Dentro la crisi dell’Anadolu Efes: un momento o qualcosa di più?

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L’Anadolu Efes Istanbul si presenta al big-match contro l’Olimpia Milano a fondo classifica con un record di 0-3: è soltanto un momento down di inizio stagione o sono possibili segnali di qualcosa di più?

Negli ultimi tre anni, l’Efes è sempre stato una miniera di emozioni. Dalla conquista della finale 2019 partendo dall’ultimo posto dell’anno precedente. Al travolgente 24-4 della stagione successiva, con quella chiara corsa verso il titolo fermata soltanto dall’esplosione della pandemia di marzo. All’inizio letargico dello scorso anno (7-8) poi tramutato in uno sprint fiammante da 12 vittorie in 14 gare per il lancio verso i playoff e quella coppa finalmente alzata al cielo sul parquet di Colonia. Ora, cinque mesi dopo il trionfo che ha arricchito la bacheca della squadra di Istanbul con il secondo trofeo internazionale dopo la Korac del 1996, lo psicodramma torna a bussare in maniera prepotente alla porta.

La trasferta di Lione che traghetta l’Efes al Forum sul fondo della classifica e con un record inverso a quello dell’Olimpia condensa l’altalena emotiva su cui i campioni in carica sembrano essersi appoggiati anche in questo inizio di stagione. A due quarti e mezzo da vero Efes, stordente sul perimetro con le magie di Shane Larkin e Vasilije Micic, è seguito un quarto d’ora da incubo. Un quarto e mezzo che ha polverizzato quel +19 su cui la squadra turca sembrava poter amministrare senza rischi la partita, trasformandola in una sconfitta da allarme rosso.

Kostas Antetokounmpo va a schiacciare nella partita tra Asvel Villeurbanne e Anadolu Efes Istanbul

Il crollo di Lione, partita da vincere dopo i due ko iniziali contro Real Madrid e CSKA Mosca, ha riproposto le stesse difficoltà vissute nelle due settimane precedenti, facendo emergere quel quesito di fondo che ha accompagnato la squadra nei mesi estivi. Il giorno dopo il trionfo di Colonia, l’Efes era una squadra sostanzialmente destinata a sciogliersi. Pronta a salutare Vasilije Micic, destinato alla ricerca di fortuna in NBA con il doppio titolo personale di MVP della stagione e delle Final Four, e Shane Larkin, reduce da una stagione in cui ha dovuto (e saputo) ammorbidire il suo ego in funzione della squadra e dell’obiettivo.

Il resto, contorno della coppia di ball-handler più devastante della Lega, si sarebbe poi sgretolato per conto proprio. O, quantomeno, non avrebbe avuto né la forza, né la qualità, né le possibilità per dare vita a un nuovo ciclo. L’Efes, in realtà, ha salutato soltanto Sertac Sanli, ritrovandosi con le stesse pedine per il terzo anno consecutivo. Ora, sorge la domanda accennata in precedenza: quanta forza è rimasta nel cuore e nella testa di questa squadra per produrre un’altra stagione da protagonista?

Le prime impressioni sembrerebbero suggerire “poca”. Passi l’atteggiamento “settembrino” di cui abbiamo già parlato dopo la netta sconfitta all’esordio contro il Real Madrid, ma i segnali negativi continuano ad accumularsi sempre più, andando oltre. La difesa è lontanissima parente da quella che sapeva puntellare in maniera egregia l’attacco più frizzante d’Europa. Sotto i tabelloni mancano presenza e fisicità. E anche quel sistema offensivo che ha affascinato per tanti mesi ora fatica, tendendo a perdersi negli assoli di Larkin e Micic piuttosto che a indirizzarsi verso un basket comune.

Il gruppo è vecchio. Tolte le due star sul perimetro, i comprimari sono tutti over-32. E il terzo anno consecutivo senza forze fresche rischia di richiedere un conto salato. Filip Petrusev, unica aggiunta estiva orientata anche e soprattutto in ottica futura, è super-intrigante e promettente, ma ancora acerbo per il livello Eurolega. E, lì sotto, la mancanza di Sertac Sanli, giocatore tra i più sottovalutati d’Europa ma non all’occhio clinico di Sarunas Jasikevicius, si fa sentire.

Perché Bryant Dunston, ormai, è in netta parabola calante. Tibor Pleiss azzoppato da infortuni continui. Chris Singleton perso in un ruolo da 4 tattico d’ombra che ricorda molto il percorso involutivo vissuto da Jeff Brooks a Milano. E sul perimetro, finora, la situazione non è molto differente. Rodrigue Beaubois, l’uomo dal primo passo più razzente della Francia, spegnerà presto 34 candeline. E Kruno Simon, mente cestistica sopraffina come poche altre in Europa, lancia già da mesi chiari segnali di smalto perso.

Shane Larkin al tiro con Vasilije Micic alle spalle

Ma la situazione più critica e determinante per gli equilibri e la stagione si vive nel rapporto tra le due star. Micic è stato l’ombra di se stesso nell’esordio a Madrid, di fianco a un Larkin brillante. Larkin, di contro, ha spadellato nella sconfitta con il CSKA di fronte agli eroismi di Micic. Mercoledì, a Lione, hanno giocato entrambi una prima parte di gara super prima di appassire nell’ultimo quarto. Un’alternanza fatale, perché l’Efes ha sempre girato al meglio quando i due hanno trovato il modo giusto per convivere. Prima con Micic grande spalla di Larkin, MVP mancato in quella storica stagione monca da 24-4 in cui spadroneggiava ogni sera. Poi, lo scorso anno, con lo stesso Larkin, in grave ritardo di condizione per la doppia operazione alle ginocchia sofferta in estate, sceso a patti con se stesso per abbracciare un ruolo secondario, ma funzionale per l’esplosione di Micic in versione MVP.

Entrambi, a Lione, hanno mostrato un linguaggio del corpo sospetto. E, in queste situazioni, spesso è l’aspetto non-verbale a fare da spartiacque. È mancata la coesione, la chimica, la voglia di stare insieme. Sono mancati quegli occhi della tigre che avevano arricchito gli sguardi dell’uno e dell’altro. Larkin nel 2020, Micic nel 2021. Ma sono soltanto impressioni, ancora lontane dalle sentenze. Perché basta una piccola spintarella nel verso giusto e al momento giusto per ravvivare l’altalena delle emozioni dell’Efes.

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