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Messina Armani Dell'Orco
Proprietà, Dirigenza e Coaching Olimpia Milano

L'Olimpia Milano sta purtroppo riscrivendo alcune pagine di storia in negativo.

Dopo la clamorosa rimonta subita in Eurolega dallo Zalgiris, 27 punti che rappresentano il secondo rientro più ampio nella storia della competizione, è arrivata l'umiliante sconfitta di Trento, dove l'Aquila ha inflitto ai biancorossi un parziale di 26-0 inimmaginabile che ha portato ad un altrettanto incredibile 91-57 finale, terzo scarto peggiore subito dai milanesi negli ultimi 18 anni.

E quei 34 punti subiti in Trentino suonano ancora più duri e beffardi se si pensa che domani, 6 novembre, si celebra il 38mo anniversario di una delle pagine, se non “la” pagina, più gloriosa della società meneghina, quell'83-49 inflitto all'Aris Salonicco dopo che nella settimana precedente i 44 punti di Nikos Galis avevano messo la squadra di Coach Peterson in una situazione per chiunque irrecuperabile (31 punti di scarto). Ed  a fine stagione fu gloria eterna col trionfo di Losanna.

«Possiamo giocare bene o male, non sempre siamo in forma, ma noi abbiamo qualcosa di speciale» disse allora Mike D'Antoni. E sono parole che oggi andrebbero scolpite nei muri allo spogliatoio del Forum, così come nell'ufficio degli allenatori e… sì, anche in quello della proprietà.

Da settimane in questa stagione, dopo due campagne europee disastrose mitigate solo parzialmente dagli scudetti vinti, l'ambiente milanese, segnatamente il tifo ma la cosa riguarda anche molti commentatori, ha ridotto il tutto ad una sorta di referendum su Ettore Messina: si o no alla permanenza del coach in panchina. A macchia d'olio ecco le domande sul suo doppio ruolo di presidente/allenatore, che personalmente ritengo essere la radice di ogni problema per assenza di reale confronto tra dirigenza e panchina.

Superando l'esito di questo referendum che, ovviamente, in un momento assai negativo appare scontato, la domanda che mi pongo è semplicissima: se, e sottolineo fortemente il “se”, il problema di Milano è Ettore Messina, la proprietà come pensa di gestirlo?

Può suonare male, impopolare e difficile da accettare visto che fu proprio l'intervento di Giorgio Armani e del suo gruppo a dare un futuro ad una società gloriosa caduta però in disgrazia sul finire dell'ultimo e all'inizio del nuovo millennio, tuttavia non si può pensare che tutto quanto accade di negativo (e caspita se è tanto!) sia imputabile alla gestione di Messina senza che chi sta sopra di lui possa essere considerato altrettanto, se non maggiormente, responsabile.

In qualunque azienda se il CEO, o amministratore se preferite, viene ritenuto la causa dei problemi ecco che che la proprietà, normalmente espressa da un CDA, ha il diritto, o meglio il dovere, di intervenire prima che ogni bue abbia lasciato la stalla. E se non lo fa viene da sé che le responsabilità maggiori siano proprio sue.

Il Signor Armani va certamente ringraziato eternamente dagli appassionati milanesi per aver rilevato il club nel 2008, dopo qualche anno da sponsor (2004) e aver riportato l'entusiasmo, salvando ila società, in una piazza che lo stava del tutto perdendo, oltretutto in un periodo iniziale nel quale ha dovuto convivere con un mondo che avremmo poi capito essere stravolto dalle vicende legate al dominio senese. 

Milano è tornata a essere riconosciuta anche per il basket, cosa non semplice se in città vi sono Inter e Milan, tuttavia 20 anni dopo l'entrata in scena e 16 dopo l'acquisto del club, una partecipazione alle Final 4 di Eurolega (2021) e due ai relativi Playoff (2014 e 2022) sono un bottino assai misero per chi ha investito decine e decine di milioni ogni anno, soprattutto se paragonato a quanto ottenuto da diverse realtà dalle possibilità finanziarie assai inferiori (Zalgiris e Baskonia in particolare).

La proprietà milanese oggi, dopo un mese di una campagna europea che pare essere sinistramente simile alle ultime due fallimentari esperienze, è di fronte a un'assunzione di responsabilità che non può più essere rimandata sulle note del «qui è diverso, qui non si mandano via allenatori per un risultato negativo», che è un sano principio senza dubbio, ma che deve fare i conti con realtà quotidiane sotto gli occhi di tutti.

Il silenzio e l'inoperosità di fronte alla negatività si possono trasformare, e rischiano di farlo, repentinamente in giustificazione di un disastro dovuta alla totale mancata comprensione di quanto sta accadendo ormai da tempo.

Responsabile può essere ritenuto un dirigente, l'allenatore, i giocatori tutti insieme a diversi membri degli staff come chiunque operi all'interno del club, ma se in un lasso di tempo così esteso la colpa è ricaduta su tutti, allenatori in primis, tranne che su una proprietà che si protegge col solo fatto di essere assai munifica, allora sembra proprio di essere di fronte a una situazione irreversibile.

Messina dovrà certamente chiudersi in palestra a lavorare coi giocatori e il suo staff (che poi detto così sembra che sino a oggi non sia stato fatto e non è assolutamente vero), ma dalle parti di Via Borgonuovo 11 urge chiudersi in ufficio e dare un segnale di presenza che tolga di mezzo definitivamente l'immagine dell'incomprensione, se non addirittura dello scarso interesse verso quanto accade. Altrimenti si continuerà a  dare forza alla considerazione che un grande gruppo di un certo settore non deve necessariamente essere in grado di primeggiare in un altro, soprattutto se quest'ultimo si chiama sport.

E' quanto pensa pressoché l'intero mondo del basket europeo, ben oltre le parole di facciata che sono in contrapposizione ai pensieri espressi in altre sedi, è quanto deve cancellare al più presto la proprietà di Olimpia Milano perché il tempo rischia di  essere scaduto.

 

 

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