L’Olimpia si esalta e poi cala, nella notte del Chacho a festeggiare è il Real

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I madrileni violano il Forum di Assago, piegando un’Olimpia che brilla, si illude, infine si perde

Una notte speciale, una notte che sembrava promettere un epilogo diverso è quella che ha vissuto l’Olimpia nella sfida dell’attesissimo ritorno del suo ex più amato, il Chacho Rodriguez. Dopo le emozioni del bentornato al beniamino ispanico e le ottime sensazioni di un entusiasmante primo tempo, la seconda metà di gara ha fatto emergere difficoltà e insicurezze nelle scarpette rosse, che hanno dovuto cedere ad un Real di una diversa ruvidezza e concretezza.

La conclusione è amara e vale per la seconda sconfitta di fila, dopo la brutta caduta della settimana scorsa in terra catalana, con il punteggio di 83-77 in favore delle merengue.

Olimpia perde con Real - Eurodevotion

L’analisi a firma Eurodevotion ripercorre così le tematiche principali del match di cartello del sesto turno di Eurolega in tre riflessioni chiave.

L’attacco biancorosso, due volti e un problema ricorrente

50 a 27, il doppio e la metà. Sono semplicemente i due volti dell’Olimpia di ieri sera, quello che ha lanciato l’EA7 nell’orbita celeste, in un entusiasmo dato da uno dei migliori momenti offensivi della stagione, e l’altro, quello che ha ricacciato le scarpette rosse sulla pesante terra, richiamando un tema poco piacevole che già in passato era stato centrale.

Un rendimento offensivo così potentemente bipartito non è stato causato stato da una così netta asimmetria nella creazione di gioco, nella produzione di buoni tiri, in quanto, sebbene sia cresciuta l’attenzione difensiva merengue nel secondo tempo, l’Olimpia è comunque riuscita a generare attacco, ma ha concretizzato ben poco.

Le cose funzionano molto bene nella prima metà, Milano accetta di giocare ad alti ritmi, come piace al Real, ma lo fa con convinzione, con entusiasmo, con razionalità, in una lucida follia che porta l’Olimpia a moltiplicare esponenzialmente il proprio bottino offensivo, con grandissimo successo di tutti i suoi tiratori. Il 75% dall’arco dei primi 20′ è suggello di costruzione, talento e un grande ritmo offensivo trovato anche in transizione.

L’Olimpia è in grande fiducia, trova soluzioni anche quando la retroguardia della casa blanca è più rocciosa. Ad esempio quell’estremamente intrigante 3-2 match-up di Mateo, con Yabusele in punta a infastidire e fiaccare i portatori di palla e Musa e Rodriguez ai lati a garantire rapidità sui close out e inseguimento sui tiratori, ha avuto in molti casi ottima riuscita nel rosicchiare secondi all’azione dei biancorossi, ma l’Olimpia ne è quasi sempre uscita vincitrice con pazienza e talento.

La gara è stata così nel primo tempo molto godibile, la scossa da 30 punti nel secondo quarto degli uomini di Messina ha trascinato poi una spinta inerziale non da poco dalla parte dei padroni di casa in vista della ripresa.

La pallacanestro offensiva vista dal ritorno degli spogliatoi è però molto diversa nel flow, anche se tanto nella varietà dell’offerta. Se è vero che la transizione è stata molto limitata, che la fisicità degli esterni del Madrid si è fatta sentire decisamente di più, è altrettanto un dato di fatto che i germi delle precarie speranze di continuità offensiva erano anche nella prova del primo tempo.

L’elefante nella stanza era infatti la quasi totale assenza di dimensione interna, che è rimasta tale anche nella seconda metà di gioco e ha impedito alternative quando la riuscita dal perimetro è naturalmente calata. L’atteggiamento dei blancos è stato quindi quello di chi aspetta pazientemente sulla sponda del fiume, il Real ha così avuto ragione ed ha avuto la meglio alla distanza, in una situazione ampiamente esemplificata dallo scarsissimo 37,5% da due biancorosso alla sirena finale.

Un problema antico per l’Olimpia, che si torna a riproporre più forte che mai, certo contro un team che ha importantissime armi nel pitturato. Quest’anno la squadra ha qualche freccia in più da sfoderare in prospettiva, e si tratta di quei profili come Davies e Thomas che hanno faticato tremendamente, il primo totalmente fagocitato dai centri del Real, il secondo ancora una volta negativo per colpe duplici, nè lui è stato abbastanza volitivo, nè è stato messo realmente in condizione di farsi vedere vicino al canestro.

Della fisicità, o del dominio di Hezonja e Musa

In parte ne abbiamo già parlato nel primo primo punto, ma è indubitabile che il fattore fisico sia stato uno dei temi determinanti della contesa.

La fisicità ha infatti due aspetti fondamentali, due prospettive, che spesso e volentieri vanno di pari passo. Un livello predeterminato, pregiudiziale, aprioristico, che è quello se vogliamo ‘materiale’ della semplice ‘disponibilità di corpi’, se così possiamo chiamarla, il secondo invece è un livello che vive e si realizza solo in atto, nell’azione e nel movimento, totalmente legato ad attitudine, convinzione e sagacia cestistica.

Il Real ha dimostrato stasera un successo su entrambi livelli, fattore che ha pagato grandi dividendi nel contesto di una squadra che deve ancora realizzare il suo pieno potenziale, vivendo ancora molto dei frutti del pick and roll centrale e delle scorribande delle sue talentuose individualità.

Il primo livello individua l’atipicità di poter schierare nel proprio backcourt, talvolta anche in coppia, atleti come Musa, Hezonja e Deck. I primi due, in particolare se schierati da guardia, sono davvero un rebus di difficile soluzione per stazza e abilità, non certo solo per l’Olimpia.

Il duo balcanico ha devastato la difesa meneghina con le numerosissime armi a sua disposizione, due giocatori di una completezza offensiva spaventosa che hanno messo insieme, alternativamente, dei momenti di dominio vero e proprio: isolamenti, penetrazioni dal pick and roll, giocate dal post, tiri dal palleggio e sugli scarichi…

Il bosniaco in particolare ha furoreggiato in tutti i momenti in cui l’Olimpia è stata più in difficoltà, mettendo in crisi i vani tentativi difensivi di Hall e Baron, che hanno faticato a contenerne le dimensioni e sono arrivati spesso in ritardo a coprirne l’invidiabile range di tiro. Per lui 25+5+5 con 31 di valutazione.

Il secondo livello invece riguarda quello che Messina ha sottolineato in conferenza stampa, parlando di una mancata applicazione di fisicità, in termini in particolare di aggressività sul perimetro, qualcosa che può centrare sicuramente con la scarsa lena di Thomas e l’assenza di Shields, i due esterni più grossi a disposizione del coach catanese, ma ha anche contorni più ampi.

L’imposizione di una certa dose di fisicità è quella che manca, aggiungiamo, quando a rimbalzo si perde 40-24, o quando neanche si esplorano tutte quelle situazioni che si possono volgere a favore, come la ricerca di cambi difensivi da punire o come le ricezioni che possono valorizzare talenti e caratteristiche dei propri giocatori sotto canestro, ad esempio. Alcune di queste tendenze che l’Olimpia migliore ha dimostrato di saper usare, vanno riscoperte e riproposte con forza soprattutto nelle condizioni più sfavorevoli, con avversari più avvantaggiati nel settore.

Ancora una volta, tanti spunti di lavoro su cui ci si dovranno aspettare alcune piccole, parziali, progressive risposte già a stretto giro di posta.

L’Olimpia e la cabina di regia nella notte del Chacho

Uno dei grandissime note positive della serata del Forum è certamente il bellissimo tributo riservato da società, compagni e da tutto il popolo biancorosso all’amatissimo playmaker spagnolo. Il Chacho si è meritato la grande stima di una piazza molto particolare, che sa amare con cuore sincero, ma riserva a pochi un amore a tal punto incondizionato, il momento del suo ritorno è stato un bellissimo momento di sport e di umanità.

Lo spagnolo sta avendo un inizio di stagione interlocutorio con il nuovo Real di Mateo, anche ieri ha saputo rivelarsi risorsa sul pick and roll con Tavares che è così bravo ad interpretare, senza fare la parte del mattatore. Insieme alla vittoria, però, si porterà via una buona dose di bei ricordi.

Inevitabilmente, insieme alla memoria di uno dei più grandi giocatori passati all’Olimpia negli ultimi anni, sorgono anche tutta una serie di riflessioni possibili su chi oggi si trova al suo posto.

Chiaramente non è certo possibile stilare giudizi oggi, in particolare perché la novella coppia Pangos/Mitrou-Long è ben lontana dalla forma migliore. Nella gara di ieri il loro contributo è stato più che mai evidente, e offre a mio parere diversi spunti di riflessione sullo stato dell’opera, essendo la cabina di regia forse il cuore dei margini di miglioramento di squadra a partire da questo avvio di stagione.

In due hanno realizzato poco meno della metà del bottino totale dell’Olimpia, 32 punti, dimostrando grande aggressività nei momenti offensivi più favorevoli. Pangos ha trovato una prova di volume offensivo particolarmente importante, garantendo alla compagine biancorossa un ventello sontuoso.

La mia sensazione però, facendo anche riferimento alle parole chiarissime di Messina sulla sua condizione nel post-Verona, è che anche in questo tipo di prova ci sia qualcosa che manchi. L’ex Cavs continua ad essere molto più realizzatore che costruttore e uomo assist, in primis, in secondo luogo sembra essere protagonista di sfuriate di orgoglio e di grande talento, ma senza che questo sia del tutto a regime nella piena padronanza offensiva del suo arsenale. Servirà aspettarlo ancora, ma con la fiducia di un giocatore che sembra pienamente ed emozionalmente coinvolto nel progetto.

Per certi versi l’altro canadese è stato autore di una prova sorprendente, sostanzialmente al debutto stagionale. Mitrou Long si è presentato in Euroleague con la voglia di spaccare il mondo: mostrandosi come la fiducia fatta a persona, l’ex Brescia non ha esitato a prendersi tutte le responsabilità che sentiva e ha gelato la difesa del Madrid con la sua pericolosità da fuori nel suo primo spaccato in campo.

Una pericolosità che non è stata solo realizzativa, ma con molta volontà di tradurre i vantaggi creati anche in opportunità per i compagni, seppur con tempi e intesa ancora da perfezionare, già con discreta concretezza. La sua buona volontà di essere fonte di gioco nel senso più ampio possibile potrebbe essere ossigeno per la cabina di regia biancorossa, visto quello che abbiamo visto nell’ultimo mese, ma la condizione deve arrivare e certamente non sempre potrà tirare così.

Insomma, le aree di miglioramento per l’Olimpia rimangono tante e non si può lasciare che le sconfitte portino scarsa serenità. E’ qualcosa che offuscherebbe e intaccherebbe il lavoro, per questo oggi c’è un’urgenza percepita un filo più intensamente.

Photo credit: euroleague.net, olimpiamilano.com e Olimpia Milano Facebook

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