ESCLUSIVO – Matt Costello a Eurodevotion: il Baskonia, l’Olimpia di Repesa e un sogno nel cassetto

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Matt Costello, a Milano con il Baskonia per affrontare l’Olimpia, si è seduto con noi per un’interessante chiacchierata su tanti aspetti significativi

L’ala-centro del Baskonia si sta dimostrando un tassello chiave, per IQ, versatilità offensiva e difensiva, in una squadra che quest’anno sta incantando molti e che noi abbiamo seguito da vicino, sia in Liga, che in Euroleague.

Dopo la performance strepitosa del career high contro l’Efes, Matt Costello è oggi ad Assago, in preparazione della sfida del Baskonia all’Olimpia di Messina, e noi abbiamo colto la palla al balzo per incontrarlo.

Di una disponibilità e di una umiltà rara, l’ex Michigan State ha parlato con noi della sua attuale squadra, di come vive il suo ruolo in campo, dei suoi compagni, dell’interesse di Jasmin Repesa nel 2016 e ha condiviso soprattutto alcune riflessioni sul ruolo di allenatore, che gli piacerebbe ricoprire in futuro.

Costello, pedina fondamentale del Baskonia intervistato da Eurodevotion

Vorrei partire con una domanda personale. Chi è Matt Costello oggi, come uomo?

Un padre, che passa del tempo con la sua famiglia a casa. Semplicemente rilassandomi.

Hai giocato nella tua carriera sia in Serie A che in Liga Endesa. Quali differenze vedi tra i due campionati, sia lato pallacanestro e che lato organizzativo?

“In Italia sono stato ad Avellino, forse non la miglior esperienza possibile a livello di organizzazione… Fallirono quando ero lì. Per quanto riguarda lo stile di gioco, penso che in Serie A ci fosse un pace più veloce, spesso si giocava run and gun cercando di segnare, mentre in Liga il ritmo è un po’ più controllato, si giocano più set offensivi a metà campo, una pallacanestro un po’ più lenta. Dal punto di vista dell’organizzazione, ho avuto un’esperienza migliore qui.

Nostre fonti ci hanno suggerito che Jasmin Repesa ti volesse a Milano nel 2016. E’ vero? Sei mai stato vicino all’Olimpia?

Non mi hanno offerto nulla, probabilmente avrei accettato al tempo. So che lui (Repesa, ndr) è venuto al mio college, ho avuto occasione di incontrarlo, ma non c’è mai stata nessuna offerta sul tavolo per venire a Milano.

Il Baskonia ti dice “vai e gioca, del resto ce ne occuperemo dopo”. Ti chiedono di giocare duro, certo, ma non cercano di limitarti in quello che fai.

Parliamo della tua squadra attuale. Baskonia è conosciuta per essere una eccezionalità offensiva, ma siete capaci anche di un’ottima difesa. Penso che una buona parte di questo sia dovuta al tuo lavoro come lungo versatile, soprattutto grazie al tuo lavoro sui cambi. Cosa ne pensi?

Credo che stiamo cercando di migliorare la nostra difesa da tutto l’anno, l’attacco ci viene abbastanza facilmente, ma stiamo proprio tentando di perfezionare il lato difensivo. Quando siamo in difficoltà, ritengo che cambiare ci aiuti davvero, proviamo così a limitare le iniziative delle guardie, ma dobbiamo essere bravi a prendere il rimbalzo dopo, fatichiamo ancora troppo a farlo.

Una volta Trinchieri ha definito Deshaun Thomas un “coltellino svizzero” per le tante cose che può fare sul parquet. Penso sia una definizione che si adatta molto bene anche a te.

Lo penso anch’io. Non faccio nulla estremamente bene, ma faccio molte cose qua e là, cercando di essere il miglior giocatore possibile.

Parlando invece del vostro attacco, il coach di Markus Howard ai tempi dell’high school disse che giocavano come “i Warriors prima dei Warriors”, è un’affermazione pesante e ovviamente non dico sia lo stesso per il Baskonia oggi, ma cosa pensi del tuo ruolo nell’attacco e del vostro così ben congeniato approccio offensivo?

Il nostro attacco è condividere la palla e cercare di produrre tiri. Tentiamo di creare il maggior numero di tiri aperti possibile e, quando ne hai uno, devi tirare. Il mio ruolo in tutto questo è indirizzare la palla a canestro quando ho una buona occasione al ferro e darla ai miei compagni, quando bisogna cercare di produrre un tiro migliore per loro. Non direi che siamo gli Warriors neanche con lo sforzo d’ immaginazione più fervido, giochiamo semplicemente il nostro basket, sperando di vincere qualche partita.”

Dove metteresti Markus Howard tra le top combo-guard d’Europa?

E’ tra i migliori. Non direi che sia propriamente un playmaker, specialmente nella nostra squadra. Alle volte deve portare palla, ma la maggior parte del tempo gioca da guardia. Lo metto sicuramente nella top 5, per ciò che è in grado di fare, per l’impatto che è capace di avere sulla partita. E’ un impatto immediato, perché quando è in campo tutti devono sapere dov’è, altrimenti saranno punti facili per noi. E’ un game-changer.

E Darius Thompson?

“Metto Markus nella top 5 delle guardie e metto Darius nella top five dei playmaker. Parliamo spesso con Darius del suo percorso, di come abbia dovuto lavorare duro per tutta la strada che ha fatto – ha iniziato in Italia per un po’ – e del perché gli sia servito così tanto tempo per arrivare in Euroleague, visto che è davvero un buonissimo giocatore.”

Rimanendo sul Baskonia, sono molto celebri per quanto siano bravi a sviluppare giocatori. Mi piacerebbe sapere la tua esperienza, cosa ne pensi?

Credo che loro diano l’opportunità agli americani di venire qui e semplicemente giocare. In molti altri grandi club per un americano è molto difficile adattarsi bene al ruolo in Europa, è difficile gestire la transizione dal college, dalla G-League o dall’NBA direttamente al sistema europeo, perché sono contesti molto diversi. Il Baskonia ti dice “vai e gioca, del resto ce ne occuperemo dopo”. Ti chiedono di giocare duro, certo, ma non cercano di limitarti in quello che fai. Puoi vederlo molto bene con Daulton (Hommes, ndr) e Markus. So che Daulton è stato in Italia prima, ma credo che venendo qui entrambi abbiano dovuto imparare a giocare nel basket europeo: i primi due mesi sono stati di adattamento, oggi hanno entrambi intrapreso una loro striscia positiva e stanno facendo davvero bene.”

Quando Howard è in campo, tutti devono sapere dov’è, altrimenti saranno punti facili per noi. E’ un game-changer.

Una percentuale sulle Final Four per questa squadra?

“Deve ancora passarne di acqua sotto i ponti prima delle Final Four, prima dobbiamo fare i playoff, sono preoccupato di quello. Una volta arrivati lì, faremo il nostro meglio per raggiungere le Final Four.”

So che hai detto più di una volta che nel tuo futuro ti piacerebbe allenare. Facciamo un gioco, fingiamo di essere 10 anni nel futuro. Una specie di ‘job interview’… Prima domanda, visto che hai sperimentato il college basketball, l’NBA, l’Euroleague, le nazionali, quale sarebbe l’ambiente giusto in cui ti vedresti per allenare?

“Per me, se potessi realizzare il sogno perfetto… In Division II c’è un college nei pressi di casa mia, Grand Valley, e vorrei essere il capo allenatore di questa squadra, così sarei vicino alla mia famiglia. La Division II non è lo stesso livello della Division I, ma comunque puoi viverci, fai abbastanza soldi per poter arrivare alla fine della giornata e, allo stesso tempo, è una pallacanestro ancora competitiva. Lo scouting è più difficile perché devi pescare nella terra di mezzo tra la Division I e quei ragazzi che non ce la faranno, ma per me sarebbe il luogo ideale. Ora, quando avrò finito non potrò certo prendere e andarci subito… ma sarebbe il posto dove andrei.

Quali sarebbero i tuoi modelli di allenatore, anche non tra quelli che hai vissuto nella tua esperienza?

“Cercherei di fare un mix dei migliori coach che ho avuto. Per esempio alcuni lati della struttura che il mio allenatore al college aveva (il leggendario Tom Izzo, ndr), penso fossero molto buoni per dare ai giocatori un impianto di riferimento, su come loro avrebbero potuto avere successo in campo: gli schemi, la difesa, la transizione…

Ma anche uno come Joan Penarroya, che dà la libertà di andare in campo e giocare, ed essere un po’ creativi. Cercando di trovare un equilibrio, dando una struttura con la possibilità di dare sfogo alla creatività. Farei il mio massimo per tenere in equilibrio quella linea, non posso dire ovviamente che riuscirei a farlo perfettamente, ma è questo che tenterei di fare.”

Il nostro attuale allenatore fa il lavoro migliore che abbia mai visto nel trovare quell’equilibrio, cercando di essere tuo amico, ma anche di essere il leader, colui che esercita l’autorità

Proprio su questo tipo di argomento, cosa pensi, anche avendo avuto un’importante esperienza a Michigan, del fatto che nel college basketball e in Europa sembra esserci un atteggiamento simile da parte degli allenatori che tentano di controllare i giocatori sia dentro, che fuori dal campo? E per te, come futuro allenatore: ‘players’ coach’ o ‘team over everything’?

Capisco perché gli allenatori lo facciano al college, semplicemente perché hanno a che fare con un gruppo di ragazzi giovani che hanno bisogno di indicazioni e simili. Penso però che, a questo punto, siamo tutti uomini cresciuti, per cui il controllo dentro e fuori dal campo è forse troppo.

Invece per quanto riguarda me, come dicevo prima, è una questione di equilibrio. Non direi che voglio essere un sergente istruttore, rendendo tutti dei soldatini, ma nemmeno voglio essere il migliore amico dei miei giocatori. Voglio avere il comando, quando dico di fare una giocata, dobbiamo fare quella giocata. Il nostro attuale allenatore fa il lavoro migliore che abbia mai visto nel trovare quell’equilibrio, cercando di essere tuo amico, ma anche di essere il leader, quello che sa esercitare l’autorità.”

Puoi chiedere tre giocatori al tuo front office (sia giocatori veri e propri, che identikit di giocatore).

… KD, Lebron e Giannis (ride, ndr). Che squadra abbiamo fatto!”

Ora che hai la squadra, quale sarebbe il sistema perfetto che Coach Costello disegnerebbe? Quale sarebbe la chiamata tipica?

“Dai ad uno di loro il pallone e segnerai contro chiunque, con questi tre insieme. Puoi mettere in quella squadra me e segneremmo lo stesso… segneremmo 150 punti in Euroleague! Starei semplicemente nell’angolo ad aspettare, farebbero quello che sanno fare e sarebbe semplicemente incredibile da guardare (ride, ndr).”

Ti piace vincere facile, Matt! Ti auguriamo di realizzare il tuo sogno, una squadra così la ammireremmo volentieri…

Photo credit: Baskonia Facebook

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