Abromaitis abbassa la scure aurinegra, Tenerife in finale!

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Un gesto tecnico barbaro dello statunitense condanna la Penya. Tenerife alla prima finale della sua storia

Tenerife agguanta un traguardo storico, è pazza gioia per gli isolani. La stoppata incredibile di Abromaitis su Parra manda in visibilio i canari e getta nella sconsolazione il Pabellon Olimpico, a tinte verdinegre.

La Penya manca un appuntamento che aveva vissuto con tutto il trasporto del suo affezionato pubblico e mastica amaro per gli errori commessi nel finale.

Tenerife conquista una storica finale - Eurodevotion

Il successo tinerfeno per 73-72 è frutto di una girandola di emozioni uniche, che tenteremo di riassumere nel caratterizzante format di racconto di Eurodevotion.

Parziali, distribuzione dei tiri ed equilibrio

L’incipit della gara sembra essere una riedizione in piccolo del primo quarto di Baskonia-Badalona, con i rivali dei catalani che paiono prendere il volo nelle primissime battute. Tenerife si impone sull’8-2, ma i verdinegro oppongono una risposta sovrapponibile a quella del giorno precedente.

La Penya blocca le iniziative avversarie, si galvanizza e con un belligerante 15-3 segna la sua riscossa. Il tutto sulle ali di un prepotente Joel Parra, il Minotauro dei padroni di casa, autore di una gara a tutti gli effetti imperiosa, in certe cose Vezenkoveggiante, con un carisma che ne ha contraddistinto una vera e propria prova di maturità. 15 punti nel primo tempo, 26 nei 40′ da trascinatore puro sono culmine di una Copa del Rey di livello clamoroso. La continuità è per lui il più grande obiettivo.

La difesa dei ragazzi di Duran pare impenetrabile, ma Shermadini con una giocata da vecchio volpone e poi la bomba contestata di Sasu Salin sciolgono la rigidità realizzativa dei canari. E’ Huertas a prendere per mano i suoi, mentre dall’arco Badalona continua ad essere assolutamente precisa.

La spallata è tentata ancora dai catalani, che continuano a nutrirsi del tiro da fuori, sfruttano i tiri negli angoli aperti dallo short roll del lungo ed eseguono l’ennesimo parziale della gara, stavolta di 13-0. Nuovamente gli isolani sembrano messi in un angolo.

Tomic, come anche fatto nei quarti, parte malissimo, per niente al centro della manovra. Badalona tira poco e male dentro il perimetro (solo il 33%), sconfessando uno storico che la vede quindicesima in Acb per triple tentate (nemmeno eccelsi per precisione, undicesimi). Il 60% su 15 triple scagliate nel primo tempo sarà valore e salvezza, ma anche sintomo di una difesa aurinegra che aveva fatto una scelta, che avrebbe potuto presto tornare indietro.

Tenerife comunque non si tira indietro, riesce a bloccare l’attacco della Penya nel finale di secondo quarto, si aggrappa a Sasu Salin, che è indemoniato, e infila un roboante 16-1 tamponato alle soglie dell’intervallo solo dalle giocate di esperienza di Ribas.

Dai vorticosi parziali quindi, ecco la fase dell’equilibrio.

Il secondo tempo, la lotta, il finale

Dall’intervallo in poi la partita sarà entusiasmante più per la tensione agonistica che per l’estetica della pallacanestro e di questo si ha un assaggio subito dopo il rientro dagli spogliatoi.

Badalona in attacco è fallosa e l’attenuarsi delle percentuali da fuori, mai corrisposto al recupero di una dimensione interna credibile che mai arriverà, impantana il bottino offensivo. Anche Tenerife non brilla, riuscendo con poca frequenza a punire qualche disattenzione di troppo della retroguardia della Penya (passata in questo frangente dietro tre volte consecutive su Jaime Fernandez pronto a colpire dalla punta).

E’ Marcelinho ad approfittarne e a scuotere i suoi, dando vita ad un mini-parziale che diventa significativo nelle secche offensive del secondo tempo. Nei volti dei verdinegro però continua a vedersi fuoco, in Feliz e Parra su tutti, e allora la lotta, apertissima, entra nel vivo.

Sasu Salin è indiziato numero uno per l’attacco canario, pericolo pubblico numero uno per la difesa catalana. Huertas e Ribas si rispondono a colpi di autorità, personalità ed esperienza. E’ giunta l’ora del finale più concitato.

Parra segna da sotto in tap-in, la Penya prova ad avvicinarsi a canestro per trovare le giuste risorse. I destini della contesa sembrano prendere la via verdinegro quando un folle antisportivo di Doornekamp a 20” manda in lunetta Feliz. Il dominicano, però, è protagonista di una sequenza sciagurata.

Agguanta il vantaggio, ma sbagliando il secondo dei liberi, per poi prendersi un tiro completamente folle, presto sul cronometro, in isolamento da tre punti. Il primo ferro dà il la al contropiede di Tenerife, con Fitipaldo in fuga in transizione che alza per l’alley-oop schiacciato di Cook. Il tentativo di schiacciata dell’americano è un po’ incerto, ma sufficiente a sancire il vantaggio decisivo, il +1 a 3,9”.

L’ultima azione di Badalona prende le mosse in maniera perfetta, Parra riceve, manda avanti il pallone convintamente e si prende di forza la corsia di penetrazione, misurando a grandi passi il parquet. Un centimetro, un maledetto centimetro, da quel ferro, un passo tra ebbra felicità e angusta sconsolazone, lo spagnolo sente la vittoria tra le mani, fa suo l’ultimo miglio della maratona e serve la cloche della vittoria su una tavola già imbandita per il banchetto di celebrazione.

Tim Abromaitis ha opinioni diverse. Uno zompo sublime, compatto e slanciato, spazza via il pallone e sigilla il tripudio aurinegro, la scure tinerfena trancia la speranza e l’ambizione del rampollo della Joventut e di un popolo interno.

Tenerife, è storia.

“Estamos donde queríamos”

Nel ‘torneo del caos‘, così come hanno definito la Copa i telecronisti iberici, Txus Vidorreta è capace di parole più che mai solide, illuminanti. L’esperto allenatore di Bilbao ha tranquillizzato i suoi e trasmesso tutta la sua fiducia per il finale in un significativo timeout a poco più di 30” dalla sirena, garantendo forse quell’elemento in più che ha consentito di superare in calma e lucidità gli avversari nella volata conclusiva.

This is our dream. Siamo dove volevamo essere, siamo sul punto di prendersi quello che abbiamo sempre desiderato prenderci.

Basta semplicemente farlo, sono solo quei 30” a separarli dal giubilo più profondo. Ma quei trenta secondi sono soltanto l’ultimo millimetro di una strada molto più lunga, per un team che ha investito sul progetto del proprio allenatore e che oggi sta raccogliendo soddisfazioni, dalla stagione stupenda finora disputata in Liga, giocando una grande pallacanestro, fino ad un risultato così prestigioso, che potrà esserlo potenzialmente ancora di più dopo le 19.00 di domani.

I’m very proud of you. Sempre parole e musica di Vidorreta. Una sinfonia stupenda da sentire in quel momento della gara, quando nessun risultato è acquisito (anzi!) e che richiama concetti molto difficilmente richiamati in panchina, dove siamo più soliti ascoltare sfuriate e insulti. Dice tanto della grandezza dei sentimenti e del calore umano, su tutto lo spettro emotivo, che la pallacanestro può suscitare.

Badalona esce sconfitta, ma avendo dato battaglia. Qualche rimorso rilevante c’è e ne abbiamo fatto menzione, tra la gestione offensiva e quella del finale.

Esiste in più la consapevolezza di aver mancato un altro appuntamento importante tutto sommato alla propria portata, che si sarebbe magari potuto trarre a sé con maggiore decisione, attenzione e ferocia. Il turbinio psicologico di questa Copa avrà ripercussioni, vedremo quali trattandosi sempre di un microcosmo più che mai complesso.

Photo credit: ACB Facebook, ACB, Joventut e Tenerife Twitter

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