Il Barone Sanguinario incendia il Forum. Olimpia, è la vittoria della speranza

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Follia ad Assago, l’Olimpia recupera una partita compromessa con un clamoroso finale

La prima vittoria casalinga dei biancorossi si realizza nel modo più incredibile, uno strepitante Forum accoglie il successo dell’Olimpia sul Monaco, maturato per 79-71 nell’ultimo quarto, dopo una gara di sofferenza contro una delle favorite della competizione.

Il Monaco si scioglie quando dovrebbe chiudere i conti, precipita nella confusione e nella paura ed è costretto a lasciare sul campo una vittoria che sembrava impossibile non non maturare, dati i presupposti e nonostante un’espressione di gioco non sempre costante ad alto livello.

Olimpia vince - Eurodevotion
da Euroleague Twitter

L’Olimpia cerca di ritrovare la sua anima, e noi raccontiamo la sua seconda vittoria consecutiva con il format d’analisi tipico di Eurodevotion.

Una questione di aggressività

Ci sono due Olimpie, prima di quella strabiliante e posseduta degli ultimi 10′. Nessuna delle due eccellenti è chiaro, ma comunque due volti che si sono manifestati.

Quella discreta del primo quarto, che non è attentissima difensivamente, ma è pragmatica e cinica in attacco. Non ha un gestore di gioco ed è a volte un po’ spersa, ma colpisce gli accoppiamenti favorevoli e si avvicina a canestro, con grande aggressività dei suoi esterni, in primis Devon Hall.

Non c’è grande ardore agonistico, ma c’è quella concretezza che è stato tratto distintivo dell’Olimpia di Messina degli anni scorsi.

Obradovic a metà gara parlerà di “16 punti da comodi layup incassati in questa fase di gara dai monegaschi, un elemento che è stato senza dubbio un fattore e che, infatti, gli ospiti hanno ribaltato a loro favore nell’immediato seguito di gara.

I quarti centrali, quelli dove il Monaco sembrava aver preso il largo in modo quasi determinante, sono caratterizzati da una differenza di cattiveria e aggressività tutta a favore del Principato. E questo emerge su tutto in due diversi settori del gioco, i rimbalzi e proprio quei ‘layup‘ di cui parlavamo sopra.

L’Olimpia ha concesso infatti una caterva di rimbalzi offensivi (14 all’intervallo, 22 alla sirena), con taglia-fuori assenti o poco attenti, anche colpa della marcata preoccupazione, anche dei lunghi, sulle guardie ospiti, e sbaglia anche tantissimo sotto canestro, con una ruvidità ben diversa opposta dagli avversari alle penetrazioni biancorosse rispetto al primo spaccato.

Il Monaco sfrutta atletismo e fisicità, ma è chiaro come l’imposizione sia tanto di agonismo e solo limitatamente di ineluttabilità tecnica.

Milano si trova in difficoltà, quindi, e non fa altro che riproporre tutte le difficoltà che le abbiamo visto presentare negli ultimi mesi. Si blocca l’attacco, con la consueta mancanza di idee e di circolazione, e questo frutta un parziale mortifero di 13-0 e la miseria di 15 punti realizzati in 16′ (dal 10′ al 26′).

Anche lo staff, pur privo di Messina influenzato, trova poca incisività di reazione. 4′ di Voigtmann e 5′ di Tonut che han poco senso, il mancato ingresso di Thomas, il tentativo sparuto e isolato di una zona che avrebbe potuto cambiare le carte in tavola (o forse no), ma che certamente utilizzata in due brevi brani non poteva dare risposte in alcun senso.

I soliti vecchi problemi, insomma. Qualcosa di non usuale è stata invece la risposta che arriverà dopo, una riposta di portata emotiva sensazionale che può diventare miccia e svolta, perché l’augurio è che il lavoro, spinto ed indirizzato da una crescente fiducia, possa spazzare definitivamente via l’Olimpia balbettante che conserva ancora importanti tracce.

La reazione, il Barone Sanguinario, il delirio

In molti hanno indicato, a ragione, come momento chiave della svolta milanese l’espulsione di un furente Kyle Hines a fine terzo quarto, un comportamento alquanto sopra le righe che certo non è in linea con il serafico savoir faire dello statunitense.

Non c’è dubbio che quel momento abbia rivoluzionato la tensione emotiva della partita, con la discesa in campo di un nuovo e importante elemento, il pubblico, che si è sceso sul parquet gomito a gomito con la squadra.

E’ un aspetto chiaramente indicativo della identità ancora in fieri di questa squadra, in difficoltà a reagire da sola, ma ben più motivata a farlo se compattata da un sentirsi alle corde, dal trovarsi contro tutto e tutti. Una delle dinamiche sociologicamente di più comune analisi nella costruzione di un identità di gruppo, trovare un nemico oggettivo come strumento di coesione, esternalizzare le consapevolezze che ancora non si trovano intrinsecamente.

L’Olimpia da quel momento in poi ha avuto altri occhi, sebbene già da diversi minuti avesse ripreso a cavalcare quelli che sono ad oggi i principali riferimenti tecnici meneghini, Davies nel pitturato e Baron sul perimetro. Da qualche tempo Milano sa di dover cercare loro, sa che deve affidarsi al loro talento e alle loro risposte offensive. Non è poco, rispetto a solo un mese fa, dove questo tratto era del tutto assente.

Il centro viene pescato sotto le plance in un primo momento senza troppo successo, poi è lui a imbastire una prima caparbia reazione, con la grinta di sferrare dei fendenti dall’arco che tengono viva la battaglia dell’Olimpia. Il Barone Sanguinario è invece uno spettacolo di pulizia tecnica, una nobiltà aristocratica e una ferino istinto assassino. E’ il vero leader offensivo milanese, con la sua capacità di inventare anche a giochi rotti e di essere gelido nei momenti decisivi, freddo come i suoi occhi color ghiaccio.

A questi non si può che aggiungere un encomiabile Giampaolo Ricci, chiave del piano partita Olimpia, anche nelle sofferenze di un debilitato TLC, che ha fornito un mismatch continuo in post su MJ, e ha infilato tutta una serie di giocate di grinta e di peso specifico indescrivibile nel parziale conclusivo.

Parziale che recita 19-0, grazie ai sostanzialmente 4′ finali di muro difensivo (solo 24 punti concessi dopo l’intervallo!), per un complessivo 28-9 nell’ultimo quarto.

Una gara che è pura magia, di quelle notti folli che solo l’Olimpia è in grado di vivere. Una gara che racconta di una squadra che non sta mollando e che è disposta a dare battaglia. Tutti segnali positivi, che devono solo nutrire in fiducia i biancorossi e spingerli verso un continuo progresso, che va ancora costruito mattoncino su mattoncino. E’ la vittoria della speranza.

Monaco, un crollo verticale

Davvero un risultato incredibile quindi, ancor di più dal versante della squadra di Obradovic, che è letteralmente sparita dal campo. Un crollo psicologico e non solo un po’ allarmante, ci verrebbe da dire.

I monegaschi, perso Jordan Loyd, avevano confezionato un primo tempo offensivo di qualità. MJ, calamitando al solito le attenzioni della difesa, era riuscito anche ad aprire spazi e servire i compagni, su tutti Okobo che, già di per sè grande realizzatore, è andato a nozze nello sfruttare e punire la coperta gioco-forza corta della difesa meneghina.

Motiejunas si era dimostrato riferimento, John Brown e Donta Hall avevano apportato adrenalina e vitalità. Tutto sembrava andare per il verso giusto, senza bisogno di essere il miglior Monaco della stagione.

Una diversità di aggressività, come l’abbiamo già raccontata in precedenza, che dimostrava un mordente diverso e una presa forte sulle sorti della gara.

Tutto questo è andato in fumo con una gestione del finale in debito di ossigeno, senza alcuna lucidità, nella paura e nello smarrimento di un ambiente divenuto improvvisamente tremendamente ostile. Questa volta, poi, il folletto di Portland ha solo scheggiato il ferro nei suoi tentativi di rimettere in piedi la gara e la frittata è stata fatta.

Sconfitta che si colloca in una tendenza non eccessivamente brillante per il Monaco, perché la compagine del Principato, se consideriamo il lasso di tempo degli ultimi sei turni di EL, è la nona squadra per offensive rating e addirittura tredicesima per pace della competizione.

E’ chiaro che, privata della sua vivacità offensiva dirompente, il Roca Team faccia fatica. E oggi, contro quella Milano che, pur in tutte le sue difficoltà, rimane meritoriamente la squadra che meglio rallenta il ritmo di gioco dei suoi avversari di tutta l’Eurolega (68,5 di pace concesso), riuscire ad imporre un ritmo di gioco confacente alle proprie caratteristiche solo a tratti – nello specifico principalmente nel secondo quarto, per nulla nel secondo tempo – diventa condanna.

Photo credit: olimpiamilano.com, euroleague.basketball.net

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