David Blatt ad Area 52: Treviso, l’Eurolega, la NBA ed uno sconfinato amore per il gioco

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David Blatt straordinario protagonista su Area 52, il nuovo prodotto di approfondimento sul basket di Eurolega ed Eurocup curato con Andrea Solaini e Marco Pagliariccio.

E’ stato un onore prima di tutto, è stata un’esperienza veramente straordinaria poter avere tra i nostri ospiti ad AREA 52 un Coach iconico come David Blatt.

David Blatt

Raramente ci è capitato di essere così emotivamente coinvolti come in questa occasione.

Persona, prima che allenatore, di altissimo profilo e valore. Basti un esempio: quanti, in questo mondo, ringraziano ripetutamente il giorno seguenti gli intervistatori con messaggi personali per avergli dato la possibilità di conversare di pallacanestro? Una lezione per tanti, un esempio assoluto.

Ed allora riprendiamo le parole di Andrea Solaini appena si è chiuso l’intervento del Coach per spiegare il tutto: «Ci ha regalato 40 minuti del suo tempo con grande brillantezza. Credo non abbia detto una cosa banale in 36 minuti».

Ed è doveroso, prima di entrare nel dettaglio di quanto detto dal Coach, ringraziare Maurizio Gherardini, amico che ha voluto intervenire per fare una sorpresa al nostro ospite, creando momenti di grandissima empatia ed emotività.

Sul suo rapporto attuale con l’Eurolega…

«Seguo sempre l’Eurolega, oggi con uno speciale interesse avendo mio figlio che ci gioca. Sono curioso e mi godo le prove di molti club: vedo la crescita di molte squadre e del basket di Eurolega in generale».

Sulle sue grandissime imprese con la Russia del 2007 ed il Maccabi del 2014…

«Quando giochi da “underdog” e non sei favorito, devi fare qualcosa per far cambiare il modo di giocare agli avversari perchè almeno sulla carta sono più forti e con più armi. Bisogna fare qualcosa che li porti fuori dalla loro “comfort zone” e rendergli le cose meno naturali. Contro la Spagna nel 2007 ci è riuscito bene, come nelle Final 4 del 2014, in particolare nella gara col Cska, quando ci siamo concentrati moltissimo su cosa non fargli fare, grazie a grandi giocatori e ad un sistema validissimo».


Sui grandi playmaker allenati ed il valore odierno di Scottie Wilbekin…

«Il mio successo è legato ai grandi playmaker che ho avuto. La gente mi chiede sempre cosa insegno e come sviluppo i miei play  e la risposta più semplice è che sono nati così. Lo dico perchè mi chiedono spesso come ho insegnato a mio figlio a passare così e ad essere un leader, ma in realtà molto dipende dal fatto che sia nato in una famiglia di basket, che lui stesso ami il gioco e che sia nato con quell’IQ per giocare in quella posizione. Ciò che penso è che vedere giocatori che pensano come prima cosa a come far rendere al meglio i compagni sia il tratto fondamentale di un grande playmaker. Ha a che fare con la tecnica, con la personalità e con l’IQ. Riguardo Scottie ti dico che lui è una “pointguard” molto adatta al gioco moderno e chiamarlo playmaker tradizionale è un errore. Lui è una “combo” che segna e questa è la sua forza, lo fa al meglio ed io sono stato fortunato ad essere parte del suo successo, ma questo è ciò che ritengo sia allenare, ovvero tradurre la forza di un giocatore in un vantaggio per la squadra».

Sull’essere “europeo in America” ed “americano in Europa”…

«Il gioco è assai differente: per le regole, per la dimensione del campo, per la durata delle gare, per la personalità… Per tutto ciò è difficile oltrepassare l’oceano in entrambe le direzioni. Io ho imparato ad allenare in Europa, prima di tornare poi in USA ad allenare in NBA. L’adattamento è stato durissimo, è stata una sfida vera. Ricordo sempre quanto disse Rick Carlisle: “Voi giudicate com’è per un coach europeo arrivare in NBA, ma guardate anche a come sarebbe per allenatori NBA andare in Europa e fare ciò che lui ha fatto”. Non voglio darmi troppo meriti, ma è veramente difficile. Potrebbe dirvelo Ettore Messina meglio di me quali sono le grandi differenze. E’ importante cambiare il tuo approccio mentale quando si passa da una parte all’altra dell’oceano».

Tutto ad un tratto, ecco la sorpresa che abbiamo organizzato per Coach Blatt: arriva in diretta Maurizio Gherardini, il duetto è storia del basket, con un’emotività ed un’empatia straordinarie. Commuoversi è un attimo.

«Maurizio è un gentleman che occupa un grande ruolo nella mia carriera. Ho grande rispetto, lo apprezzo moltissimo e gli devo tanto».

Tocca a MG…

«Appena mi hanno detto della possibilità di farti una sorpresa non me la sono lasciata scappare. E’ mezzanotte ad Istanbul, non sono andato a Mosca per i problemi che ci sono là legati al Covid… Come va coi miei amici di Canada basketball?»

Risponde così il Coach…

«Ho sempre cercato di seguirti Maurizio e non credo ci si possa sbagliare se si trova un buon esempio, un leader da seguire… Ringrazio i ragazzi qui che mi hanno organizzato questa sorpresa…»

«Canada Basketball sta lavorando duro sul grande talento che negli ultimi 20 anni hai aiutato a crescere, oggi molti dei migliori al mondo arrivano dal Canada e la nostra idea è quella di trasformare questo talento in successi a livello di nazionale. Ci vuole tempo, passo dopo passo, ma sono molto felice di essere parte di tutto ciò».

«Ho avuto la grande opportunità di lavorare per la Benetton Treviso che è parte fondamentale della storia del basket europeo. Si può partire della leadership e dalla visione di uomini come Maurizio e poi passare all’incredibile programma ed ambiente che il gruppo ha garantito, nel basket come in altri sport. Una piccola comunità che ha seguito con grande fedeltà il tutto. Per me? Una breve storia spiega tanto. Quando vinsi l’Eurobasket 2007, dopo che JR segnò e Gasol sbagliò, sapevo che Maurizio era lì e corsi subito da lui. Apprezzavo moltissimo la sua presenza perchè sapevo che una delle ragioni per cui ero lì era dovuta a Maurizio ed a Treviso, due anni tra i migliori per me, una grande parte della mia carriera. Sarà sempre un ricordo fondamentale per me».

Gherardini prosegue il racconto di quella magica serata madrilena…

«Finisco la storia che ha iniziato David… Appena finita la partita è saltato in tribuna e stava sudando più dei giocatori, mi ha abbracciato e mi ha bagnato completamente. Ero in mezzo ai tifosi spagnoli che si chiedevano cosa ci facessi lì e perchè proprio io…»

«I grandi ricordi sono poi certamente quelli di Treviso, insieme. Ad inizio stagione eravamo sfavoriti dai pronostici, penso che siamo stati intelligenti e fortunati non solo ad avere un grande leader come David, una delle menti cestistiche più brillanti che io abbia mai conosciuto, ma anche per il gruppo che costruimmo. Molti erano nuovi, molti giovani alla prima esperienza ad un certo livello, ma il tasto della chimica si accese e ci portò ad una stagione incredibile con la vittoria in campionato. Molti di quei ricordi sono diventati impossibili da dimenticare. Vincemmo il campionato e la notte seguente eravamo a festeggiare a bordo piscina, ma solo 48 ore dopo ero sull’aereo per Torneo, dove avrei cominciato la mia esperienza NBA. 3-4 giorni incredibilmente intensi. Con David abbiamo assaporato il piacere di costruire una squadra vincente lontano da certe aspettative, da certe pressioni. Costruire giorno dopo giorno e lavorare sul miglioramento dei giocatori: è stato incredibile».

Emozione totale, il nostro doveroso e rispettoso silenzio di fronte a due grandissimi della pallacanestro mondiale.

Si chiude l’intervento di MG, torniamo a chiedere qualcosa al Coach, anche se è difficile…

La differenza tra NBA ed Eurolega, un vecchio adagio…

«Sì, la NBA è una lega di giocatori, l’Eurolega è una lega di allenatori. Sono d’accordo in generale. E’ la più grande differenza dalla prospettiva di un Coach a meno che tu non sia uno con tanti anni di esperienza nelle rispettive organizzazioni come Pop, Doc Rivers, Rick Carlisle… Allenare in NBA soprattutto all’inizio è molto differente rispetto allo status e la considerazione che hai in Europa. Sei sempre messo alla prova come Coach, i giocatori non sono stupidi, capiscono chi conosce la materia e si aspettano conoscenza e leadership che li aiuti a migliorare e ad avere successo. In Europa ti è permesso molto più controllo rispetto a quello che ti è permesso inizialmente in NBA, dove è proprio all’inizio una sorta di partnership. E’ una differenza molto significativa. Poi è vero che in Europa puoi perdere il lavoro molto più velocemente, firmi contratti di un anno, due al massimo e Dio solo sa cosa può succedere, mentre in NBA puoi firmare contratti pluriennali… In Europa perdi un partita ed è fatta, in NBA magari devi arrivare a 10… E se poi alleni una squadra di più basso livello puoi anche perdere 50 o 60 partite in stagione. E’ eccitante, è una sfida, ti può dare molto da entrambe le parti, ma sapete bene che allenare è un mestiere non facile. Quando parlo ai Coach, quando insegno loro, la prima cosa che chiedo è “sei sicuro che vuoi farlo?”».

Ultima, sui suoi 5 preferiti nell’Eurolega di oggi…

«Dovevate dirmi prima che me l’avreste chiesto… Non è facile. Prima di tutto vorrei sempre Maurizio come dirigente: con lui la grande cosa è la comunicazione. mai ho pensato che mi forzasse a fare qualcosa, esattamente come io non lo ho mai fatto con lui. La sinergia Coach-Gm è importantissima. Sono “old school” quindi parto da Micic e De Colo, poi Brandon Davies, Milutinov, che ho allenato e mi spiace sia ora fermo per infortunio… Ce ne sono così tanti, è difficile sceglierne 5».

«Ma voglio dirvi che è presto per la stagione. Quello che è oggi non sarà quello che vedremo tra tre mesi, non sarà nemmeno simile. Cambieranno tantissime cose e non sarei sorpreso minimamente se trovassi squadre oggi fuori dalle prime otto farne parte tra due-tre mesi».

«E’ dura indicare dei giocatori attualmente, ma per il mio amore verso il gioco e la pallacanestro europea mi piacerebbe allenare ognuna di queste squadre se potessi farlo».

Grazie Coach! Non ci viene in mente altro di intelligente da dire, se non che esistono allenatori, grandi allenatori e poi persone come David Blatt.

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alberto marzagalia

Due certezze nella vita. La pallacanestro e gli allenatori di pallacanestro. Quelli di Eurolega su tutti.
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