L'Olimpia sull'altalena. L'Olympiacos è una contender. I greci passano a Milano
Come col Bayern, l'Olimpia viene condannata dalla gestione del finale ma anche dalla grande solidità per tutto l'arco del match dei greci. Terza sconfitta consecutiva per Milano.
Santo Stefano vuol dire Euroleague. Al Forum d'Assago, l'Olympiacos supera l'Olimpia, in un derby tra colori e nomi nel round 18. 83-84 il finale, con la squadra di Milano che arriva alla terza sconfitta consecutiva, la seconda con diversi rimpianti. Le nostre abituali chiavi del match.
Il finale del match. Specchio delle due squadre
Perchè poi alla fine è un gioco di dettagli. E in questo momento storico, tra le due, c'è ancora un divario piuttosto netto. Preventivabile e preventivato, ma non per questo senza rimpianto rispetto al risultato finale.
L'Oly eguaglia il suo massimo vantaggio (+6) ad un 1' e mezzo dalla sirena e prova a dare la spinta decisiva ad una partita vissuta spalla a spalla con i padroni di casa. Fournier, che ancora alterna momenti di ingiocabilità ad altri con minore integrazione nel sistema Bartzokas, non aiuta i suoi con due difese consecutive lontane dalla perfezione e una scelta, personale ed affrettata, in attacco tiene aperta una partita che sembrava aver preso la strada del Pireo.
Ma è qui che Bolmaro, MVP milanese, non corona la sua forse miglior serata in maglia Olimpia. Tripla e assist per Mirotic per il -1 a 38'' dalla fine, in una partita che lo vede a quota 14 (season-high) e 6 assist. L'Oly si accontenta di un tiro dalla lunga di Vildoza, lasciando 18' a Milano per il sorpasso. L'argentino ex Bayern decide per l'1vs1 contro Vezenkov. Il bulgaro mostra il suo lato migliore anche in difesa, riapertura per Mannion, ancora ottima difesa Oly e nuova riapertura del figlio di Pace che non trova lo stesso Bolmaro.
Dettagli dicevamo. Come forse la palla in mano a Bolmaro e non al buon Shields di serata (15) o a Mirotic (16) nell'ultimo possesso decisivo. Non una croce da buttare ovviamente sul play argentino, come non lo è stato per Shields contro il Bayern. Ma la seconda partita chiusa malamente nei momenti decisivi del match, la seconda partita che lascia rimpianti vista la classifica.
L'Olympiacos e una considerazione meritata
Una partita sempre in equilibrio. Il boxing day milanese ci regala una contesa sempre sul filo. Massimi vantaggi nell'ordine della singola cifra (+7 al max per Milano) e parziali contenuti e tutti nel primo tempo.
La squadra del Pireo deve rinunciare, come troppo spesso capita, a Milutinov che sarebbe stato di fondamentale importanza, vista anche la tegola Nebo, che dopo aver fatto intravedere lampi di interessante convivenza con gli altri lunghi milanesi, ha dovuto rifermarsi per il problema al braccio che lo sta tagliando fuori dalla stagione.
L'Olympiacos tuttavia è una squadra di una solidità sconcertante. Al netto delle cadute inattese in questa massacrante Eurolega, dalle quali nessuno pare esser esente, la vittoria di stasera certifica ancora lo status di contender del quale, più o meno unanimamente, è stata investita.e
Partendo dalla ricerca del vantaggio con Fall contro Leday, Bartzokas esplora con grande agio l'uso di quintetti a specchio con quelli milanesi, arrivando a chiudere con Vezenkov (ovviamente) ma anche con Peters (che risulterà decisivo). Il tutto mostrando il suo lato migliore per larghi tratti offensivamente. Una transizione di altissimo livello e un ancora miglior gioco basato sui tagli, liberando sapientemente l'area, creando movimenti senza palla degni del migliore degli illusionisti, lavorando in maniera perfetta specialmente sui backdoor.
E se in tutto questo si inseriscono ingranaggi di altissima caratura, il meccanismo diventa di lusso. Vezenkov è sartorialmente cucito su questo sistema. Un primo tempo in Milano, di essenziale perfezione. 16 punti con un errore dal campo, 21 alla sirena a cui aggiunge la difesa sul possesso decisivo. Peters, da vice bulgaro a complice, 14, ma 12 nella ripresa e gli ultimi 7 della squadra greca. E ovviamente Fournier, lontano dall'esser un prodotto finito all'interno dei Reds e forse ancora qualche dubbio se mai potrà esserlo fino in fondo. Ma intanto un terzo quarto da 14 punti (18 finali, 0 nell'ultimo periodo), ma con percentuali e scelte ancora non sempre allineate, ma anche 7 assist e 5 rubate. L'abnegazione non manca.
La macchina di Bartzokas non si mette in funzione solo quando in possesso di palla. La difesa riesce a dare risposte al rebus Leday-Mirotic, abbinando grande fisicità e ottimi difensori, decisivi nel tenere penetrazioni e che spesso mettono pezze a disattenzioni individuali dei compagni. Vedesi gli stessi Vezenkov e Peters nella decisiva sequenza difensiva.
L'analisi dell'Olimpia. E' questa la vera Milano?
E' vero siamo alla terzo sconfitta filata per Milano. Ma pochi drammi e forse qualche sentenza in più. Si inizia a delineare la vera Olimpia annata 2024/25. Non la l'Olimpia della prima parte di stagione, magari per ora, non la straripante ed armoniosa squadra che sembrava lanciata pre Oaka.
Il ritmo è stato accertato. Meglio la transizione, meglio evitare l'attacco a metacampo, un sicuro upgrade rispetto alle versioni passate e poco vincenti. Una squadra che in contumacia Nebo, ama giocare “small” nei momenti chiave, Leday e Mirotic fondamentalmente, con Diop e Gillespie alternati a fare legna come si dice anche in altri sport.
Tiro da 3, dove Milano eccelle per percentuali (anche stasera 52%) ma anche come abilità nella costruzione. Bolmaro, Mannion e Dimitrijevic hanno la capacità, con caratteristiche diverse, di creare per gli altri, vantaggi e condivisione di palla, e con un quintetto così aperto, buoni tiri ci sono per tutti.
I lati oscuri sui quali lo staff sicuramente porrà l'accento nel lavoro in palestra, sono delineabili. Stasera verrebbe da dire le palle perse. 16 vs 17 dell'Oly, per due squadre che ne perdono sotto le 12. Un eccesso statistico in serata, ma qualche azzardo che si può accettare e anzi una media ottima per i ritmi giocati da Milano. Rimbalzi sicuramente dovuti anche alla struttura di squadra prediletta. La difesa che alterna buoni momenti ad altri in cui manca intensità e che far riemergere i difetti dei singoli.
Ma probabilmente, anche visto la prestazione odierna, è la costanza il vero tallone d'Achille. Milano è stata in stagione: troppo brutta per esser vera e troppo bella all'improvviso e ora forse si sta assestando su valore medio più coerente con la sua realtà. Milano durante le stesse partite vive momenti di grande esaltazione e di gioco, come se tutto venisse naturale. Alternati ad altri momenti più bassi, non così profondi ma che sono rivelatori anche dei punti deboli dei singoli, che si stanno amalgamando, ma che specialemente in alcuni ruoli necessitano di maturare esperienza e leadership.
Se per Allan Poe era il cuore, per questa Olimpia, il calendario sarà rivelatore nelle prossime settimane. Nelle prime due settimane del nuovo anno, Asvel e Maccabi fuori, poi in casa vs Alba e Partizan. Un ciclo che potrà dirci dove sarà arrivato il processo di crescita del team di coach Messina e soprattutto quali sono le reali ambizioni europee. Questa volta con due certezze in più. La strada imboccata dal progetto sembra quella giusta ma il passo per attestarsi al massimo livello è il più difficile.