Malcolm Delaney e Olimpia, storia di un amore incompiuto

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L’AVVENTURA IN OLIMPIA

La storia racconta di due anni complessi, vissuti sulle montagne russe.

La primissima parte del suo viaggio in biancorosso è quella che più rispecchia le aspettative di cui sopra, il momento in cui più di altri Delaney è riuscito ad essere nel pieno delle sue possibilità una risorsa offensiva efficace e determinante.

Tuttavia gli ostacoli sono stati sorti numerosi sin da subito, dal primo infortunio riportato in finale di Supercoppa, alla distorsione con il Real un mese dopo. Nel pezzo linkato qui sotto avevamo raccontato la sua storia fisica, in occasione dell’infortunio occorso con l’Asvel, cui manca soltanto la lesione addominale di un mese fa.

Nonostante i travagli, fu probabilmente tra dicembre e gennaio della passata stagione il periodo d’oro di MD23 con le scarpette rosse, cui seguirà una primavera decisamente meno incoraggiante, quando i dolori torneranno a corrodere sottopelle la point-guard del Maryland.

L’intervento al ginocchio lo restituirà a Milano per i playoff di Eurolega, nei quali tornerà a far vedere la miglior versione di sè stesso, contribuendo alla conquista delle storiche Final Four con una media di 16,2 punti nella serie contro il Bayern. Poi, di nuovo il calo, unito a quello complessivo di squadra sull’onda di quell’acre amarezza con cui si è conclusa l’annata biancorossa.

Il nuovo anno si apre con rinnovate speranze, dopo l’estate di riposo, con le necessità richieste dalla partenza di Punter, ma anche le ardenti ambizioni di lasciare bene in quello che si prospetta come l’ultimo anno da professionista nel Vecchio Continente. La condizione stenta ad arrivare, ma Malcolm riesce a carburare e infila un buon filotto di prestazioni ad Ottobre. Il premio? Nuovo stop per un problema alla coscia.

L’americano guarisce, torna ancora in campo, arriva un periodo di “pace fisica”, per lo meno apparente, che intercorre tra dicembre e lo scorso aprile in cui è riuscito raramente ad incidere come avrebbe dovuto. Forse questo spezzone ha rappresentato uno dei momenti più negativi della sua esperienza milanese, culminato con i malumori del Forum durante la serie con l’Efes.

Delaney nell’arco di tempo di due anni ha fatto mancare raramente, anche nei momenti più difficili, la sua difesa sulla palla, per la quale è stato fondamentale nell’occuparsi spesso dei più pericolosi handler avversari, tuttavia, oltre all’assenza di continuità, in attacco ha faticato tremendamente, per scelte e iniziative, nel playmaking e nella costanza realizzativa.

Senza affidarci a superficiali e insensate analisi, etichettando il giocatore come scarso o stupido, è secondo me ben più intelligente constatare che un atleta del genere, che è sempre stato più una combo che un play di ruolo, con tutte le mille vicende fisiche, ha perso la fiducia e la fulmineità del primo passo, a partire dalla quale poteva inventare gioco.

La difficoltà di creare vantaggio palla in mano, lo ha portato a fermarsi a palleggiare senza nerbo e a far decadere il suo contributo offensivo. Non essendo un play puro, deve far forza sulla sua pericolosità offensiva per generare attacco. Si è ritrovato quindi con armi spuntate.

Questo non ne cancella i limiti caratteriali e, perchè no, tecnici, ma implica che questi siano venuti a galla in condizioni che lo hanno portato fuori dalla sua zona di confort.

Ci sono sicuramente errori e demeriti personali nei momenti down di Delaney, ma è comunque giusto ricordare quanti siano stati i momenti fondamentali dell’epopea, soprattutto europea, di Milano in cui l’americano è stato protagonista.

Il più eclatante è certamente l’iconico buzzer beater della Yad-Eliyahu, ma se ne possono ricordare tanti altri. La serie con il Bayern, la gara di Barcellona quest’anno, tanti tiri dal peso specifico importantissimo messi a segno nel crunch time.

Certo, ci sono stati anche errori in momenti fondamentali e scelte sbagliate anche quando contava, però ritengo che chi crede che il percorso dell’Olimpia messiniana degli ultimi due anni sia di un qualche valore – e chi vi parla si iscrive senza esitazione in questa categoria – non può esimersi dal riconoscere l’importanza di Malcolm Delaney nel process biancorosso.

A prescindere dal contributo in relazione alle aspettative, a prescindere dalla mentalità altalenante, a prescindere dalle difficoltà tecniche, a prescindere da tutte le legittime critiche che si possono fare sul profilo del giocatore, è necessario riconoscere un reale e consistente merito, più o meno decisivo, nell’apporto di MD ai successi di squadra di questi anni.

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