Disastro Olimpia, tra scelte incomprensibili ed un peccato originale

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Olimpia Milano in una situazione pressochè disperata in Eurolega. Ci sono delle attenuanti, anche significative, tuttavia sembrano pesare di più scelte ed errori difficilmente comprensibili.

6 partite vinte, di cui almeno 3-4 giocate comunque male, 12 sconfitte, quasi tutte strameritate ed alcune veramente imbarazzanti per quanto espresso sul parquet. All’11 gennaio, dopo il crollo di Berlino, la stagione europea dell’Olimpia Milano è obiettivamente un disastro ed è esattamente l’opposto di quanto ci si potesse aspettare da questo allenatore e da questi giocatori dopo l’allestimento di un roster assai competitivo e con il chiaro obiettivo del successo finale. Sì, il successo, perchè se il tuo obiettivo sono le Final 4 vuol dire puntare al bottino pieno, visto che la terza domenica di maggio, chi si mette in viaggio idealmente non lo fa per un weekend di piacere verso Kaunas, Berlino, Belgrado o qualunque altra possibile destinazione.

L’ultimo posto in Eurolega è assolutamente giustificato da un rendimento sotto ogni aspettativa da qualunque punto di vista: tecnico, emotivo e comunicativo.

Ci permettiamo di non prendere in considerazione al momento la situazione in Italia, sebbene anche qui l’unico titolo sinora assegnato non sia nella bacheca milanese. Del campionato, in questa analisi, interessa assai poco, se non per il cattivo impatto che può creare sulle gare di Eurolega a seguito di alcuni utilizzi esagerati di giocatori che lasciano diverse perplessità.

Injury report | Eurodevotion

Sgombriamo il campo dagli equivoci premettendo che i lunghi stop di Shields, Pangos e Datome, così come quelli meno gravi ma comunque significativi ed assai impattanti in negativo di Baron e Mitrou-Long, sono delle attenuanti serie e giocatori dai quali non si può prescindere. Però sino ad un certo punto…

Siamo perfettamente d’accordo con Ettore Messina quando si chiede, e ci chiede, cosa sarebbe successo ad esempio ad un Olympiacos se avesse passato 4 mesi senza Walkup e Sloukas, è tutto vero, ma i roster lunghissimi costruiti dalle squadre di punta servono anche a questo, altrimenti non avrebbero senso. E quel senso ce l’hanno se vengono utilizzati come tali, ovvero nella loro completezza, non se dopo un paio di mesi Tizio, Caio e Sempronio sono già dimenticati ed impolverati oggetti d’arredo nell’angolo più buio della casa.

Così, a rapida memoria, ci viene in mente un Barcellona che ha giocato mesi senza Mirotic e Kuric, con un Higgins da rimettere in forma col contagocce e con un Sanli con diversi problemi. Ma lì, i vari Tobey e compagnia hanno giocato eccome, compresi anche i giovani e sebbene la qualità del gioco sia al 50% (parole di Jasi), i blaugrana sono dalla parte opposta della classifica.

E’ tutto compromesso per Milano? No. E’ un’impresa complicatissima entrare alle 8 di Eurolega? Sì perchè guardando semplicemente i numeri ed ipotizzando un record minimo di 17/17 o 18/16, sempre che bastino, per arrivare settimi od ottavi, ora serve un 11/5 o 12/4 almeno per provarci. Il grande equilibrio della stagione lascia aperta la porta a tutti, è quasi incredibile dopo 18 turni, tuttavia la domanda è semplice come la risposta: questa Milano è in grado di raggiungere quel record? Giocando così no.

Si diceva di scelte poco comprensibili ed errori abbastanza evidenti ed allora vediamo a cosa ci riferiamo.

Playmaking, concetto di “handler” e creatori di vantaggi. Qui il piatto piange lacrime tanto amare quanto per certi versi scontate.

«Milano sarà competitiva con le big solo se Pangos starà in campo al meglio per almeno 30-35′ a gara perchè non ha alternative nel ruolo, ma dopo tantissimi mesi di inattività il canadese potrà farlo?» Purtroppo profetiche le parole di un protagonista del gioco detteci a metà settembre.

Eccolo il peccato originaleUn roster lunghissimo in cui a livello di playmaking c’è solo un giocatore, a nostro avviso straordinario, reduce però da una pressochè completa inattività. Dietro KP? Naz Mitrou-Long, ottimo con Brescia ma decisamente da testare a livello di EL, se proprio non vogliamo definirlo scommessa. Nonchè tutto tranne che playmaker. Baldasso? L’Eurolega l’ha vista col binocolo e quel binocolo glielo ha fornito lo staff non credenedoci nei fatti. Peraltro arrivato a Milano da contesti lontani anni luce da questo livello.

Nel momento in cui si è fermato ad inizio stagione proprio NML, era chiaro che il suo l’inserimento sarebbe stato complicatissimo e quindi, quando si aggiunge l’infortunio di Shields e si apre il portafoglio in maniera significativa, invece di andare su Luwawu-Cabarrot si sarebbe dovuti andare su un 1-2 che sapesse gestire la palla, prendersene cura e creare vantaggi, proprio quelli che la presenza di un grande giocatore come Shavon avrebbe garantito sebbene in altro ruolo.

E qui la scelta di TLC diventa ancora più incomprensibile nel momento in cui un atleta reduce da stagioni (NBA e nazionale) di sostanziale gregariato in cui gli si chiedeva difesa e tiro da tre (angoli), cose che sa fare benissimo, diventa gestore di palloni importanti dal palleggio, come ad esempio accaduto ad Oaka. Va bene l’emergenza come scusante, ma il tutto diventa più difficile da comprendere se quell’emergenza te la sei creata con una scelta sul mercato almeno discutibile. Ci sono decine di “scouting report” sul giocatore che ne attestano le difficoltà in detreminati contesti e ne confermano invece le ottime doti in altri.

Sostituire Shields era e resta impossibile perchè parliamo di eccellenza assoluta, però Milano ha un Devon Hall reduce da una stagione d’esordio di altissimo livello che avrebbe potuto provarci e magari farlo proprio bene. Dirottarlo a portare palla ha creato il doppio risultato negativo di perdere il valore del giocatore ed avere un TLC altrettanto fuori ruolo, sballottato tra il tentativo improbabile di essere ciò che era proprio Shields ed una gestione del pallone che non gli appartiene.

Da quel mercato sono arrivati in estate anche giocatori come Deshaun Thomas e Johannes Voigtmann, gente di valore e di esperienza, gente testata a queste latitudini che pareva una vera e propria certezza.

Il primo, il famoso “coltellino svizzero” di trinchieriana definizione, è giocatore che appunto sa fare tantissime cose, tra le quali spicca forse il gioco in post: quanti palloni ha giocato (in realtà quanti minuiti e quante partite…) in quella situazione? Bocciato nei fatti sin dalle prime settimane, spesso relegato ad attendere scarichi, non esattamente la specialità della casa.

Il secondo, grandissimo tiratore in rapporto alla stazza, è stato negli anni decisivo proprio su quegli scarichi ed ancor di più sul “pick and pop”, rebus spesso irrisolvibile per tantissime difese. Scomparso, o meglio, mai apparso. 205/507 (40,4%) da tre in 6 stagioni tra Vitoria e Mosca, in 185 gare e 4074’56” sul parquet, 5/31 (16,1%) in 16 gare (210’29”) da quando è a Milano. Buon rimbalzista, viaggiava 5,3 in EL prima dell’approdo meneghino, dove ne raccoglie 3,9 a serata peraltro dato nemmeno troppo negativo rispetto all’impiego limitatissimo.

Aggiungiamo, e non ci pare dettaglio poco significativo, che la comunque efficace difesa di Milano si basa sul cambiare su tutto e tutti: ecco, vedere Voigtmann sulle piste di un Micic (resta memorabile l’espressione del serbo sorpreso di ritrovarselo da attaccare per due possessi consecutivi al Forum) o di altri 1-2 attaccanti puri non ci è parsa la soluzione del secolo per coinvolgere al meglio il tedesco.

Entrambi, con caratteristiche assai differenti, potevano essere una buonissima alternativa a Nik Melli, che oggi è una sorta di eroe ed unico baluardo di una difesa in cui deve lavorare per due o tre ed ovviamente arriva in attacco con la lingua spesso a penzoloni, problema già visto a lungo lo scorso anno. Niente Thomas, niente Voigtmann e casi come Nik in campo 30′ a Napoli alla vigilia di un doppio turno in cui 2 W erano imprescindibili per continuare a credere nel percorso europeo? E’ almeno lecito essere perplessi?

Una squadra che è diventata corta per gli infortuni la si rende cortissima per la mancanza di fiducia repentina nei confronti di due giocatori che in partenza parevano importantissimi? Si conferma la grande perplessità.

Degli italiani come Biligha, Alviti, il già citato Baldasso e Tonut ci pare inutile parlare. I fatti dicono che non vi è alcuna fiducia europea, e possiamo essere d’accordo, ma che anche nel palcoscenico italico non godono esattamente di stima di un certo livello se non a tratti. Ecco, quei 27″ ad Alviti e Tonut di ieri sera proprio non ce li spieghiamo per usare un eufemismo.

Queste ci paiono i problemi principali di una squadra costruita per vincere e che sia Messina che il GM Stavropoulos ci hanno descritta come basata su «un mercato in cui sono stati raggiunti tutti gli obiettivi». Ad oggi troppi di questi obiettivi sono in realtà accantonati o comunque del tutto inefficaci.

Chi scrive resta convinto che l’unica svolta per questa squadra possa arrivare dall’allenatore perchè si ritene Ettore Messina uno dei migliori in assoluto. Per uscire dal tunnel serve una guida illuminata e questa deve arrivare proprio da chi ha dimostrato per anni di poterlo essere. Il tempo però scorre impietoso e qui si vede ben poco a livello di cambiamento.

Leggendo però qua e là sul web (sì, lo facciamo perchè ci parrebbe anacronistico non farlo nel 2023 ed anche per quello non condividiamo la scelta comunicativa milanese della priorità alla carta stampata, come già espresso chiaramente) questa mattina abbiamo trovato un commento che riportiamo fedelmente e che ci pare perfettamente aderente all realtà milanese:

«Sicuramente qualche errore nelle scelte, e vabbè. Però… il mondo nel 2023 è diverso dal 2015, il basket europeo è diverso, i ragazzi che giocano sono nati negli anni ’90 e sono diversi da quelli nati negli anni ’80 o prima. E allora, o chi li allena cambia se stesso e si adegua, oppure si rivolge ad altri per aver assistenza. E non mi pare stia accadendo».

Scelte ed errori a parte, è un dubbio che si può avere sulla conduzione di Ettore Messina? Noi restiamo convinti che il Coach abbia tutto per portare la squadra fuori da queste sabbie mobili ma le nostre convinzioni sono messe a durissima prova da quanto vediamo in campo. E quel tempo scorre…

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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