Venezia tra picchi e crolli: la volata playoff è il momento della verità

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Venezia affronta le ultime tre gare di regular-season senza aver risolto quella fragilità che la frena da mesi: l’innesto di Jordan Theodore ha dato nuova linfa, ma il gruppo ha perso la sua proverbiale forza dell’era di coach De Raffaele.

7-8 in Eurocup, 10-12 in campionato. La stagione della Reyer prosegue in altalena, incapace di mantenersi con costanza sopra la linea di galleggiamento del 50% di vittorie. Virtus, Valencia e Bursa: tre sconfitte consecutive che hanno spazzato via quel tentativo di riemersione costruito a febbraio, quando Venezia era balzata al quarto posto nel Gruppo B con un bilancio di 7-5, scavalcando anche Bologna.

Ora, l’Umana è riscivolata nella parte bassa della classifica, avvinghiata al sesto posto ma tallonata dalle inseguitrici. Ulm e Bursa preparano l’imboscata, a una sola vittoria di distanza. E il calendario per concludere la regular-season, con le trasferte di Lubiana e Gran Canaria, non lascia spazio a errori. Venezia deve fare bottino in casa il 30 marzo, quando ospiterà il Promitheas, fanalino di coda, per cercare il miglior posizionamento possibile nella griglia playoff. Obiettivo: evitare il settimo e l’ottavo posto, che proporranno una partita secca in trasferta a Belgrado o Badalona.

Austin Daye al tiro contro Kevin Hervey, Umana Reyer Venezia-Virtus Segafredo Bologna

Il gruppo ha perso forza, la tenuta mentale è fragile

La Reyer affronta la parte conclusiva della stagione con una fragilità intrinseca che strozza la squadra ormai da mesi. Il mercato estivo non si è miscelato con il core confermato a luglio. E la Vecchia Guardia, ormai, sembra definitivamente troppo vecchia per avere ancora benzina nel serbatoio. Gli innesti in corsa di Jordan Theodore e Jordan Morgan implicano un’ulteriore metabolizzazione. Ma completarla adesso, con la regular-season ormai agli sgoccioli, appare materia complessa.

La squadra ha qualità e potenziale, probabilmente molto più alti di quanto espresso finora in entrambe le competizioni. Ma manca di chimica e di quello spirito che coach Walter De Raffaele era riuscito a infondere nelle stagioni passate. L’aspetto è quello di un gruppo/non-gruppo, fatto singolare considerando che il core è ormai invariato da anni, e che è sempre stato il punto di forza della gestione deraffaelliana.

Ma la tenuta psicologica e mentale tradisce, mostrando chiari segni di una squadra non in salute. Di una squadra che non ha la forza per affrontare grosse difficoltà, ma anche per gestire situazioni nettamente favorevoli. Le trasferte di Valencia e di Bologna (in campionato) si sono consumate allo stesso modo: con un cospicuo vantaggio iniziale dilapidato in una ripresa di scarsa qualità generale.

Stefano Tonut in azione contro Klemen Prepelic, Valencia-Umana Reyer Venezia

Jordan Theodore nel bene e nel male, Bramos e Tonut ondivaghi

Jordan Theodore sta performando da giocatore di livello superiore. Le esperienze passate tra Eurolega, alta Eurocup e alta Champions League sono evidenti, e fanno la differenza. Con lui, Venezia ha finalmente adottato una dimensione europea sul perimetro, con una point-guard di spessore, carisma, punti nelle mani e capacità di costruire gioco. Ma, in questo momento, è anche molto dipendente dalle sue azioni. Ai cali di Theodore corrispondono, in maniera quasi matematica, flessioni di squadra altrettanto gravi.

L’assenza di Michele Vitali è una ferita che sanguina. Alla Reyer sta mancando un grande equilibratore, sia per la pericolosità dall’arco, sia per la quantità profusa nella metacampo difensiva. Michael Bramos è in crescita. Ha lampi che ricordano il giocatore straordinario pre-infortunio. Ma i 35 anni sono un fardello notevole per uno stop così lungo. Un fardello che toglie a Bramos la capacità di essere continuo per l’intera partita, andando oltre il limite fisico e temporale della prima metà di gioco.

Stefano Tonut è ondivago. Sarebbe potuta essere la sua grande stagione, quella in cui sarebbe potuto esplodere dopo il premio di MVP del campionato dello scorso anno e l’esperienza olimpica. Invece, si sta trasformando in un’annata di transizione. Onesta, certo, ma non brillante.

Jordan Theodore nella partita tra Umana Reyer Venezia e Frutti Extra Bursaspor

Un front-court in crisi: le fatiche di Echodas e Brooks, le lacune di Watt

Il front-court sta soffrendo i problemi maggiori. Mitchell Watt resta un punto cardine, ma immerso in quello strano limbo da “sì, però no” che lo ha sempre avvolto nelle sue esperienze europee. Giocatore pulito, tecnico, con un utilizzo del corpo da vecchia scuola, a Watt è sempre mancata quella fiammella di malizia per poter essere un centro di vero peso anche a livello internazionale. Watt non è un big-man da contatti e spallate, difese fisiche e colpi proibiti. Tecnica e intelligenza celestiale non si affiancano al mind-set famelico da Coppa.

E, al suo fianco, con Jordan Morgan ancora lontanissimo da una condizione accettabile, c’è poco materiale che può aiutare. Martynas Echodas non si è mai realmente inserito nel gruppo. Una nota strana e dolente, per un giocatore sbarcato a Venezia con aspettative molto alte. L’Eurocup è sempre stato il suo terreno, con tre buone stagioni a Rytas. Ma il suo primo impatto all’estero, fuori dai confini lituani, è stato molto più complesso del previsto.

Jeff Brooks sta faticando allo stesso modo, se non di più. Arrivato come colpaccio, in grado di portare un bagaglio di esperienza di livello maturato in 6 stagioni di Eurolega, sta invece proseguendo quella parabola involutiva cominciata già lo scorso anno a Milano. Una picchiata continua, che gli sta togliendo sempre più fiducia, anche nelle piccole cose. Nelle ultime partite, tra Valencia, Bursa e Virtus (in campionato), non ha mai guardato il canestro. E la retrocessione nel secondo quintetto è stata una scelta dolorosa, ma condivisibile.

David Dudzinski al tiro contro Mitchell Watt e Jeff Brooks, Frutti Extra Bursaspor-Umana Reyer Venezia

Coach De Raffaele si è affidato spesso a Austin Daye nel ruolo di quattro tattico, alla disperata ricerca di un equilibrio nel front-court. Ma anche per Daye, come per Bramos, la carta d’identità inizia a farsi sentire. E quei contatti amplificati sui campi d’Europa, una volta assorbiti senza timore, ora danno fastidio. E si trasformano in una miccia di facile accensione per far saltare i nervi.

La trasferta di mercoledì a Lubiana lancia la volata-playoff. Una volata in cui la Reyer potrebbe oscillare tra il quarto e l’ottavo posto. Una volata che porterà con sé il messaggio finale di questa stagione da picchi e tonfi. Questo gruppo ha ancora qualcosa da dare, scavando nel profondo dell’orgoglio? O è ormai una pagina da voltare, per aprirne una nuova, bianca, da scrivere sin dalla prima riga?

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