L’Olimpia dopo l’Efes: i numeri, la fretta e l’errore. E’ solo gara 1, però…

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Olimpia uscita a pezzi da gara 1 di Playoff contro l’Efes. Non è tanto la sostanza, perchè sempre e solo il primo episodio di una serie, quanto la forma a far riflettere.

«Servirà una notte da Aris».

Dice bene il maestro Oscar Eleni dalle colonne de Il Giornale, come riporta RealOlimpia, ma il problema è che ne servono tre di quelle notti e qui la faccenda si complica. In aggiunta non si manca di rispetto a nessuno pensando poi che quegli uomini, prima che i giocatori, non sono replicabili.

Milano esce a pezzi senza se e e senza ma da una gara 1 come se improvvisamente fossero messi a nudo tutti i limiti di una gestione e di una squadra che li ha sempre nascosti tutti, andando ben oltre gli stessi.

Improvvisamente, quindi? In parte, ma assolutamente non del tutto, perchè certi segnali erano chiari ed impossibili da non vedersi, così come quanto fatto negli ultimi mesi, quelli col termometro quasi sempre in ascesa, poteva portare a riflessioni assai urbane.

Se c’è un modo di dire idiota nello sport quello è rappresentato da “squadra che vince non si tocca”. Qui non si parla tanto di squadra che stesse vincendo, ma si può considerare il periodo buono, quello in cui le cose vanno nel verso giusto ed in cui si deve avere la lucidità per poter apportare correttivi lungimiranti i cui dividendi si potranno poi incassare nel corso della stagione.

L’Olimpia ha dimostrato di essere seria, solida e performante a livello di risultati anche di fronte ad eventi negativi, leggasi infortuni, che non hanno risparmiato i biancorossi. E’ un gruppo che ha dato il 101% sempre, sin dalla prima palla a due, mettendo sotto tante rivali eccellenti, con un senso di urgenza che probabilmente, col senno di poi, pare oggi esagerato.

Ricordo bene due pareri di eccellenti menti del gioco raccolti in occasione di quel Milano-Barcellona di novembre che lanciò i meneghini in vetta all’Eurolega. «Probabilmente tra 4-5 mesi il Barça si mangerà questa squadra» il primo, «Gli altri cresceranno, l’Olimpia sembra già troppo vicina al proprio massimo possibile» l’altro. A proposito di esagerazioni, mi parvero sinceramente un po’ quello: oggi li leggo in maniera differente.

Ok, è solo gara 1, giusto non celebrare funzioni alla memoria: così chi la vede in maniera più ottimista.

E’ finita, la tegola Melli toglie il miglior protagonista, il collante e leader assoluto di una difesa che non conosceva rivali e non ci sono altre risorse da esplorare perchè l’attacco non è mai stato all’altezza dei migliori. Se scende di livello la difesa non c’è speranza. Così la teoria più pessimista.

Mi pare un po’ più complesso di questo bianco o nero, sebbene oggi vedere qualcosa di positivo è esercizio da veri e propri fedeli.

Ci sono però tre punti che oggi paiono assai chiari e difficilmente discutibili: i numeri, la fretta e l’errore.

I NUMERI

Da inizio febbraio il record europeo di stagione regolare ha detto 7 W e 5L. Contro le squadre approdate ai Playoff 2 vittorie e 4 sconfitte. 5 volte, in totale, entro i 63 punti segnati con prestazioni sinistramente simili agli inguardabili 48 punti messi a referto contro l’Efes. Aggiungendo la gara di ieri si va a 7/6 e 2/5, portando quel mancato superamento di quota 63 punti segnati a 6 occasioni.

Dopo un fantastico mese di gennaio che sostanzialmente ha garantito una posizione di rilevo nella classifica di Eurolega, l’Olimpia ha avuto un calo drastico che questi numeri esprimono molto chiaramente.

Pensare che quanto accaduto nel martedì del Forum sia solo un caso sarebbe un errore gravissimo, non considerare i problemi tra doping, infortuni e Covid sarebbe poco onesto intellettualmente ma non considerare un percorso tecnico nell’espressione dei suoi valori di settimana in settimana sarebbe impensabile.

Milano sta giocando abbastanza male da febbraio. Non è un’opinione.

LA FRETTA

Non giriamoci attorno, si chiama Trey Kell. Nessuna discussione sul valore del giocatore o sul suo stato fisico, ad oggi peraltro abbastanza misterioso.

La domanda è semplice: “perchè”?

Un roster di Eurolega con una marea di giocatori, indipendentemente dalle regole in Italia, è costruito per far fronte a problemi come quelli degli infortuni, ad esempio, di Shields e Mitoglou. 2, 3, o anche 4 mesi non sono questioni di “stagione finita”, di conseguenza si può benissimo pensare magari di inserire un nuovo atleta per parare uno dei due colpi, ma farlo con entrambi e terminare, con altre mosse, il numero di tesseramenti è un’operazione che si fatica moltissimo a capire, per usare un eufemismo.

Sia chiaro, il mercato di Eurolega era chiuso quando si sono create le opportunità di firmare atleti in uscita dalle squadre russe, tuttavia siamo così certi che qualcuno di essi non avrebbe magari preso in considerazione Milano anche senza il palcoscenico europeo ma con la prospettiva di essere determinante in un duello con Bologna che prometteva e promette tuttora scintille?

E’ chiaro come questa fretta il danno l’abbia fatto e che chiedersi oggi come sia possibile che Milano si sia ritrovata ad aprile, ma già da prima, senza la polizza assicurativa di un possibile tesseramento ulteriore resta senza una risposta comprensibile. Soprattutto perchè l’Eurolega è importantissima, ma c’è anche un campionato in cui cercare di ribaltare un netto verdetto contro del giugno 2021.

Magari non ci sarebbero state possibilità del calibro di Hackett o Shengelia, inimmaginabili solo 8 settimane fa, tuttavia perchè non proteggersi di fronte ad un eventuale problema fisico soprattutto in un roster dove ci sono tanti protagonisti fondamentali in là con l’età?

Milano rimonta

L’ERRORE

La sfiga, nota compagna di viaggio di tutti, chi più chi meno, prima o poi presenta un conto. A volte salato, a volte meno. Mai la utilizzeremo come scusante, perchè altrimenti servirebbe quell’onestà intellettuale di cui si è detto prima che per prendere in dovuta considerazione anche gli eventi fortunati, che sono tanti ma l’esser umano tende a dimenticare per non sminuirsi.

E quella sfiga martedì sera ha assunto le sembianze del gemello mediale di Nik Melli, l’uomo più importante di questa squadra, il più utilizzato e quello da cui dipende la parte del gioco in cui l’Olimpia eccelle da inizio stagione e che la rende competitiva.

Nessuno poteva pensare ad un evento negativo simile, che è ben peggiore di uno 0-1 in una serie Playoff contro peraltro la brutta copia dell’Efes che conoscevamo fino all’anno scorso, ma un’altra domanda, la cui risposta mi pare scontata a costo di apparire oltremodo critico, c’è e non proviene soltanto da chi scrive.

Cosa ci faceva Nik Melli in campo ad 1’28” di una sfida 1 strapersa, sotto di 12 punti e con una gara 2 più che decisiva in arrivo a 48 ore di distanza?

Approfondendo ulteriormente il concetto, perchè era sul parquet l’uomo più importante della squadra in un frangente in cui non c’era nessuna possibilità di ribaltare il verdetto del campo quando lo stesso giocatore sarebbe stato determinante per provare a vincere la partita più importante dell’anno due giorni dopo?

E’ ovvio che nessuno poteva immaginare cosa sarebbe accaduto, ma era doveroso pensare almeno a fargli risparmiare anche la minima energia in vista di gara 2. 18 secondi prima di quel maledetto infortunio c’è stata un’interruzione di gioco che aveva le sembianze perfette per il cambio, sebbene si sarebbe potuto e dovuto pensarci abbondantemente prima.

“Non si molla nei Playoff” dicono i cultori del provarci sino alla fine. Vero, ma provarci sino alla fine martedì sera voleva dire mettere le basi per il proseguimento della serie, non intestardirsi in un contesto che non prevedeva il benchè minimo scenario di ribaltamento.

Errore quindi? Sì, terribile. E come per la fretta di cui sopra veramente incomprensibile, soprattutto perchè commesso da chi questo gioco lo conosce alla perfezione, lo gestisce e lo ha dominato spesso lungo il corso di un trentennio.

Numeri, fretta ed errore. Oggi mi pare proprio così. Ma se vogliamo vederla in maniera positiva, posso garantirvi che in quel novembre 1986 la montagna Aris da scalare era ben più alta di quanto non lo sia la versione attuale dell’Efes.

Il problema restano quelle “tre notti da Aris”. Tre come i numeri, la fretta e l’errore.

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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