certamente aiutati ad essere favoriti da quel gruppo eccellente, ma lo siamo diventati maggiormente insieme stagione grazie ad una pallacanestro che è stata veramente di alto livello. E questo mi rende molto orgoglioso per il lavoro fatto. Tornando al tema favoriti però non limitiamoci certo a questi pochi nomi, ci sono tante altre squadre costruite molto bene che hanno obiettivi importanti».
- Nella nuova era di Eurolega la squadra che ha giocato la miglior pallacanestro ed ha dominato per mesi non ha mai vinto il titolo. Si parla di maratona ma in realtà se sei in testa ad una maratona al km 40 molto spesso la vinci, mentre in Eurolega non succede. Solo per via della formula con la Final 4 o c'è altro?
«Sicuramente la formula della Final 4 permette queste situazioni. Basta una gara e tutto quanto hai fatto per mesi può sfumare anche se lo hai fatto al meglio».
- Ma tu sei più per le Final 4 o per l'eventuale soluzione serie Playoff, caldeggiata da tempo da Itoudis e recentemente anche da Teodosic?
«In genere io accetto le regole e cerco di adeguarmi a quanto è richiesto dalla formula della competizione. La Final 4 ha un'attrattiva unica per tutti, pubblico in primis, senza però derubricare la serie Playoffs a meno interessante, ovvio. Se guardo a due anni fa la soluzione F4 sicuramente ci è stata più gradita, l'ultima stagione i Playoff sarebbero stati meglio. Se parliamo di giustizia sportiva, se così si può dire senza abusare del termine giustizia, certamente i Playoff sono migliori ma mi ripeto, accettiamo la formula e prepariamoci per fare il meglio con questo format»
- Nel mondo di oggi si parla di frequente di allenatori che devono gestire più che allenare le squadre. I giocatori sono diversi dagli anni '90 o 2000, i social media creano situazioni differenti rendendo pubblico ciò che una volta restava nello spogliatoio ed i calendari intasatissimi permettono di allenarsi veramente poco. L'empatia coi giocatori, più di uno schema disegnato sulla lavagnetta, sembra fondamentale per arrivare al successo. Mi descrivi come cerchi l'equilibrio tra gestione ed allenamento puro?
«Ci sono situazioni che si presentano e necessitano di gestione speciale, lì devi essere più gestore, ma non si parli di sola gestione perchè chiunque sieda su una panchina di Eurolega è un grande allenatore a 360° in grado di lavorare su entrambe le fasi che non si possono separare, impossibile pensare il contrario».
- La Liga è il torneo nazionale di maggior livello. E' un vantaggio o uno svantaggio non poter mai abbassare la guardia? Edy (Tavares) anni fa mi disse che era meglio...
«Credo sia un vantaggio, sono d'accordo con Edy. Due tornei che esigono il massimo sforzo, è ovvio sia complicato, ma l'abitudine a competere tiene l'asticella sempre in alto ed abituandoci a tutto ciò cresciamo continuamente».
- Sconfitta e vittoria, due brutte bestie da trattare con grande equilibrio. A Berlino ci hai detto che la birra con la tua famiglia resta la stessa dopo qualunque risultato ma nell'allenamento del giorno dopo cosa cambia?
«Cambia molto perchè entrambe ti insegnano qualcosa tra il dover dimenticare e l'orgoglio. Serve non crogiolarsi nel risultato positivo come sapersi rialzare dopo la sconfitta. Quest'anno in Eurolega, ma non solo, da campioni uscenti siamo stati ad esempio molto bravi a rispettare tutti gli avversari e mettere in campo uno sforzo notevole contro tutti e si è visto dai risultati durante la stagione. Ed allo stesso modo mi è piaciuto tantissimo come siamo stati capaci di rialzarci dopo Berlino vincendo la Liga».
Tre curiosità finali e la prima riguarda Berlino: tecnicamente parlando, se potessi tornare indietro c'è una cosa che cambieresti nella tua gestione di una gara che dopo 15' sembrava stradominata?
«E' questione di autocritica, certo che cambierei, però quasi tutto lo vedi dopo nello sport, quando il verdetto del campo è già arrivato. E' giusto capire cosa si è sbagliato, accettare il risultato e stringere la mano a chi ti ha battuto. Certo che se riguardo la gara e penso all'ultimo canestro del Pana alla fine del primo tempo, ad uno di Sloukas dopo un nostro possesso in campo aperto ci trovo dei momenti fondamentali nella gara a livello mentale. Poi almeno 9 triple nostre molto ben costruite che sono uscite... E' lo sport».
Andiamo indietro di un anno, Kaunas, TO a 12"dalla fine: prendi in mano la lavagnetta, guardi i tuoi uomini e ce n'è uno come Sergi (Llull)... E' stata scelta automatica quella di mettere in mano a lui il tiro decisivo?
«Nessun dubbio, è bastato uno sguardo, abbiamo parlato e mi ha detto che se la sentiva senza problemi. Non sapevo se avrebbe segnato ma ero certo sarebbe stato il più pronto. E non era facile pensarlo perchè in una squadra di campioni avevo tantissime altre soluzioni valide».
- Cosa si dice ad un allenatore rivale che subisce una sconfitta come quella di Georgios Bartzokas in quel modo?
«Bisogna saper vincere come perdere. Se guardi le immagini puoi notare che io non celebro esageratamente, non lo faccio di solito ed è per rispetto al rivale. Poi con Georgios ho una rapporto straordinario, sia come allenatore che come persona. E' necessario capire il momento difficile che vive un avversario allenatore di una squadra che avrebbe meritato esattamente come noi. E' un gioco splendido ma crudele, è lo sport in cui si vivono questi momenti».
Chus deve partire per La Coruña dove oggi alle 1830 i campioni in carica esordiscono nella nuova stagione di Liga contro chi invece affronta per la prima volta nella storia il massimo livello nazionale, dopo essere nati soltanto nel 1996.
Il terzo viaggio di Chus come condottiero "blanco" inizia oggi in Galizia, a pochi passi dal faro romano di noto come Torre di Hercules (in verità già a Murcia per la Supercopa), il nostro volto a conoscere le migliori "basketball minds" del continente prosegue incessante. Un privilegio assoluto, "I'm blessed" direbbero di là, privilegio che diventa ancora più grande quando riesci a discorrere in sintonia con un essere umano speciale dello spessore di Jesus Alfonso Mateo Diez.